Il
lavoro manuale: una ricchezza da riscoprire – Avere cura
delle proprie cose, saperlo fare, è avere cura di sé –
Non solo: significa anche, inaspettatamente, partire alla
ricerca di se stessi – Il fascino sottile di quei
piccoli, importanti segreti della manutenzione – Una
trasferta birmana ci rivela che il tempo e lo spazio
possono ridursi fino all'astrattezza geometrica del punto
– E ci fa scoprire i limiti del ragno
Disse
la Passaporta: «Pulire una macchia d'olio sul pavimento
richiede una meccanica complessa: rimuovere delicatamente il
liquido con un panno asciutto; passare la giusta quantità
di detersivo diluito nell'adeguata quantità d'acqua;
risciacquare; asciugare con un panno apposito, per non
lasciare aloni. È solo una macchia d'olio, ma prevede un
piccolo patrimonio di conoscenze artigianali, concrete.
Competenza nella manutenzione
delle cose, che vediamo dispersa nell'astratta frenesia
metropolitana».
La
sua raccomandazione è di stampo pragmatico-domestico: «Ritorniamo
a fare le pulizie di casa. Riappropriamoci di quei saperi
concreti che abbiamo perso o affidato ad altri. Perché la
cura delle cose è cura di se stessi».
Non
c'è quella leggera venatura sacrificale che apparteneva
alla Regola benedettina o la dedizione silenziosa dei
monasteri delle carmelitane. Nelle pulizie della Passaporta
c'è ricerca. «Ricerca di se sessi – dice la Passaporta
–, perché i lavori domestici ti aiutano a concentrarti
sul presente. Concetto chiave, questo, dove l'attenzione non
viene posta né sul passato né sul futuro, bensì su quel
momento che si sta vivendo». È una questione di
educazione, prima di tutto: «Nelle scuole elementari e
medie, saranno gli scolasti a occuparsi della pulizia dei
locali».
L'Occidente
(anche l'Oriente occidentalizzato) ha invece da tempo
delegato queste mansioni a un esercito di lavoratori
manuali: c'è la colf specializzata nelle pulizie di interni
e del giardino, c'è il calzolaio tecnologico; di recente
(specie tra gli immigrati cinesi) si è affermata anche la
figura dell'aggiustatutto, che ripara quasi ogni cosa,
dall'ombrello alle borse. Non si tratta solo di stranieri:
secondo l'Inps, dal 2008 a oggi le collaboratrici domestiche
e le badanti di nazionalità italiana sono aumentate del 20
per cento. E questa tendenza a demandare la cura
dell'ambiente più intimo ad altri ha risvolti spirituali.
Perché, come ci ha ricordato due anni fa l'americano
Matthew Crawford nel Lavoro
manuale come medicina dell'anima, edito da Mondadori,
non saper più nemmeno piantare un chiodo ci allontana dal muro
familiare, da un quadro che ci piace e che vorremmo
appendere. Dalla bellezza
pratica, insomma. E, al tempo stesso, è interessante
notare come cresca l'ansia di "altre pulizie":
quelle del computer per esempio (con i numerosi tipi di
antivirus sul mercato) o quelle dell'auto. Forse perché la
nostra vera casa, oggi, è altrove?
23,
24, 25, 26, 27. Appena cinque giorni. È come se ne avessimo
compiuti cinquecento. 23, Italia – Milano. 27, Yangon –
Myanmar. Mi sono strascicato dietro un'influenza che ha
colpito violentemente la Germana… Cerco
una donna che non abbandoni, almeno prima del terzo round.
La
lontananza non esiste
Siamo
sempre nello stesso punto
Sempre
allo stesso istante…
L'effetto
della Birmania è questo. Effetto caleidoscopio. Stupe
stupefacenti in cui di solito sono raccolte delle reliquie,
alte fino a cento metri. La più alta si trova a Yangon. È
ricoperta d'oro zecchino. Vidi la Passaporta
sulle ginocchia di Buddha. Alle 17.15 del 27 gennaio 2013 ci
troviamo all'hotel Stallion di Yangon. Siamo cinque: la
Germana, la Giovanna, la Marina, Ale e me. La Germana è
febbricitante; dorme dalle 15. Ale non ritrova il suo
passaporto. Attimi di panico. Il documento indispensabile
per proseguire il viaggio, ricompare nel mio zainetto.
Abbiamo trovato l'albergo intorno alle 14. Non c'è la
piscina… La piscina
è un mare piccolino. Un mare da giardino. Più immortalato
che invivato. L'hotel Stallion non è distante
dall'aeroporto. Domani si riparte.
Disse
la Passaporta ripulendo le stanze dove avevamo dormito:
È
straordinario il ragno
a
metà strada tra ingegneria e ricamo
Perché,
però, se è così intelligente
questo
deficènte casca sempre
dentro
alle vasche da bagno?
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Filippo Nibbi
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