Il
lamento di un insegnante di storia: la nostra funzione
dovrebbe essere quella di insegnare, non di concentrare
tempo e attenzione sulla preparazione degli esami
standardizzati – Di fatto, sempre più studenti
rifiutano di sottoporsi ai test, mentre le autorità
scolastiche ricordano che proprio quel sistema permette di
raccogliere dati necessari per il superamento del divario
di rendimento, specchio fedele della diversità economica
e sociale delle famiglie
Un
sistema invadente, che sottrae tempo alla didattica e
impedisce una dinamica flessibile e creativa
dell'insegnamento. Questo il giudizio che molti insegnanti
americani riservano al sistema dei test standardizzati per
misurare il rendimento scolastico. Matt Jablonski, che
insegna storia degli Stati Uniti in una high school dell'Ohio,
ha inviato alle autorità scolastiche dello stato una
lettera-denuncia, invitandole a rivedere una pratica che
appiattisce e banalizza la vicenda scolastica trasformandola
in una sorta di gara a punti. Non crediate, avverte il
docente, che mi sia deciso a questo passo per nascondere il
fallimento del mio lavoro: al contrario, i miei allievi
hanno ottenuto sempre ottimi punteggi nei test. Il fatto è
che considero fortemente limitativo dover concentrare
l'attenzione sulla preparazione ai test, trascurando
inevitabilmente il vero e proprio insegnamento. In pratica
le classi impiegano la maggior parte del tempo a
disposizione, soprattutto nel secondo semestre dell'anno
scolastico, nello sterile esercizio della preparazione ai
test.
Il
sistema degli esami standardizzati è stato introdotto con
la finalità di garantire a tutti gli allievi la possibilità
del successo, colmando il divario in termini di rendimento
che le classifiche registrano fra i ragazzi provenienti da
famiglie benestanti e quelli meno fortunati, da una parte
dall'altra del classico crinale che negli Stati Uniti divide
la società fra i cittadini wasp e gli appartenenti
alle minoranze etniche. Lo scopo ultimo è appunto
quello di colmare il divario, ma secondo Jablonski non solo
non è stato raggiunto, ma l'unico risultato che ne è
conseguito è stato la chiusura per scarso rendimento di
scuole localizzate nei quartieri più disagiati. Poiché già
in passato ci sono state critiche al sistema, che sono state
affrontato aumentando ancora il carico dei test, il docente
mette le mani avanti: non è questa la strada, quello che
occorre è un taglio drastico.
Il
comitato di consulenza appositamente convocato dai
responsabili della politica educativa dell'Ohio ha preso
molto sul serio la denuncia di Jablonski, e come riferisce
il Washington Post si è impegnato a studiare a fondo
la questione: dovremo determinare se il sistema vada mutato
per il prossimo anno scolastico, e più in generale se
l'attuale programma di esami assorba troppo tempo
sacrificando quello destinato all'insegnamento attivo.
Di fatto sono sempre di più, come riferisce il New
York Times, gli allievi che rifiutano si sottoporsi ai
test con l'accordo dei genitori. Le resistenze si registrano
soprattutto nei
distretti abitati dalla classe media. Anche se nessuna legge
impone l'obbligatorietà di questa pratica i legislatori di
molti stati stanno preparando norme che garantiscano
esplicitamente il diritto di sottrarsi ai test. Altri, per
esempio i rappresentanti di alcune organizzazioni impegnate
nella difesa dei diritti civili, invitano a considerare le
finalità umanitarie del sistema: ricordate che la vostra
decisione non riguarda soltanto vostro figlio, ma mette a
rischio la vita scolastica di molti altri. C'è infine chi
cerca la via del compromesso: un sistema di test meno
invadente, più flessibile, che lasci alla didattica tutto
il tempo che serve.
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f. s.
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