FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2006

 
 

La Repubblica Federale s’interroga su un nuovo piazzamento poco lusinghiero nelle graduatorie internazionali Pisa – Questa volta si tratta del rendimento scolastico dei bambini di origine straniera – Particolarmente negativi i risultati per gli immigrati di seconda generazione, che vedono la scuola tedesca all’ultimo posto fra quelle dei diciassette paesi nei quali è stata condotta l’indagine – Altro elemento critico: troppa differenza fra i vecchi e i nuovi Länder
 

 

Ancora una volta la Germania s’interroga sulle condizioni del suo sistema scolastico. E ancora una volta al centro del dibattito sono le indagini Pisa (Programme for International Student Assessment), che da alcune anni mettono a confronto le organizzazioni educative nei paesi dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Stavolta nel fuoco dell’attenzione pubblica c’è il rendimento di quella vasta componente della popolazione scolastica che è fornita dalle comunità di origine straniera. Riferito in particolare alla capacità di lettura e all’attitudine al calcolo, è un rendimento relativamente assai modesto: gli alunni immigrati di prima generazione, che cioè sono nati all’estero, registrano nelle scuole tedesche risultati che collocano quel sistema scolastico nel terzo gruppo fra i diciassette paesi in cui è stata condotta l’indagine.

Ancora peggio vanno le cose per gli scolari immigrati di seconda generazione. Si tratta di ragazzi che sono nati in Germania e hanno frequentato le scuole tedesche per tutta la durata dei nove anni considerati (l’inchiesta Pisa ha per oggetto gli studenti sedicenni). Ebbene costoro raggiungono un rendimento inferiore a quello medio dei loro compagni provenienti da famiglie tedesche di ben novanta punti Pisa: in pratica questo significa che sono indietro di tre interi anni scolastici e che il sistema scolastico della Repubblica Federale si colloca per questo particolare aspetto all’ultimo posto fra quelli dei diciassette paesi considerati. Ne deriva una constatazione sconsolante: la situazione degli immigrati è tanto più critica quanto più tempo costoro sono vissuti in Germania. Siamo di fronte al fiasco dell’integrazione alla tedesca. Al contrario, gli esempi meglio riusciti d’integrazione, rivelati da prestazioni degli studenti immigrati mediamente analoghe a quelle dei loro compagni di provenienza locale, vengono registrati in Canada, Australia e Nuova Zelanda: tutti paesi di immigrazione tradizionale, avvezzi da sempre alla sfida interculturale.

Questi risultati hanno larga eco sulla stampa della Repubblica Federale, dove si registra una corale richiesta di rapidi interventi volti a colmare il baratro. Fra le cause del fenomeno viene indicata soprattutto l’imperfetta conoscenza della lingua tedesca, che perdura nella seconda generazione a causa del fatto che in molte famiglie immigrate si continua a parlare la lingua d’origine e perfino a vedere, attraverso i sistemi satellitari, le trasmissioni televisive irradiate dai propri paesi lontani. Si propongono dunque corsi speciali di tedesco a partire dal Kindergarten, in modo che i piccoli di origine straniera arrivino alla scuola di base senza paralizzanti handicap linguistici.

In un sistema scolastico che si prefigge ovviamente di soddisfare il principio dell’uguaglianza di opportunità, il disagio dei ragazzi stranieri è rivelato anche dal fatto che fra di essi è inferiore, rispetto alla media, la tendenza a proseguire gli studi. Del resto la scuola tedesca fa registrare differenze di rendimento anche fra Est e Ovest. Nei vecchi Länder della Repubblica Federale la situazione media è complessivamente migliore di quella registrata nelle province orientali, soprattutto in materia di rapporto fra educazione e formazione. A diciassette anni dalla caduta del Muro, a sedici dalla riunificazione nazionale, anche in materia di scuola le Germanie continuano a essere due.

                                                                  r.f.l.

 

 


                                                  

 
 

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