FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2006

 
 

Uno dei primi atti del nuovo ministro, Giuseppe Fioroni, è un provvedimento per ripristinare la vecchia denominazione ministeriale – Scompare il Miur di Letizia Moratti, le competenze in materia di università e ricerca trasferite a un altro dicastero affidato a Fabio Mussi – Si avvia intanto, con il blocco della sperimentazione dei nuovi licei che doveva scattare il prossimo settembre, la revisione della riforma della scuola annunciata dal nuovo governo
 

 

 

Secondo la Costituzione il diritto all’istruzione è un bene di tutti, indipendentemente da chi è chiamato a tradurlo in pratica. Sulla base di questa considerazione Giuseppe Fioroni, il nuovo ministro succeduto a Letizia Moratti, ha annunciato di avere avviato la procedura per il ripristino del vecchio nome del ministero di Viale Trastevere: non più Miur ma Pubblica istruzione. La sigla che si accantona era del resto superata dalla stessa ristrutturazione introdotta dal governo Prodi, che ha trasferito a un apposito ministero, affidato a Fabio Mussi, le competenze in materia di università e ricerca. Abbiamo dunque di nuovo un ministero della Pubblica istruzione: un ritocco filologico che al di là dell’interpretazione costituzionale offerta da Fioroni rivela una chiara intenzione politica. Dopo che il governo di centrodestra aveva privilegiato l’istruzione privata, con il cambio di maggioranza la priorità torna a identificarsi nella scuola di stato.

Naturalmente dall’avvento del centrosinistra ci si aspetta qualcosa di più che un cambiamento di ragione sociale. Al centro dell’attenzione e delle attese è il destino della discussa riforma Moratti, che certo la sua ispiratrice seguirà con comprensibile interesse dal nuovo ufficio di sindaco di Milano. Come si sa all’interno della nuova maggioranza, piuttosto articolata fra gli estremi della sinistra radicale e del centrismo cattolico, ci sono due diversi punti di vista: da una parte chi vorrebbe buttare a mare l’intera riforma e ripartire da zero, dall’altra chi intende semplicemente ritoccare il progetto Moratti in alcuni punti particolarmente controversi. Si arriverà probabilmente a un compromesso: correzioni sì, ma piuttosto profonde. In questo senso si sono espressi sia il neoministro Fioroni, sia lo stesso presidente del consiglio Romano Prodi.

La revisione della riforma Moratti è di fatto già cominciata quando Fioroni ha annunciato il blocco della sperimentazione dei nuovi licei, che doveva partire con l’avvio del prossimo anno scolastico. Il nuovo ministro fa sapere che poco più di una cinquantina di istituti superiori, il tre per cento, avevano presentato progetti sperimentali, e che quasi tutti si limitavano a introdurre innovazioni realizzabili all’interno degli spazi previsti dall’autonomia scolastica. Dunque l’invito all’anticipazione sperimentale degli otto licei disegnati dalla riforma, e destinati a entrare in vigore con l’anno scolastico 2007/08, era praticamente caduto nel vuoto. In attesa di ridefinire gli obiettivi, in particolare di rinegoziare con le regioni la struttura dell’insegnamento secondario, il ministro ha dunque deciso di eliminare ogni incertezza. A settembre tutto sarà come prima: i licei tradizionali, gli istituti tecnici, le scuole professionali.

Sospendendo il decreto sulla sperimentazione di Letizia Moratti, Fioroni ha ricordato fra l’altro che l’atto era dovuto anche perché pendono i ricorsi delle regioni: sono ben quindici quelli che chiamano in causa il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, mentre la Toscana ha addirittura investito del caso la Corte costituzionale. Considerata la rapidità tradizionalmente non proprio fulminea di queste procedure, c’è da prevedere che lo slittamento si protrarrà a lungo. Ci sarà dunque tutto il tempo di ridefinire l’intera materia, di rivederne in particolare i due punti di maggiore attrito: la cosiddetta licealizzazione dell’istruzione tecnica e la divisione delle competenze fra stato e regioni. Una cosa al momento appare praticamente certa: nell’autunno dell’anno prossimo, quando sarebbero dovuti partire gli otto licei, tutto sarà invece come prima. A parte un dibattito prevedibilmente acceso su una riforma di cui nessuno mette in dubbio la necessità e l’urgenza: ma questo è l’unico punto su cui convergono maggioranza e opposizione, aspramente divise sul “come” disegnare la scuola nel terzo millennio.

 

                                                                   f. s. 

 

   


                                                  

 
 

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis giugno 2006

 

Mandaci un' E-mail!