FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2012

 
 

Prima che il responsabile venisse arrestato si era pensato a tutto dopo l'attentato di Brindisi; dalla criminalità organizzata al terrorismo - Si tratta comunque di un drammatico salto di qualità nelle nostre cronache criminali – La morte di Melissa a sedici anni, mentre si apprestava a entrare in aula, si presta a riflessioni sconsolanti – Con quella scuola è stato colpito ciò ci rimane di più prezioso: la libertà d'immaginare un futuro diverso e migliore

 

La scuola nel mirino”. Lo abbiamo detto, scritto, ascoltato e letto tante volte: ma questa volta, in una tremenda mattina di maggio, l'espressione è uscita dalla metafora per entrare nella più cupa attualità nazionale. Non più l'istituzione educativa presa di mira dal disinteresse suicida di chi dovrebbe curarla come la nostra assicurazione sulla vita, o da riforme velleitarie quanto superficiali, o da tagli di fondi che sono, al contrario, tutt'altro che superficiali. Stavolta hanno proprio attaccato a suon di bombe, anzi bombole: tre contenitori di gas legati con un detonatore a formare un ordigno micidiale. Impossibile toglierci dalla memoria la sequenza offerta da una videocamera di sicurezza: quel tale di mezza età che si aggira con fare furtivo davanti all'Istituto professionale “Morvillo Falcone”. La sua nervosa attesa: sta evidentemente aspettando che gli studenti, anzi le studentesse visto che si tratta di una scuola frequentata da ragazze, si assiepino davanti all'entrata. Il suo rapido armeggiare con qualcosa che dovrebbe essere il dispositivo per innescare a distanza il detonatore. Poi lo scoppio, la fiammata. É il 19 maggio, e l'Italia intera piomba nel lutto. 

Infatti quella bomba costruita per uccidere ha ucciso davvero. Appare subito chiaro che fra le ragazze travolte dall'esplosione e investite dal fuoco due sono gravissime. Melissa Bassi muore quasi subito, la sua amica Veronica Capodieci è in condizioni disperate, un'agenzia di stampa la dà frettolosamente per morta poi arriva la smentita: no, è viva e tutta la sua energia giovanile è mobilitata, assieme all'impegno dei medici, perché rimanga in vita. Rimarrà in vita. Altre sei compagne sono ferite, ustionate, sconvolte, precipitate nella paura e nel caos. Tutte sedicenni, tutte provenienti dalla stessa località, Mesagne, un paese poco distante da Brindisi: è stata proprio la corriera proveniente da Mesagne a depositarle davanti alla scuola, come ogni mattina, a portarle stavolta a quell'appuntamento con la morte assurdo quanto imprevedibile.

Tre giorni dopo ecco il funerale nella chiesa di Mesagne, presente fra gli altri un attonito Mario Monti, il presidente del consiglio appena rientrato dal vertice dell'Alleanza atlantica a Chicago. Ecco gli applausi alla bara bianca di Melissa, una consuetudine ormai radicata, questa dei funerali salutati da fragorosi battimani, che ogni volta fa rabbrividire: sarebbe tanto più eloquente e rispettoso il silenzio... Ma tutto, ormai, si misura in termini di spettacolo, e lo spettacolo esige proprio l'applauso...

Intanto è cominciato il balletto delle ricostruzioni. Ci vuole tempo prima che grazie alla telecamera venga acciuffato il responsabile, e intanto fioccano le ipotesi più disparate. Chi ha conquistato l'ignobile record del primo attentato contro una scuola? La pista iniziale è quella mafiosa, che si fonda su tre coincidenze. L'intitolazione dell'istituto colpito a Francesca Morvillo, la moglie del giudice Giovanni Falcone uccisa con lui nella strage di Capaci. Il fatto che il ventesimo anniversario di quella strage, 23 maggio, è ormai alle porte. La circostanza che proprio quel giorno faceva tappa a Brindisi la “carovana antimafia”, un'iniziativa promossa da vari gruppi per promuovere la coscienza legalitaria contro il dilagare della criminalità organizzata. Più tardi l'ipotesi mafiosa viene ridimensionata, mancano riscontri, e poi l'onorata società è solita affidarsi alla potenza del tritolo, non trafficare con ordigni artigianali fatti con bombole di gas.

E così si fa strada un'altra pista, quella del terrorismo. L'Italia sta vivendo momenti difficili, con la grande crisi globale, la disoccupazione alle stelle, la politica di rigore che darà risultati soltanto nel lungo periodo, ma per ora provoca soltanto nuova disoccupazione e voragini a volte incolmabili nei bilanci familiari. La nostra storia lo dimostra: ogni volta che la società è inquieta e impaurita c'è chi mesta nel torbido. In un paese afflitto da tanti problemi, che cosa si può immaginare di meglio che un attentato a una scuola, per precipitarlo definitivamente nel panico? Se anche andando a scuola si può rischiare la vita, il senso di sicurezza dei cittadini, già piuttosto precario, è destinato a crollare. Inoltre la pista terroristica richiama inquietanti precedenti internazionali: per esempio vengono in mente gli attentati alle scuole femminili afghane, vittime della misoginia talebana. O la strage nella scuola di Beslan, Ossezia del Nord, nel settembre del 2004: alcune centinaia di morti durante l'assalto dei corpi speciali russi all'istituto occupato dai terroristi ceceni.

Infine anche l'ipotesi terroristica perde terreno e prende piede quella del gesto isolato: e sarà proprio questa a essere confermata dalle indagini. Questa soluzione del dramma ci concede un pizzico di relativo sollievo, attenua infatti il senso di sconforto che derivava dall'immaginare l'attentato come progetto collettivo, elaborato da un gruppo, da un'organizzazione. Questo non fa resuscitare Melissa, ma almeno sembra ridurre la prospettiva angosciante di altre Melisse. Inoltre l'impresa individuale ci procura l'amaro conforto di trovarci in buona, anzi cattiva compagnia. Sono infatti piuttosto frequenti dall'estero, soprattutto dagli Stati Uniti e dal Nord Europa, notizie di sparatorie negli edifici scolastici, stragi di studenti e docenti, opera di gente fuori di testa, appunto.

La soluzione del caso è stata per così dire consacrata dalla confessione del colpevole. Ora s'indaga sui motivi: una vendetta privata, a quanto pare, ma molto resta da chiarire. Era davvero solo, l'assassino? E se il gesto doveva essere dimostrativo, come lui stesso sostiene, perché ha atteso prima di scatenare l'esplosione che quel marciapiede davanti alla scuola fosse affollato di ragazze?

                                                          r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

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