Il
fenomeno degli abbandoni è inaccettabile non soltanto per
le sue conseguenze sul destino personale dei singoli –
Costituisce anche un onere pesantissimo per la comunità,
privandola del contributo di tanti giovani sui quali ha
vanamente investito – I ragazzi che la scuola non ha
saputo trattenere fino al diploma entrano a far parte
della categoria contraddistinta dall'acronimo Neet (fuori
dalla scuola, dal lavoro e dalla formazione)
Un
leggerissimo miglioramento questi ultimi anni c'è stato, ma
la situazione resta allarmante, e colloca l'Italia molto al
di sotto della media europea. Si tratta della dispersione
scolastica, del numero eccessivo di ragazzi che la nostra
scuola perde per strada. Se n'è parlato alla Camera dei
deputati, prima in un'audizione presso la Commissione
cultura e istruzione, quindi in una di quelle sedute in
assemblea plenaria destinate alle interrogazioni
parlamentari e relative risposte governative che
l'imperversante mania anglofona qualifica come question
time. Le cifre sono davvero inquietanti, e come al
solito penalizzano gravemente il nostro paese nel confronto
internazionale, particolarmente con gli altri paesi membri
dell'Unione europea.
Risulta
dunque che oltre un quarto dei ragazzi che cinque anni or
sono s'iscrissero alla scuola secondaria di secondo grado,
la media superiore, non sono riusciti a raggiungere il
diploma. Una consolazione davvero molto parziale viene dalla
constatazione che negli anni precedenti il bilancio era
ancora più fortemente negativo: infatti se prendiamo in
considerazione il dato dell'ultimo quindicennio l'insieme
dei dispersi sfiora un terzo del totale. Si tratta, più o
meno, di tre milioni di ragazzi, che sono andati a
ingrossare le fila dei Neet. Una sigla davvero sinistra, Not
engaged in Education, Employment or Training: nelle
statistiche internazionali contraddistingue i giovani (fra i
15 e i 29 anni di età) che sono contemporaneamente fuori
dalla scuola, dal lavoro e dalla formazione.
In
un'epoca in cui l'elevatissima disoccupazione soprattutto
giovanile si pone come la sfida principale per i governi
d'Europa e del mondo, la grande massa dei Neet (oltre il 15
per cento nell'Unione europea, quasi il 24 per cento in
Italia) ripropone una volta ancora la necessità di adeguare
il sistema scolastico alle esigenze dei singoli e della
comunità. É vero che questa mancanza di lavoro è dovuta
in parte alla crisi economico-finanziaria, e a uno sviluppo
tecnologico che riduce sempre più il fabbisogno di
manodopera per molti impieghi tradizionali, ma la differenza
del nostro dato da quello degli altri paesi europei denuncia
una specificità italiana che è assolutamente necessario
affrontare.
A
detta di chi si addentra nel fenomeno le cause sono
abbastanza evidenti: un'asfissiante cappa di adempimenti
burocratici, un'eccessiva rigidità del mercato del lavoro e
infine la scuola. Non a caso il fenomeno dispersivo nella
secondaria superiore si concentra particolarmente negli
istituti tecnici e professionali, proprio quelli che vivono
più vicini al mondo del lavoro. É proprio qui che occorre
intervenire, adeguando l'organizzazione scolastica e
personalizzando i piani di studio. Si tratta sia di
catturare l'interesse di ragazzi troppo spesso svogliati,
sia di assisterli con attività di sostegno e corsi
pomeridiani quando ne abbiano bisogno, com'è spesso il caso
a causa, soprattutto, di inadeguate preparazioni durante i
cicli scolastici precedenti, la primaria e la secondaria di
primo grado.
Per quello che si presenta come il “governo del
fare”, e che fin dai suoi primi giorni ha promesso una
particolare attenzione ai problemi della scuola, questo
impegno dev'essere prioritario. Deve essere affrontato
accanto a quello altrettanto urgente del risanamento
edilizio, dopo la drammatica denuncia del Censis a proposito
dei 24 mila edifici scolastici, circa la metà del totale,
che hanno bisogno di interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria. Ne va della sicurezza di studenti e docenti:
infatti in non piccola parte, tanto per non nasconderci
dietro le parole, quegli edifici cadono letteralmente a
pezzi. Dunque servono urgentemente strutture in regola con
le norme, e all'interno di queste una scuola che sappia
coinvolgere chi la frequenta.
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a. v.
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