Sembra
abbastanza ovvio, e una conferma arriva dagli
amministratori della regione Île-de-France: c'è un
rapporto diretto fra il consumo di alcolici e stupefacenti
e la dispersione scolastica – Ma viene chiamata in causa
anche l'assuefazione ai videogiochi – Si propone una
campagna di accertamento fondata su test salivari,
garantita dal segreto sanitario, ma l'idea ha suscitato
non poche polemiche
Lo
scorso 19 maggio l'organo assembleare della regione Île-de-France
ha approvato la proposta della presidente Valérie Pécresse,
relativa al finanziamento di una campagna volta ad accertare
la diffusione di droghe e alcolici fra gli studenti dei
locali istituti scolastici. Si tratta di test simili a
quelli cui in quasi tutti i Paesi si sottopongono gli
automobilisti in caso d'incidente, allo scopo di verificare
se guidavano in stato di ebbrezza o con i sensi annebbiati
dall'uso di sostanze stupefacenti, e dunque avevano riguardo
al sinistro una responsabilità più diretta.
Secondo la presidente Pécresse “abbiamo un
flagello... il disimpegno scolastico. Alla radice di questo
flagello ci sono le dipendenze dalla droga e dall'alcol, e
anche dai videogiochi, che rappresentano un'altra forma di
dipendenza”.
Con
un voto a maggioranza, la regione francese ha dunque deciso
che le scuole saranno invitate a eseguire una diagnosi
collettiva di queste abitudini, e
a verificare eventuali traffici in prossimità degli
istituti scolastici. I dati individuali così raccolti
saranno protetti dal segreto sanitario e comunicati non ai
capi d'istituto ma soltanto alle famiglie, o ai diretti
interessati nel caso siano maggiorenni. Le cifre del
fenomeno andranno invece affidate alle autorità sanitarie e
di polizia per impostare adeguate politiche di contrasto.
Si
pensa anche di raccogliere dati attraverso l'analisi delle
acque di scarico delle scuole, che conservano traccia
soprattutto dell'uso di droghe. Nell'aula assembleare dell'Île-de-France
sono stati fatti circolare alcuni test salivari, fra i quali
diciassette rivelavano un consumo regolare di cannabis, otto
addirittura un consumo quotidiano. Nonostante i test fossero
ovviamente anonimi, numerose proteste ha sollevato il fatto
che era stata rivelato l'istituto scolastico in cui
l'indagine era stata effettuata.
E così si è parlato di “politica del sospetto e
dell'accusa”, di “stigmatizzazione caricaturale” dei
giovani, di un approccio di tipo poliziesco. Non è usando
un arsenale penale, ma piuttosto adottando meccanismi di
prevenzione e protezione, che si potrà venire a capo del
fenomeno: così avvertono i critici, ravvisando
nell'iniziativa connotati lesivi dei diritti individuali.
D'altra parte è certo che siamo di fronte a una situazione
di cronicità, dunque a un problema reale: secondo Agnès
Evren, responsabile per l'istruzione dell'Île-de-France, un
decimo dei giovani che vivono nella regione fumano più di
una “canna” al giorno. Sul fatto che in qualche modo
occorre intervenire sono tutti d'accordo, ma per alcuni
l'argomento è ancora tabù, e questo spiega le molte
resistenze alle modalità di un'iniziativa che pure ha il
pregio di affrontare la piaga dal duplice punto di vista
sanitario e educativo.
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r. f. l.
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