Un
contributo problematico al dibattito sulla Creazione: è
possibile sporgere reclamo? – Per esempio sul fatto che
ci sono state messe a disposizione soltanto due braccia,
del tutto insufficienti quando si rincasa carichi di
pacchi, ombrello e bambini – E la pancia: non si poteva
semplificare quel lunghissimo tubo aggrovigliato? – Non
parliamo poi dei denti: invece di rinnovarsi come le
unghie se ne vanno proprio quando la loro presenza sarebbe
più che mai necessaria
Santino
portava tre cognomi: Angioli Cherubini Serafini. In quanto
Angioli, veniva chiamato anche Angiolino, ma non gliene
importava.
Importava nùvele dai Cherubini e colori dai
Serafini.
E sportava tramonti mondi, puliti, colore
cartazucchero in sporte di iuta (fibra tessile che si ricava
dalla corteccia di alcuni alberi dell'Asia e dell'Africa).
Questo era il suo traffico import-export.
Tra
il Serio e il Faceto, viveva in provincia di Bergamo, a ORO
AL SERIO, un aeroporto in riva a quel fiumiciattolo così
piccolo e digià tanto Serio, triste, che Santino fu
costretto a disegnare il Faceto con la matita azzurra, su un
foglio traslucido di carta da sardine sottolio. E il Serio
sorrise congiungendosi al Faceto, come due che fanno Pacs
come si dice oggi.
Da allora, all'aeroporto di ORO AL SERIO è una
pacchia! Partono voli per Parigi, Londra, Barcellona, che
costano un Euro. Un Euro per tutta l'Euro-pacchia. Tolto il
trattino, Europacchia è il nome dell'Europa derivata
da Santino, che fu proclamato SANTINO SUBITO!, all'aeroporto
di ORO AL SERIO.
«Come
mai, in quell'aeroporto vicino al Serio, tra il Serio e il
Faceto, i voli costano solo un Euro?» si chiesero Angioli
Cherubini Serafini rifiutandosi di volare. Fu aperta una
vertenza sindacale. Fu chiamato in causa Santino, che espose
la sua "Punto" di vista riguardo al Fiat (lux,
eccetera) e alla Fiat, dimostrando che "il Fiat" e
"la Fiat" costituiscono un binomio fantastico
usato nei Ròdari-club per spiegare gli ERRORI NELLA
FABBRICAZIONE DEL MONDO, in base ai quali per altezza diviso
due si spiega come mai il mondo è caro (tanto caro, che gli
si vol bene) ma è troppo caro.
Così
pallò Santino rimbalzando da una nùvela a
quell'altra, tenendo il Quelo-pescuezo come un pollo per il
collo: «Quelo! Quelo! Quelo!… Chi è stato?» querelava
Santino: «Dio? La Natura? Il Caso? Diciamo subito che a noi
di sapere chi è stato non importa affatto. Mi spiego:
quando andiamo a comprare una "Punto" ci chiediamo
forse se la Fiat esiste veramente, se è proprio lei che ha
creato quel modello, se prima di creare automobili esisteva
già o se c'era il Nulla e se gli Agnelli, che esistono da
sempre, esisteranno per sempre? Se sono infinitamente
potenti o se la famiglia Ford lo è più di loro e così
via? No, ci pigliamo la nostra Punto, ingraniamo e andiamo
via. Così dovremmo fare anche con la vita. Basta domande
inutili, via invece con quelle utili. Ovvero, tanto per
intenderci,
la Punto che ho comprato, sotto al cofano ha il
motore? Le ruote sono in numero sufficiente? È stato fatto
tutto a puntino o si poteva fare meglio? Ecco, questo è il
punto. Ancora! L'umanità è imperfetta, dalla carrozzeria
al motore. Siamo onesti, nessuno di noi comprerebbe questo
modello di persone da un concessionario di uomini; bisogna
riconoscere che chi ha progettato il mondo ha fatto una
valanga di errori. Ecco i principali difetti di
fabbricazione dell'umanità.
LE
BRACCIA
Perché
solo due? Il primo gravissimo errore (di distrazione? di
pigrizia? di calcolo?) è questo. Un errore imperdonabile
che da milioni di anni grava sulla nostra specie e ha
provocato migliaia di morti e una quantità incalcolabile di
fastidi. Quante volte siete arrivati a casa carichi della
spesa del sabato al supermercato: l'ombrello, il giornale,
la borsa, il casco della moto e magari anche il vostro
bambino (quello più piccolo, quello che ha un anno), e
avete dovuto appoggiare tutto per terra per cercare con una
delle vostre pochissime due mani le chiavi di casa? Manca il
terzo braccio!
Quello per abbassare la maniglia, frugare nelle
tasche, grattarsi, accendere la luce, soffiarsi il naso,
rispondere al cellulare, cambiare stazione all'autoradio,
spostare la sedia che vi ostacola mentre portate in casa il
pianoforte della nonna. Ma la Natura, si dirà, non ha
lavorato per noi, viziati uomini del Duemila, la Natura ha
creato l'uomo-animale e si è preoccupata della sua
sopravvivenza in una vita primitiva. Anche vista così, due
braccia non bastano. Immaginate di correre a perdifiato
nella foresta inseguite/i da una belva dell'era quaternaria:
avete in braccio il vostro cucciolo (quello più piccolo,
quello che ha un anno), la belva vi raggiunge, lei ha
quattro zampe voi solo due (ci risiamo, ma quanto hanno
risparmiato con noi?), se voi aveste un terzo e magari un
quarto, un quinto e un sesto braccio, le cose volgerebbero a
vostro favore: col terzo braccio le pestate una pietra in
testa, col quarto la trafiggete con la lancia, col quinto e
col sesto la legate a un albero con una liana, quindi con le
vostre undici gambe (esageriamo!) vi allontanate veloci come
il vento. Il tutto senza aver dovuto, per difendervi,
appoggiare per terra il vostro cucciolo (quello più
piccolo, quello che ha un anno), che mentre voi con le
vostre due braccine avreste lottato (e perso), si sarebbe
ingozzato di bacche velenose, avrebbe acchiappato un
serpente velenoso, si sarebbe infilzato un occhio su un ramo
di una pianta velenoso, salvo poi, alla fine, essere
sbranato, subito dopo di voi dalla invelenita belva
multizampe.
LA
PANCIA
Qui
casca l'asino. E probabilmente casca addormentato. Questa
del colpo di sonno che si abbatte sull'autore del mondo
mentre è all'opera è un'ipotesi che spiegherebbe molte
cose. Perché nella nostra creazione ci sono evidenti segni
di mancanze, di avarizia, piccineria (come le due braccia)
ma anche altri, chiarissimi di eccesso. Eccessi ossessivi,
da imbambolato che, preda appunto di un colpo di sonno,
ripete in stato soporifero e meccanico l'ultimo segno
tracciato sul foglio quando era ancora lucido (si fa per
dire). Un esempio per tutti: l'intestino.
Metri e metri di budelle che si intorcinano su se
stesse stipate in uno
spazio adatto a un organo dieci volte più piccolo. A
cosa serve tutto questo scialo? A niente. Che cosa
provoca? Infiammazioni, contorcimenti, blocchi intestinali,
addirittura disperate necrosi come l'appendicite. Evidente
tentativo, da parte della parte più intelligente delle nostre budella, di autocorreggersi.
Ergo, l'intestino è più intelligente del Grande
Architetto, chiunque egli sia.
I
DENTI
Un
altro spreco sono le unghie, i capelli, le cellule, i peli,
la barba: è tutto un nascere, fiorire, morire, cadere e
ricrescere, rinascere rimorire ricadere e ricrescere
(soprattutto i peli sulle gambe). Però i denti no. I denti!
L'unica cosa di cui si ha
veramente bisogno sempre, quella che permette la
sopravvivenza, la più costosa da riparare e sostituire, non
ricresce! Il Grande Architetto (ma forse, quelo era un
geometra) ha stabilito così: 32 denti belli, sani, forti
per i primi, otto-dieci anni di vita, quelli che non passi a
sbranare carne di bisonte cruda ma latte, pappe e semolino
con la mela grattugiata; poi giù tutti! Buttarli via! Fuori
gli altri 32, che dovranno durare per i restanti
ottant'anni.
Non
c'è bisogno di aver fatto ingegneria per accorgersi che è
un calcolo sballato. Non si poteva farli ricrescere anche
loro come i peli sotto le ascelle?
Giù
uno, fuori un altro. Ma dai, cavolo, era così facile!
Oppure, 32 denti nuovi ogni dieci anni, se proprio
non si voleva fare come le unghie. Ma poi, diamine, dov'è
la logica? Perché le unghie le ha fatte che crescono come
la gramigna? Perché erano un'arma offensiva, i nostri
artigli? Va bene, mettiamo anche, ma e i denti, allora? Farà
più male un graffio o un morso?
Intanto
io che ho un preventivo di ottomila euro per due ponti alle
arcate inferiori, al Grande Dentista gli darei volentieri un
graffio e un morso. Non c'è bisogno di essere dei
megalomani per sapere con certezza che ciascuno di noi,
chiamato a porre mano al progetto di una bocca per un
animale carnivoro, avrebbe saputo fare di meglio.
I
DENTI (ancora)
Che
poi, a voler cercare il pelo nell'uovo, ci sarebbe da ridere
anche sulla cosa in sé. Perché i denti? Perché queste 32
micidiali bombe a tempo caricate con una mina di dolore, di
carie e di buco in bocca? Il dente è caduco (infatti ieri
sera il mio ultimo molare è caduto). Il dente è un nemico,
una spina nel fianco, una serpe in seno. È solo questione
di tempo: sembra quieto, forte, stabile, inattaccabile
(invece presto o tardi vi attaccherà). Nemico temibile e
subdolo; la sua offensiva provoca acuto dolore e può
paralizzare un organismo anche cento volte più grande di
lui (il vostro). Il dente è falso (soprattutto dopo i 60
anni). Ti pugnala alle spalle, è infido. Basta ragionare
sui vocaboli che lo contengono: sorridente, plaudente,
ridente, splendente. Tutte parole solari, paciose, allegre,
positive. Non un accenno al trapano, agli ascessi, al nervo
ululante, alle estrazioni (soprattutto alla più dolorosa:
quella che il dentista fa al vostro portafoglio). Il dente
è un impostore: fuori è forte, bianco, lustro, squadrato,
basso, tosto, dentro è tutto un fascio di nervi e
tremebonda polpa. Ma come, ma perché? A cosa serve questo
micidiale interno foriero di dolore, analgesici e
devitalizzazioni? Il dente mastica con la parte esterna,
dentro si poteva non metterci proprio un bel niente. Vuoto?
Sì, anzi, no: dentro altri strati e strati di granitica
materia dura bianca e resistente. Così, mano a mano che si
consumava, sotto c'era già pronto il nuovo strato
masticatore. Invece no, troppo facile! Troppo bello! Forse
il grande Dentista era un odontotecnico. Ma non poteva
copiare dal compagno di banco? Non c'è dubbio che nel
Bottegone dove hanno progettato il mondo a noi è toccato
l'allievo più zuccone. Quello che ha inventato gli insetti,
per esempio, era più bravo. Ci sono i ragni che sciolgono
la preda come se avessero in bocca acido muriatico, quando
è sciolta la mandano giù, e i denti così restano su».
Filippo
Nibbi, Giovanna De Carli
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