È
possibile insegnare l’arte e contemporaneamente
pretenderla autentica? – Ma per avere la sua ragion
d’essere, deve essere vera, sincera, sentita, dunque
frutto di un processo di graduale maturazione – La
bellezza figlia dell’attenzione, dell’interesse e
della scelta – E del rispetto, che va trasmesso
semplicemente rispettando coloro ai quali lo trasmettiamo
– A sua volta la libertà espressiva discende da un
bagaglio tecnico che va tenacemente costruito
Fotografia,
regia, musica, scrittura e così via. Su riviste, manifesti,
siti internet, giornali, bacheche, è frequente trovare
pubblicità di corsi di discipline artistiche di varia
natura. Corsi introduttivi, corsi di approfondimento. E’
positivo che ve ne siano tanti e tanto vari.
Spesso
nel loro programma c’è però un elemento inquietante, che
generalmente non sbalordisce quanto dovrebbe. Come produrre
qualcosa che abbia valore artistico, come non essere banale,
come rendere qualcosa bello, o peggio, come rendere qualcosa
significativo e denso, come concepire qualcosa di
interessante. Il concetto alla base di queste espressioni
programmatiche nasce e si sviluppa in un contesto di totale
alienazione. Come la parola “novità”, piuttosto
violentata nel suo significato e condotta in cima alla
gerarchia dei giudizi.
Fondamentalmente
l’oggetto artistico di valore, al quale si vorrebbe
tendere, è un oggetto intrigante e per questo bello.
Intrigante in quanto realizza, esplora un collegamento, una
possibilità, una concezione originale e, se vogliamo,
nuova. Ma questa soluzione fortunata non può che derivare
da un processo di graduale maturazione che sia comprensivo
di ogni passaggio intellettuale-emotivo. Altrimenti a
mancare è il carattere di necessità dell’espressione
artistica, carattere imprescindibile. L’arte ha bisogno di
essere vera, sincera, sentita, o perde ragion d’essere,
perde quella necessaria vibrazione che la rende viva.
E
intorno, una buona dose di bruttezza continua a circondarci.
Quel brutto che spesso è dovuto alla non-cura, al
disinteresse. “La bellezza è iniziata quando qualcuno ha
cominciato a scegliere”.
Non
può esserci bellezza in un clima di indifferenza al valore
delle cose, che non può che condurre alla trascuratezza. A
mancare è il rispetto.
Il
rispetto va insegnato ai piccoli, esigendone ma soprattutto
portandone nei loro confronti. Si pensi alla scena penosa
del genitore o dell’insegnante che rimprovera con grande
maleducazione e rozzezza una mancanza del bambino. Non
sempre i motivi culturali o personali rendono inevitabile
che questo accada: sono molte le volte in cui basterebbe uno
sforzo consapevole e una presa di coscienza a evitarlo. Il
rispetto per cose, persone, avvenimenti, è necessario perché
vi sia quella dimensione di osservazione attenta e intensa
del reale da cui soltanto può nascere l’espressione
artistica e molto altro.
E’
questo rapporto con il reale a rendere possibile la nascita
di un naturale senso del bello, di un naturale concepire
idee interessanti, di una naturale, vera, non-banalità. E
anche di un più naturale approccio allo studio della
tecnica, insegnamento legittimo di tutti i suddetti corsi,
nel quale potrebbe da solo consistere il loro programma.
Anche lo studio della tecnica fa parte del “sistema di
cura, di attenzione, di approfondimento” ed è necessario
quanto ciò di cui sopra.
Si
pensi all’esercizio, al tempo e allo studio richiesti da
arti quali la musica, la pittura, la danza, la scrittura.
Dopotutto la tecnica, la rigorosa tecnica, è obbligata
premessa della libertà. Più sono le regole, i pilastri e
le conoscenze alle spalle (un “alle spalle” che
continuamente deve rinnovarsi), più alta può volare la
libertà espressiva.
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Laura Venturi
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