Prima
che il responsabile venisse arrestato si era pensato a
tutto dopo l'attentato di Brindisi; dalla criminalità
organizzata al terrorismo - Si tratta comunque di un
drammatico salto di qualità nelle nostre cronache
criminali – La morte di Melissa a sedici anni, mentre si
apprestava a entrare in aula, si presta a riflessioni
sconsolanti – Con quella scuola è stato colpito ciò ci
rimane di più prezioso: la libertà d'immaginare un
futuro diverso e migliore
“La
scuola nel mirino”. Lo abbiamo detto, scritto, ascoltato e
letto tante volte: ma questa volta, in una tremenda mattina
di maggio, l'espressione è uscita dalla metafora per
entrare nella più cupa attualità nazionale. Non più
l'istituzione educativa presa di mira dal disinteresse
suicida di chi dovrebbe curarla come la nostra assicurazione
sulla vita, o da riforme velleitarie quanto superficiali, o
da tagli di fondi che sono, al contrario, tutt'altro che
superficiali. Stavolta hanno proprio attaccato a suon di
bombe, anzi bombole: tre contenitori di gas legati con un
detonatore a formare un ordigno micidiale. Impossibile
toglierci dalla memoria la sequenza offerta da una
videocamera di sicurezza: quel tale di mezza età che si
aggira con fare furtivo davanti all'Istituto professionale
“Morvillo Falcone”. La sua nervosa attesa: sta
evidentemente aspettando che gli studenti, anzi le
studentesse visto che si tratta di una scuola frequentata da
ragazze, si assiepino davanti all'entrata. Il suo rapido
armeggiare con qualcosa che dovrebbe essere il dispositivo
per innescare a distanza il detonatore. Poi lo scoppio, la
fiammata. É il 19 maggio, e l'Italia intera piomba nel
lutto.
Infatti
quella bomba costruita per uccidere ha ucciso davvero.
Appare subito chiaro che fra le ragazze travolte
dall'esplosione e investite dal fuoco due sono gravissime.
Melissa Bassi muore quasi subito, la sua amica Veronica
Capodieci è in condizioni disperate, un'agenzia di stampa
la dà frettolosamente per morta poi arriva la smentita: no,
è viva e tutta la sua energia giovanile è mobilitata,
assieme all'impegno dei medici, perché rimanga in vita.
Rimarrà in vita. Altre sei compagne sono ferite, ustionate,
sconvolte, precipitate nella paura e nel caos. Tutte
sedicenni, tutte provenienti dalla stessa località, Mesagne,
un paese poco distante da Brindisi: è stata proprio la
corriera proveniente da Mesagne a depositarle davanti alla
scuola, come ogni mattina, a portarle stavolta a
quell'appuntamento con la morte assurdo quanto
imprevedibile.
Tre
giorni dopo ecco il funerale nella chiesa di Mesagne,
presente fra gli altri un attonito Mario Monti, il
presidente del consiglio appena rientrato dal vertice
dell'Alleanza atlantica a Chicago. Ecco gli applausi alla
bara bianca di Melissa, una consuetudine ormai radicata,
questa dei funerali salutati da fragorosi battimani, che
ogni volta fa rabbrividire: sarebbe tanto più eloquente e
rispettoso il silenzio... Ma tutto, ormai, si misura in
termini di spettacolo, e lo spettacolo esige proprio
l'applauso...
Intanto
è cominciato il balletto delle ricostruzioni. Ci vuole
tempo prima che grazie alla telecamera venga acciuffato il
responsabile, e intanto fioccano le ipotesi più disparate.
Chi ha conquistato l'ignobile record del primo attentato
contro una scuola? La pista iniziale è quella mafiosa, che
si fonda su tre coincidenze. L'intitolazione dell'istituto
colpito a Francesca Morvillo, la moglie del giudice Giovanni
Falcone uccisa con lui nella strage di Capaci. Il fatto che
il ventesimo anniversario di quella strage, 23 maggio, è
ormai alle porte. La circostanza che proprio quel giorno
faceva tappa a Brindisi la “carovana antimafia”,
un'iniziativa promossa da vari gruppi per promuovere la
coscienza legalitaria contro il dilagare della criminalità
organizzata. Più tardi l'ipotesi mafiosa viene
ridimensionata, mancano riscontri, e poi l'onorata società
è solita affidarsi alla potenza del tritolo, non trafficare
con ordigni artigianali fatti con bombole di gas.
E
così si fa strada un'altra pista, quella del terrorismo.
L'Italia sta vivendo momenti difficili, con la grande crisi
globale, la disoccupazione alle stelle, la politica di
rigore che darà risultati soltanto nel lungo periodo, ma
per ora provoca soltanto nuova disoccupazione e voragini a
volte incolmabili nei bilanci familiari. La nostra storia lo
dimostra: ogni volta che la società è inquieta e impaurita
c'è chi mesta nel torbido. In un paese afflitto da tanti
problemi, che cosa si può immaginare di meglio che un
attentato a una scuola, per precipitarlo definitivamente nel
panico? Se anche andando a scuola si può rischiare la vita,
il senso di sicurezza dei cittadini, già piuttosto
precario, è destinato a crollare. Inoltre la pista
terroristica richiama inquietanti precedenti internazionali:
per esempio vengono in mente gli attentati alle scuole
femminili afghane, vittime della misoginia talebana. O la
strage nella scuola di Beslan, Ossezia del Nord, nel
settembre del 2004: alcune centinaia di morti durante
l'assalto dei corpi speciali russi all'istituto occupato dai
terroristi ceceni.
Infine
anche l'ipotesi terroristica perde terreno e prende piede
quella del gesto isolato: e sarà proprio questa a essere
confermata dalle indagini. Questa soluzione del dramma ci
concede un pizzico di relativo sollievo, attenua infatti il
senso di sconforto che derivava dall'immaginare l'attentato
come progetto collettivo, elaborato da un gruppo, da
un'organizzazione. Questo non fa resuscitare Melissa, ma
almeno sembra ridurre la prospettiva angosciante di altre
Melisse. Inoltre l'impresa individuale ci procura l'amaro
conforto di trovarci in buona, anzi cattiva compagnia. Sono
infatti piuttosto frequenti dall'estero, soprattutto dagli
Stati Uniti e dal Nord Europa, notizie di sparatorie negli
edifici scolastici, stragi di studenti e docenti, opera di
gente fuori di testa, appunto.
La soluzione del caso è stata per così dire consacrata
dalla confessione del colpevole. Ora s'indaga sui motivi:
una vendetta privata, a quanto pare, ma molto resta da
chiarire. Era davvero solo, l'assassino? E se il gesto
doveva essere dimostrativo, come lui stesso sostiene, perché
ha atteso prima di scatenare l'esplosione che quel
marciapiede davanti alla scuola fosse affollato di ragazze?
-
r. f. l.
-
|