Su
un punto i partecipanti al convegno Lapis sul tema
“Sistema carcerario e possibili alternative” si sono
trovati d’accordo: l’attuale meccanismo della
reclusione non soddisfa i criteri dell’equità e
dell’efficienza – C’è chi ne propone
l’umanizzazione, chi il superamento – Di fronte a una
società impaurita che invoca sicurezza, è un grave
errore indicare come strada maestra l’inasprimento delle
pene, ignorando il dettato costituzionale a proposito di
rieducazione
Un
appuntamento molto importante, un nuovo successo che corona
l’impegno e la serietà con la quale da dieci anni ci
occupiamo di educazione. Sono state due giornate intense, un
dibattito approfondito si è sviluppato attorno alle
relazioni che spaziavano da un capo all’altro della
complessa tematica carceraria, particolarmente attualizzata
in Italia dal recente dibattito sull’indulto e
dall’iniziativa del nostro governo per l’eliminazione
della pena di morte nei molti paesi che ancora la
infliggono. Abbiamo sentito il magistrato Giuseppe Di
Gennaro chiedere un carcere più umano (contro la prassi che
vede sospesi di fatto i diritti civili al di là delle
sbarre), e lo studioso olandese Louk Hulsman invocarne il
superamento, nell’ottica di un’alternativa che, avverte,
abbiamo già sotto gli occhi, costituita dalla maggior parte
degli eventi potenzialmente criminalizzabili che di fatto
non vengono criminalizzati ma vengono trattati in altro
modo. Anche Giovanni Gramatica, della Società
internazionale di difesa sociale, ha parlato di
risocializzazione, lotta contro la pena, come alternative
radicali al carcere. Abbiamo sentito magistrati antimafia,
come Roberto Puglisi e Gaetano Paci, illustrare il complesso
rapporto fra la necessità della difesa sociale
dall’aggressione della criminalità organizzata e i
diritti individuali dei mafiosi detenuti, mentre lo
specialista americano Gary Hill dimostrava cifre alla mano
che non esiste relazione fra tasso di carcerazione e livello
di delinquenza. Pur senza contestarne la necessità in
termini di autodifesa sociale, Hill sostiene che il carcere
non è la soluzione del problema, è piuttosto parte del
problema. La soluzione sta invece nel lavoro,
nell’istruzione, nella lotta contro il degrado sociale e
l’emarginazione. A che cosa serve la pena detentiva? Nelle
interpretazioni tradizionali essa è insieme un castigo, un
deterrente, un modo d’isolare chi minaccia la società. Ma
le statistiche smentiscono due di queste definizioni.
Infatti non funziona come deterrente (perfino nel caso
estremo, la pena di morte, è ormai assodato che non riduce
in misura significativa il tasso di criminalità), e quanto
a isolare le minacce sociali sortisce a volte l’effetto
opposto: il carcere diventa infatti a modo suo un’agenzia
educativa, il luogo dove uno scambio di competenze e di
esperienze affina in molti l’attitudine a delinquere. La
visione progressista, da Cesare Beccaria in poi, interpreta
la pena come rieducativa in tutt’altro senso, nel senso
del recupero della persona a un corretto comportamento
secondo i valori del vivere civile. È quanto chiede anche
la costituzione della repubblica italiana, il che fra
l’altro pone il problema della legittimità
dell’ergastolo. La rieducazione prelude infatti al
reinserimento sociale: ma non avrebbe molto senso rieducare
chi è condannato a restare in cella fino alla fine dei suoi
giorni, dunque tagliato fuori da ogni possibilità di essere
reinserito nella comunità.
Proprio delle problematiche connesse al tentato
reinserimento e alla recidiva ha parlato a Cortona Giuseppe
Mosconi, sociologo del diritto all’università di Padova,
con un intervento significativamente intitolato “l’onda
lunga della pena”. Sul tema generale della mediazione
penale si è diffuso il magistrato Marcello Marinari, mentre
Emilio Santoro, del centro di documentazione su carcere,
marginalità e devianza “L’altro diritto”, ha parlato
dei particolari problemi di quella parte della popolazione
carceraria, ormai all’incirca un terzo, che è costituita
da cittadini stranieri. Magistrati e operatori
dell’amministrazione penitenziaria (Alessandro Margara,
Massimo De Pascalis, Maria Pia Giuffrida, Antonio Turco,
Paolo Basco, Franco Corleone) si sono infine soffermati
sulle prospettive di riforma del sistema. Alla tavola
rotonda finale, in cui i vari temi emersi dalle relazioni
sono stati animatamente dibattuti, hanno preso parte anche
altri operatori penitenziari, come Pietro Masciullo,
Pasquale Scala, Franco Scarpa, Ettore Ziccone, e il
cappellano Dino Liberatori.
La discussione ha fatto emergere visioni
diverse, ma unite da un minimo comune denominatore: la
persuasione che l’istituzione carceraria, così come si è
sviluppata storicamente e com’è di fatto oggi, va
radicalmente ripensata. Essa infatti non raggiunge gli
obiettivi che si prefigge: non rieduca la persona anzi la
mortifica e spesso la rafforza nella sua vocazione
delinquenziale, non protegge la società ma al contrario la
minaccia. Le recenti polemiche seguite all’indulto hanno
confermato che l’opinione
pubblica, esasperata dall’insicurezza e dal dilagare della
criminalità spicciola, individua nell’inasprimento delle
pene la sola strada praticabile per uscire dall’emergenza.
Qualunque cosa si pensi dell’indulto, in quella
circostanza non aveva fatto chiarezza il sistema della
comunicazione, che aveva finito con l’accentuare
l’allarme riferendo con molta evidenza dei casi di
recidiva seguiti alle scarcerazioni. In realtà è stato
dimostrato che quei casi di recidiva non sono stati
mediamente più numerosi (si parla ovviamente di cifre
relative) di quelli che si registrano quando la
scarcerazione avviene dopo che la pena è stata regolarmente
scontata. Si avverte sempre più la necessità di
un’informazione più attenta e meno sensazionalista, per
evitare isterie sociali che non solo non portano alla
soluzione dei problemi, ma al contrario li aggravano. A
questa esigenza di chiarezza, il convegno di Cortona ha dato
un contributo di cui i partecipanti hanno concordemente
sottolineato l’importanza. Un nuovo appuntamento è già
fissato per la primavera dell’anno prossimo con il Comune
di Cortona che ci ha onorati contribuendo attivamente alla
realizzazione del convegno. Il tema è in corso di
elaborazione, rientrerà comunque nel vasto filone
educativo: ve ne informeremo al più presto.
- Marilena
Farruggia Venturi
-
(Presidente della Lapis)
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