FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2017

 
 

Dai versi dell'imperatore Adriano all'ombra di Peter Pan che forse potrebbe    rigenerare la nostra scuola - Cercando di renderla degna di chi vi opera non esercitando un potere dall'alto della cattedra ma accostandosi con discrezione ai banchi e a quelle che a volte sono “piccole umanità distrutte” - Una questione per gli storici: non è stato forse un lontano 10 giugno che Nerone, o chi per lui, ha ordinato di bruciare Roma?

 

 

Animula vagula blandula
Hospes comesque corporis
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos...

Rispose:

“Mi sdraierò
per terra Minimo
spessore
Mi rifiuto di
essere
più alta di
un fiore”.

    “E la parola agì”.

Tanta poesia degenerata all'atto costitutivo della luce per effetto della radiazione atomica che minaccia di distruggere il Mondo, può essere rigenerata dall'ombra di Peter Pan nelle nostre scuole?... Sì! Se gli addetti ai lavori inventeranno educativi adatti, attuali, Buoni maestri, che “inventano nuovi metodi per i ragazzi, si ribellano alla media aritmetica del voto, portano i loro studenti a insegnare italiano agli stranieri”.
Porto gli esempi:

 

“Prima capisco chi ho davanti. Spiegare la fisica viene dopo”.

È riuscito a convincere un ragazzino rom che la “teoria dei colori” serve a diventare un buon verniciatore. «È stato assunto da un carrozziere». Alessandro Albanese, cinquantotto anni, insegnante di fisica al Luigi Savoia di Rieti. È in cattedra da trent’anni, scrive per la Treccani.
«Mi sento un insegnante educativo. Quando ero a Città dei Ragazzi, scuola romana di frontiera, prima della fisica dovevamo definire con la classe un progetto di vita. Molti colleghi si ribellano all’idea di occuparsi dell’educazione. Ma conoscere la materia non basta. Devi immaginare cosa c’è nella testa dei ragazzi: se ce la fai, vinci un Mondiale».

“Con un castello di libri letti trasmetto amore per lo studio”.

«Il mio metodo? Rigore e relazione». Dario Ceccherini, cinquantaquattro anni, insegna lettere al liceo Volta di Colle Val d’Elsa. «Mi sento fortunato nel poter dare voce a grandi autori, se sei consapevole di questo privilegio lo avvertono anche gli studenti». In terza fa costruire un castello coi libri letti. «Scegli non per fare bella figura con me, ma con te stesso», dice loro.
«Scattiamo la foto e ripetiamo l’esperimento in quinta per vedere cosa è cambiato». Anima la scuola di italiano per stranieri con ex studenti volontari: «Il fatto che vengano vuol dire che hai lasciato qualcosa. Siamo eroi? No, forse solo un po’ diversi».

        
“Dico: l’inglese è importante ma scoprire chi sei lo è di più”.

«Ti serve per lavorare, dài, studia!... Ma io prof. mica voglio andare via da qui. Sì certo, puoi vivere anche senza l’inglese, ma non senza scoprire chi sei. Ricordalo». Cinzia Duron, sessantadue anni, insegna all’Ipsia Cattaneo, in zona lungotevere Testaccio a Roma.
Quanti dialoghi di questo tipo con ragazzi dai trascorsi difficili. «Devi essere fermo, ma accogliente. Non devi trasmettere solo quello che devono sapere, devi imparare a conoscerli. Loro sono svelti nel capire chi hanno di fronte. Quando entro in classe sento l’umore, e cambio programma se necessario. Come si fa? Conta molto il proprio vissuto».

“Sbagliato salire in cattedra, l’importante è essere credibili”.

Paola Cortellessa, cinquantuno anni, insegna alle medie di Scampia e coi ragazzini la cui lezione di vita è la strada e il modello la Camorra, ha ben chiara una cosa: «Salire in cattedra con loro è perdente». Pensa a don Milani quando parla di scuola, dove è entrata ventiquattro anni fa.
«Provo grande entusiasmo quando riesco a coinvolgerli tutti, quando loro stessi diventano maestri: chi sa spiegare una pagina di storia, chi aiuta a scrivere un testo. Conta il rapporto umano, essere per loro non un modello irraggiungibile, ma un’alternativa credibile. Il metodo? Voler bene a queste piccole umanità distrutte. Senza pregiudizi».

“Attraverso la letteratura racconto ai giovani la bellezza”.

Il suo debutto è stato nella scuola di Pistoia dove il padre era professore di tecnica. «Bello iniziare al suo fianco». Ora Gaia Capecchi, quarantacinque anni, insegna lettere alle medie Zanotti di Bologna. È finalista all’Italian Teacher Prize. Il segreto? «Trasmettere ai ragazzi quello che amiamo». Lei adora il jazz, suona il sax e balla lo swing. Coi suoi studenti ha messo in scena Dante facendo ballare lo swing ai beati del Paradiso e ha fatto recitare Cecco Angiolieri sulle note di Sex Machine di James Brown. «In aula mi sento a casa. Parto dai testi, che non vanno semplificati, ma attualizzati. Insegno la bellezza attraverso la letteratura».

  Gattilena

      Questa fantastica è stata messa in esercizio fortificata nella memoria del fatto che il 10 Giugno 1940

“Il gatto Nerone
uscì sul balcone
avvenne perciò
che Roma abbruciò”.
                       

 

 

                                                          Filippo Nibbi 

                                         

    


                                                  

 
 

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