L’autonomia
ha moltiplicato le testate: se ne pubblicano circa cinquemila, di
solito a periodicità mensile, soltanto nelle medie superiori – Sono
soprattutto di carta, ma anche in forma digitale o in rete - I
giornali scolastici hanno anche il loro Pulitzer, il premio “Verba
Volant” di Riccione: quest’anno è toccato a uno scientifico di
Mestre, un artistico di Frosinone e un classico di Genova |
E’
una vera e propria babele di pubblicazioni, di solito escono una volta
al mese, hanno testate fantasiose, per la maggior parte si presentano
nella tradizionale forma cartacea ma ci sono anche videogiornali su
disco, o notiziari illustrati e commentati in rete, o nella veste
sonora di programmi radio. Portano i segni del più aggiornato
linguaggio giovanile, dai gerghi convenzionali o cifrati agli acronimi
in uso nei messaggini telefonici, fino a quelle particolari
composizioni di caratteri chiamate emoticons,
o smileys, che Internet ha
ormai trasformato in un linguaggio simbolico universale. E infatti
quei giornali li scrivono i ragazzi: siamo nella galassia in piena
espansione del giornalismo scolastico, che al di là dei suoi intenti
specifici è una vera e propria miniera di informazioni e impressioni
sull’universo giovanile.
Ce
ne sono sempre stati di giornali scolastici, ma negli ultimi anni due
fattori hanno potentemente rilanciato questo importante canale di
espressione. Un fattore tecnico, cioè le risorse dell’elaborazione
di testi e immagini al computer che ha reso più facile la manifattura
del giornale, e un fattore economico, cioè la facoltà che
l’autonomia ha concesso agli istituti non solo di finanziare, fra le
altre, anche questo genere di attività ma anche di inserire il
giornalismo fra le discipline in programma. Soltanto nelle medie
superiori si pubblicano attualmente in Italia circa cinquemila
periodici, generalmente a cadenza mensile. Ma anche nella scuola
dell’obbligo il fenomeno è in crescita, e non c’è dubbio che
andrebbe decisamente incoraggiato. Il
giornale è infatti uno strumento utilissimo di partecipazione, di
aggregazione, di sondaggio degli umori, di coinvolgimento nelle scelte
della scuola, di approccio alle più varie tematiche sociali e
culturali. Come i modelli della stampa tradizionale, gli organi
scolastici offrono inchieste (fra i temi preferiti la diffusione della
droga, il problema degli sbocchi professionali dopo gli studi,
l’organizzazione degli spazi ricreativi nella scuola e fuori),
commenti, proposte, rubriche, per esempio di musica o sport. C’è
naturalmente un notiziario sugli eventi della scuola, e ci sono le
lettere, cui i ragazzi affidano i loro dubbi e i loro interrogativi. A
volte, ma non sempre, i docenti partecipano alla preparazione dei
giornali, in qualche caso con funzioni di guida o coordinamento. Il
tono, a parte le esuberanze di linguaggio, è quasi sempre controllato
e contenuto: insomma i ragazzi di solito non si lasciano andare, si
trattengono, probabilmente intimiditi dall’insolita qualità del
mezzo non ne approfittano per esercitarvi la loro tradizionale carica
trasgressiva e provocatoria. Questo
giornalismo in espansione non poteva non avere il suo premio Pulitzer.
Che non è riservato a singoli autori, ma alle testate in quanto
manifestazioni di un lavoro di gruppo. E’ stato il comune di
Riccione, in cooperazione con la regione Emilia-Romagna e con il
ministero della Pubblica Istruzione, a lanciare il premio “Verba
Volant”, che sottolinea nella sua stessa titolazione latina
l’importanza della parola scritta. Il premio, giunto quest’anno
alla sua quinta edizione, è riservato alle proposte giornalistiche
della scuola media superiore. Ogni anno la giuria mette in palio tre
computer particolarmente avanzati e scelti proprio in funzione di
questa attività: sono infatti dotati di software grafici di
impaginazione. C’erano
in questa edizione 750 testate in lizza e i premi sono toccati a Il
Candelaio, del liceo
scientifico “Giordano Bruno” di Mestre, a Mal
d’Estro (complimenti per
la raffinatezza del titolo) del liceo artistico “Bragaglia” di
Frosinone, a Dragut del
classico “Doria” di Genova. Un altro liceo classico, il
“Romagnosi” di Parma, ha ottenuto una menzione speciale per una
ricerca sul giornalismo scolastico. In margine al premio c’è stata
anche un’assemblea in cui studenti-giornalisti provenienti da ogni
parte d’Italia si sono scambiati le loro esperienze. Ne è emerso
fra l’altro che i ragazzi si dedicano volentieri alla lettura del
loro organo d’istituto, ma non altrettanto alla scrittura. Quelli
che scrivono generalmente sono pochi e a volte le collaborazioni sono
frutto di reiterate pressioni su compagni generalmente riluttanti.
Anche qui, evidentemente c’è della strada da fare, ci sono barriere
di confidenza da superare. Così
come un po’ di strada bisognerebbe percorrere anche in direzione del
riconoscimento sociale di questo fenomeno. Per esempio da parte della
stampa, quella tradizionale. E’ un antico lamento quello sulla
scuola italiana che produce, o almeno ha prodotto fin qui, un popolo
refrattario alla lettura. Le statistiche comparate internazionali sono
lì a confermarlo, anno dopo anno: siamo agli ultimi posti fra i
paesi, diciamo così, economicamente e socialmente omogenei, non
soltanto per il consumo di libri ma anche per la lettura della stampa
soprattutto quotidiana. Se
si considera che un corretto rapporto con la stampa è un elemento di
insostituibile valore democratico, appare evidente che la diffusione
del giornalismo scolastico può essere in prospettiva uno strumento
efficace per il rilancio di un settore così vitale. Sarebbe dunque il
caso che quotidiani e settimanali dedicassero molta attenzione agli
organi prodotti dalle scuole nelle rispettive aree di diffusione,
analizzandoli, recensendoli, segnalandoli, offrendo supporto tecnico e
consigli professionali. Da alcuni di quei “giornalini”, fra
l’altro, avrebbero molto da imparare.
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