FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2007

 
 

Che cosa vuol dire “tradurre in carcere”? È come passare dalla poesia alla prosa – Fermo restando che “tradurre è un po’ tradire”, si potrebbe almeno farlo in spazi felicemente alternativi – L’esempio illuminante di un’isola che non c’è, raggiungibile con un traghetto che un semplice cambio di consonante, miracoli della Fantastica, rende capace di sputare fuoco e fiamme – In fondo non ci vuole poi tanto, per mettere finalmente d’accordo significato e significante

 

Le case circondariali sono accessibili ma non accettabili. È questo il motivo per cui non interessano nessuno. Come la poesia. Non interessa. Eppure, ci appartiene. Ci apparta e ci appartiene. Eccome se ci appartiene... Ecco me! Sentite questa. Fa parte di una serie di poesie "risentite" intitolate La cifra nera. Il significante della cifra è esterno alla casa circondariale. Il significato, interno. Quanti interni ha? Dice la poesia:

Non ci sono per me esseri
aventi diritto al mio amore
le uniche eccezioni le faccio per coloro
che sono sotto al metro e venti
cani bambini gatti alberi abbattuti
alcuni ammalati
ma solo finché sono a letto
chi si rimette eretto è una minaccia.
Anche se chiacchiera
anche se sorride
anche se è carino.
Io non dimentico mai che ciascuno di noi
è un assassino.
 
Carino, siamo tutti figli di Caino!
La Morte declassata a pena. Che pena!
La Morte è qualcosa di grandioso.

 "Ecco, siamo nella casa del Padre", disse Papa Giovanni ai detenuti di Roma, in "Araceli". Circondato dai detenuti appollaiati come uccelli intorno a lui... che mi ricordava la Predica di San Francesco agli uccelli...

- Lavoro, villetta e aria aperta... Ecco il carcere come dovrebbe essere.

- Il nostro sogno? Trasformare i detenuti in cittadini.

La prigione modello si trova su una piccola isola "che non c'è" a un'ora da Osilo (Sassari). Quattro persone per ogni casetta: ciascuno ha la propria stanza e la propria chiave.

Dice il prigioniero: "Ho distrutto tutto quello che avevo. Qui ho imparato che anche per me è possibile immaginare un futuro".

Il direttore dice: "Se li tratti da pericolosi criminali, quelli si comporteranno sempre come tali. Se dai rispetto ottieni rispetto".

L'ottanta per cento dei detenuti arriva qui dopo un periodo trascorso in un carcere tradizionale per scontare gli ultimi anni. Qui ci sono condannati per ogni tipo di reato. È la direzione a valutare le loro motivazioni e a decidere se accoglierli o no.

La direzione dice: "Noi non vogliamo sapere che cosa hanno fatto nel passato. Quello che ci importa è sapere cosa vogliono fare da ora in poi... Quello che ha ucciso una donna e ne ha fatto a pezzi il corpo e quello che ha spacciato hashish... L'uomo, e anche l'assassino, non è sempre e solo crudele. Noi diamo loro fiducia. Li aiutiamo a pianificare (come costruendo una casa) il futuro. Non li trattiamo da schiavi, da esclusi: lavoriamo con loro e ognuno deve fare fino in fondo la sua parte... Gruppi di alcolisti anonimi, psicologi che lavorano con chi ha violentato, operatori che si occupano del recupero dei tossicomani, tengono loro dei corsi: ma il destino è nelle mani di ogni singolo che è libero, singolare di fare quello che vuole... Da qui scappare è facile. Non ci sono porte chiuse. C'è chi va su e giù col draghetto. Ma che gusto c'è a scappare, se poi il destino è una prigione peggiore?".

Per intenderci una trappola, proviamo a tradurre  in carcere il verso di Virgilio Aetnaeos efflantem faucibus ignem, che spirava dalle fauci fiamme simili a quelle dell'Etna. Questa immagine ebbe presente il Tasso, nella presentazione di Solimano (Gerusalemme Liberata IX, 25): «Porta il Soldan su l'elmo orrido e grave / serpe che si dilunga e il corpo snoda; / … Par che tre lingue vibri, e che fuor mande / livida spuma, e che il suo fischio s'oda. / Ed or ch'arde la pugna, anch'ei s'infiamma / nel moto, e fumo versa insieme e fiamma». Ma Virgilio dice semplicemente: Aetnaeos efflantem faucibus ignes. E un carcerato che osserva il disegno traghetto + Etna fatto da un bambino resta stupefatto dalla parolina draghetto, che fa coincidere il significato con il significante in maniera perfetta.

Tradurre in carcere è come mettere in prosa la poesia. Una vera idiozia! Quella del "sistema carcerario" è un'industria. La quarta, in Italia, per indotto. Paragonare i carcerati agli schiavi, non è fuori posto. Schiavi italici, illirici, participi comparticipativi di Solimano. Eccetera. E c'è da dire che costa troppo. Come la politica... Troppo! Troppo! Troppo!... Troppo!… Galoppo!... Carica!... Può convincere: Solimano: "date mano ai soli", o anche soltanto "man mano".

 

                             Filippo Nibbi, Giovanna De Carli  
                                         

 

   


                                                  

 
 

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