Quella
che sembrava un'utopia è ormai pratica diffusa – Quasi
quattro milioni di giovani hanno compiuto parte del loro
percorso universitario al di fuori del loro paese – La
giurista Sofia Corradi, che per prima immaginò il
programma, insignita del Premio Carlo V della Fondazione
Yuste – La nuova versione Erasmus Plus, nel cui quadro
si svolge l'iniziativa “Civiltà del Vino” che
coinvolge la Lapis, un'organizzazione bulgara e una romena
Porta
il nome del grande umanista olandese, autore dell'Elogio
della follia, che fra il quindicesimo e il sedicesimo
secolo percorse le strade d'Europa sospinto dall'ideale di
una cultura senza frontiere, ma quel nome è anche una
sigla, un acronimo inglese: European Region Action Scheme
for the Mobility of University Students. La parola
chiave è mobility, si tratta infatti di un programma
di mobilità studentesca: nato nel 1987, nel 2014 ha
allargato il suo raggio d'azione oltre le università
assumendo la nuova denominazione di Erasmus Plus per
l'istruzione, a formazione, la gioventù e lo sport. Proprio
nel quadro di Erasmus Plus si svolge l'iniziativa “Civiltà
del Vino”, animata dalla Lapis Onlus in collaborazione con
l'organizzazione romena Vitorul Capreni e la bulgara Narodno
Citaliste Nadejda 1871. Dopo le due prime tappe in
Bulgaria e Romania questa esperienza, che coinvolge
ventiquattro giovani dei tre paesi, si concluderà in
Toscana il prossimo settembre.
Come
ormai è ben noto Erasmus offre la possibilità di compiere
in una università straniera, d'intesa con il proprio ateneo
che considererà validi gli esami sostenuti all'estero,
parte del percorso accademico. É un sistema di borse di
studio che coprono le spese di soggiorno e le tasse
universitarie, e permettono di frequentare corsi di lingua e
fare pratica sportiva nelle strutture dell'ateneo di
accoglienza. Nella nuova versione Plus sono previste
numerose altre forme di collaborazione sempre all'insegna
della mobilità, secondo progetti
destinati non solo a migliorare il bagaglio culturale
dei giovani e le loro competenze professionali, ma anche a
promuovere la reciproca conoscenza fra gli studenti europei.
Di particolare interesse i tirocini presso imprese
straniere, ai quali non di rado seguono contratti di lavoro.
Tutto ciò implica un ingente sforzo finanziario: per il
periodo 2014-2020 l'Unione Europea s'impegna per quasi
quindici miliardi di euro.
Il
progetto, che si sviluppa nei ventotto paesi dell'Unione più
la Norvegia, l'Islanda, il Liechtenstein e la Turchia, ha
finora mobilitato poco meno di quattro milioni di giovani.
Il successo dell'iniziativa è stato evocato lo scorso 9
maggio (ricorreva la Giornata dell'Europa, in ricordo della
Dichiarazione Schuman del 1950, il primo testo ufficiale in
cui è stata evocata l'unità continentale) nel monastero di
Yuste nella Estremadura spagnola. L'occasione è stata la
consegna del premio Carlo V, con cui la Fondazione Accademia
Europea di Yuste onora periodicamente chi porta avanti
l'ideale dell'Europa integrata, a Sofia Corradi, la giurista
che del Progetto Erasmus fu l'iniziatrice. Erano presenti il
re di Spagna Felipe e il presidente del parlamento europeo
Martin Schultz. É stato quest'ultimo a riassumere il
significato profondo del programma, citando uno studio del
2014 dal quale risulta che gli studenti Erasmus hanno il 50
per cento di probabilità in meno, addirittura l'83 per
cento nell'Europa centro-orientale, di rimanere senza lavoro
a lungo termine. Nell'epoca della disoccupazione giovanile
di massa è un dato davvero significativo.
Quanto
a Sofia Corradi, la novantaduenne giurista ha ricordato come
ebbe, nel lontano 1958, l'illuminazione che ventinove anni
più tardi porterà alla nascita di Erasmus. La giovane
Sofia, studentessa di giurisprudenza a Roma, aveva
frequentato grazie a una borsa di studio un corso di diritto
comparato alla Columbia University di New York. Tornata in
patria, eccola presentarsi alla segreteria di facoltà per
chiedere la convalida degli esami. Risposta di uno zelante
funzionario: troppo comodo, lei si vorrebbe laureare andando
in vacanza in America! Per reazione a quel sarcasmo mal
riposto nacque l'idea che undici anni più tardi si
trasformerà in una proposta formale, avanzata dal rettorato
dell'università di Pisa. Nel 1987, finalmente, il varo del
progetto fin dagli esordi sempre più popolare fra gli
studenti europei.
L'Erasmus è dunque ormai sulla soglia dei trent'anni di
vita. Secondo dati forniti dalla Commissione di Bruxelles,
nel 2014 erano 650 mila gli studenti europei (58 mila gli
italiani) impegnati a studiare all'estero. Le nostre
università dalle quali parte il maggior numero di giovani
sono nell'ordine Bologna, Padova, Roma Sapienza, Torino,
Milano Statale. Quelle che ospitano più studenti stranieri
Bologna, Roma Sapienza, Firenze, Milano Politecnico, Padova.
Le destinazioni scelte con maggiore frequenza dagli studenti
italiani si trovano in Spagna, Francia, Germania, Regno
Unito, Portogallo. Le provenienze più numerose si
registrano da Spagna, Francia, Germania, Turchia, Polonia.
L'Italia è al quinto posto nella graduatoria dei paesi di
accoglienza, dopo la Spagna, la Germania, la Francia e il
Regno Unito. Interessante il dato sullo spirito
imprenditoriale indotto da questa esperienza: un terzo degli
studenti italiani che hanno alle spalle un tirocinio Erasmus
intende avviare una start-up, il nove per cento l'ha
effettivamente avviata.
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Alfredo Venturi
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