FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2017

 
 

In Russia se ne parla da quattro anni, in Italia è arrivata più di recente suscitando comprensibile allarme – É un gioco, anche se il termine sembra davvero inappropriato, che consiste nell'accettare per cinquanta giorni sfide sempre più cruente che culminano nell'invito al suicidio – I filmati proposti da una trasmissione televisiva si sono rivelati una bufala, ma nonostante questo il fenomeno non è certo da sottovalutare

 

Avete presente le balenottere azzurre che a volte nei nostri oceani inquinati da ogni sorta di veleni materiali e acustici perdono l'orientamento e finiscono con il morire sulle spiagge? Proprio da questo splendido animale, blue whale nell'accezione inglese e internazionale, prende il nome una delle sinistre bizzarrie del nostro tempo. Circola in rete come un gioco, e per essere un gioco è davvero inquietante. Consiste in una serie di sfide sempre più impegnative che bisogna affrontare lungo una sequenza di cinquanta giorni: cose come infliggersi tagli profondi, gettarsi nel vuoto da altezze sempre maggiori e così via. Finché, al cinquantesimo giorno, arriva l'invito al suicidio. Proprio come quello che apparentemente compiono le infelici balenottere spiaggiate.

Poiché la rete è frequentata da un esercito internazionale di creduloni, disposti a tutto pur di dimostrarsi all'altezza delle mode, c'è chi si è fatto convincere, lasciandosi andare a gesti di autolesionismo. Qualcosa di analogo è accaduto con i siti cosiddetti pro ana, che incoraggiano l'anoressia e sono frequentati da ragazzine a volte spinte fino alla morte. Il “gioco” della balenottera è nato in Russia quattro anni or sono e  ben 130 suicidi di giovanissimi sono stati posti in relazione diretta proprio con le dementi raccomandazioni di blue whale. Il parlamento di Mosca ha varato il mese scorso una legge apposita e qualche giorno fa uno degli organizzatori della sfida, Philip Budeikin, è stato arrestato con l'accusa di istigazione al suicidio. Non è possibile sapere se la balenottera azzurra abbia fatto vittime anche in altri paesi, visto che spesso le cause dei suicidi restano avvolte nel mistero.

In Italia si è occupata del caso la trasmissione televisiva Le Iene, con un servizio andato in onda a metà maggio. Comprendeva filmati con alcune fra le prove, come tuffi spericolati dall'alto di palazzi, e interviste a madri russe disperate per le loro figlie suicide. Ma pochi giorni dopo è emerso che si trattava di falsi, messinscene girate per l'occasione, lo ha dovuto ammettere lo stesso Matteo Viviani, autore delle Iene, precisando di avere ricevuto dalla Russia una chiavetta con il materiale contestato. Anche se i filmati erano falsi, afferma d'altra parte Viviani, il problema è assolutamente reale, e non è vero, come si dice, che in Italia lo abbiamo rilanciato noi con la  nostra trasmissione. I ragazzi patiti di Internet lo conoscevano già da tempo, prova ne sia che una ragazzina, a quanto pare salvata dalla polizia alla vigilia della cinquantesima sfida, stava evidentemente partecipando a blue whale da oltre un mese e mezzo.

Fatto sta che proprio la trasmissione delle Iene ha prodotto la conseguenza che di questo gioco perverso si parlasse diffusamente, e così molti nuovi adepti hanno provato a cimentarsi con le cinquanta prove. Tutto questo apre la porta alle inevitabili polemiche sull'emulazione, sulla responsabilità dei media, in definitiva sul rapporto fra la libertà di  opinione e di manifestazione del pensiero e la tutela dell'incolumità di chi è psicologicamente così fragile da lasciarsi andare a simili sfide. É proprio questa fragilità psicologica che andrebbe affrontata nelle famiglie e nella scuola, e quanto all'informazione non mettiamole la museruola, semplicemente invitiamola a pubblicare e trasmettere soltanto materiale verificato e autentico, e corredarlo con adeguati approfondimenti.

 

 

                                                          Laura Venturi 

                                         

    


                                                  

 
 

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