FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2018

 
 

Un dibattito in Francia fra specialisti di genetica comportamentale e studiosi di scienze sociali – I primi sostengono che il nostro quoziente intellettivo, e dunque di riflesso le nostre prestazioni a partire dal rendimento scolastico, è determinato geneticamente al cinquanta per cento – I secondi insistono invece sul ruolo predominante dell'ambiente – E polemizzano su un sistema scolastico ridotto alla semplice registrazione di una qualità biologica quantificabile

 

I figli delle famiglie borghesi sono buoni lettori non perché ci sono dei libri nelle loro case, ma perché hanno ricevuto un buon patrimonio genetico”. Questa frase ha dato il via in Francia a un serrato confronto dialettico. A pronunciarla, anzi a consegnarla alle colonne del settimanale L'Express, è stato Laurent Alexandre, uno specialista di genetica comportamentale. Alexandre riporta i risultati di recenti ricerche, secondo le quali la cosiddetta “ereditabilità” del quoziente intellettivo si può valutare attorno al cinquanta per cento. Dunque per circa la metà le nostre prestazioni intellettuali, a cominciare dal rendimento scolastico, dipenderebbero da fattori ereditari. Ma intanto ci sarebbe da precisare che purtroppo di buoni lettori dalle famiglie di oggi, appartengano o no alla borghesia, ne escono ben pochi, in Francia come in Italia.

Al genetista Alexandre risponde, sul quotidiano Le Monde, un ricercatore di scienze sociali, Julien Larregue, che difende il punto di vista del suo ambito scientifico, ovviamente portato a privilegiare il ruolo dell'ambiente familiare e sociale nel determinare le nostre caratteristiche intellettuali. É criticabile, sostiene Larregue, la pretesa di quantificare in modo semplicistico la parte che spetta alla genetica e quella di pertinenza del sociale. Ma anche prendendo per buona la tesi secondo cui l'intelligenza è determinata al cinquanta per cento dalla genetica, non si giustifica affatto il monopolio che in materia si vorrebbe attribuire ai genetisti e ai neurologi. In fondo questa tesi ammette che i fattori ambientali contribuiscono per l'altro cinquanta per cento.

Larregue parla di “tentativo di eclissare il sociale”, e di considerare il sistema scolastico come una semplice struttura di registrazione del quoziente intellettuale, inteso come qualità biologica quantificabile. In fondo la scuola fa parte di quell'ambiente che i genetisti sono accusati di voler ricacciare sullo sfondo, tentando di far passare l'idea che le nostre capacità mentali sono fissate una volta per tutte al momento della nascita. Questa polemica s'innesta in qualche modo su quella che si sviluppò attorno all'opera del sociologo Pierre Bourdieu, che criticava aspramente la scuola francese (e implicitamente la scuola in generale dei paesi occidentali, compresa l'italiana) accusandola di perseguire a parole l'obiettivo della mobilità sociale ma di avere in realtà il solo scopo di riprodurre e perpetuare il sistema esistente. Secondo Bourdieu, e certamente non è il solo a pensarla così, la scuola seleziona non chi sa, ma chi è portatore di quel rapporto con il sapere che è proprio della classe sociale dominante.

 

 

                                                            r. f. l. 

                                         

    

                                                  

 
 

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