Basta
seguire un programma televisivo di quiz per verificare
quanto sia diffusa l'ignoranza delle più elementari
conoscenze storiche e geografiche. L'insegnamento di queste
discipline è stato a lungo trascurato. Ora qualcosa
cambia?
Historia
magistra vitae, dicevano i romani all'inizio dell'era
volgare. E ancora un paio di secoli or sono un intellettuale
come Ugo Foscolo, chiamato alla cattedra di Eloquenza dell'Università
di Pavia, pronunciava il suo celebre invito, Italiani, io
vi esorto alle istorie! Il poeta così si esprimeva
nella lezione inaugurale, che aveva intitolato Dell'origine
e dell'ufficio della letteratura: un'appassionata rivendicazione
del ruolo delle lettere nello stimolare e preservare l'identità
nazionale, nel fare gli italiani, come si sarebbe detto
alcuni decenni più tardi, dopo che sarà stata
fatta l'Italia.
Sono
passati due millenni dal motto latino che invitava a considerare
la storia una maestra di vita, e due secoli dalla perorazione
anticipatrice di Foscolo, ma ancora l'obiettivo di riconoscere
l'importanza di una memoria collettiva da trasmettersi attraverso
la scuola, non è stato raggiunto. E ancora. alla
trascuratezza dell'insegnamento dei fatti e delle interpretazioni
della storia si è aggiunta quella della geografia,
creando così una moltitudine di italiani semplicemente
incapaci di orientarsi nel tempo e nello spazio della vicenda
umana.
I
programmi televisivi di quiz illustrano chiaramente il fenomeno:
ci sono concorrenti, e a volte si tratta di professionisti,
comunque sia della parte “colta” della scierà
che ritiene di possedere elementi cognitivi sufficienti
per partecipare alla prova, serenamente convinti, per esempio,
che l'Iran sia un Paese arabo e il Messico parte del Sudamerica.
Posti di fronte alla scelta fra alcune possibili risposte
ai quesiti proposti, arrivano ad affermare impavidi che
Adolf Hitler esercitò il potere negli anni Cinquanta.
perfino a ignorare l'esistenza di un imperatore francese
nato ad Ajaccio e morto a Sant'Elena. Chi sarà mai
costui? A volte lo spettacolo è davvero desolante.
E
che dire di certi concorsi professionali, di quei saggi
strapieni di errori macroscopici, scritti in un italiano
approssimativo? Da notare che i concorrenti per poter partecipare
devono esibire titoli di studio, dall'ottemperanza dell'obbligo
scolastico fino alla laurea. É chiaro che c'è
qualcosa che non quadra nei programmi scolastici in generale,
che dovrebbero almeno insegnare a usare correttamente la
lingua italiana. Ma la pecca più grave è l'assenza
da quei programmi, almeno di quelli basilari, delle conoscenze
storiche e geografiche.
L'esercizio
fondamentale della democrazia, cioè il voto, un diritto
riconosciuto a tutti i cittadini maggiorenni, acquista così
un carattere che definire bizzarro è decisamente
un understatement. Non a caso un intellettuale profondamente
“politico” come Giuseppe Prezzolini aveva scelto
di non partecipare alle elezioni. Non posso votare, diceva,
se la mia scelta vale come quella dell'ultimo ignorante.
Mentre prendiamo atto del fatto che qualcosa sembra muoversi
ai piani alti del sistema educativo, e auguriamoci che stavolta
non si tratti di vane ombre, non possiamo non sottolineare
che il discorso aperto dallo sfogo di Prezzolini porterebbe
molto lontano.
In
ogni caso, come diceva Winston Churchill, il sistema democratico
è vistosamente imperfetto, ma questo non toglie che
sia migliore di tutti gli altri. É indubbiamente
meglio far votare tutti che non far votare nessuno o far
votare soltanto chi ha il privilegio del censo, o addirittura
trasformare le elezioni in plebisciti privi di ogni reale
possibilità di scelta. Questo specifico problema
si trasforma dunque in un validissimo argomento per restituire
agli italiani una memoria storica, un'identità nella
quale possano riconoscersi, un temperamento da cittadini
con le idee chiare, che siano in grado di orientare le proprie
scelte sulla base di un solido apparato cognitivo.
Alfredo Venturi
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