Dalla
Mesopotamia sumerica a Roma antica, dal Medioevo al libro
tascabile e agli e-books: una breve storia della lettura
attraverso i secoli. Un effetto positivo del lockdown:
aumentato il consumo di libri, soprattutto digitali
La
lettura e la scrittura sono le prime e fondamentali attività
pratiche e di pensiero che accompagnano l’esperienza
scolastica dei nostri ragazzi. Se si è abbastanza
concordi nel datare la nascita della scrittura presso la
civiltà sumera in Mesopotamia intorno al 3000 a.C.,
altrettanto non si può dire della lettura, la cui
data d’origine è ancora avvolta nella nebbia.
Di sicuro presso i greci e i romani era un’attività
lenta e veniva effettuata in piedi e ad alta voce: il testo,
composto da un ordine scritto in due colonne e senza separazione
tra parole era accompagnato da una trama sonora, da gesti
e movimenti del corpo. Una notevole trasformazione si ebbe
a partire dal terzo secolo d.C. con la sostituzione del
libro a forma di rotolo con quello in forma di codice che
permetteva di essere sfogliato, letto e conservato più
facilmente.
Nel
mondo cristiano la lettura canora venne accompagnata dapprima
con quella silenziosa fino ad essere completamente soppiantata.
Ciò privò il testo della voce, ma lo arricchì,
in particolar modo nei conventi medioevali, con la ruminatio,
un mormorio, un borbottio a bassa voce che, abolendo la
mediazione, favoriva un incontro diretto del lettore con
il codice.
L’avvento
e la repentina diffusione delle università, a partire
dal XII secolo, richiesero un numero sempre più elevato
di testi tali da essere facilmente consultabili e leggibili
da più persone. La lettura, praticata in apposite
biblioteche, divenne pratica, rapida e silenziosa. Nei secoli
successivi la lettura, che nel frattempo aveva acquisito
nuovi estimatori, pian piano assunse la forma di un’attività
personale, si interiorizzò, abbandonò i luoghi
religiosi divenendo laica e sensibile al diletto.
Il
rapporto tra libro e lettore cambiò soprattutto durante
l’umanesimo ad opera del veneziano Aldo Manuzio che
insieme a notevoli innovazioni tipografiche introdusse il
“libro tascabile”, decisamente più accattivante
e maneggevole.
Un
proverbio arabo vede nel libro “un giardino che puoi
custodire in tasca”. E come tutti i giardini evoca
un luogo bello, tranquillo che è piacevole frequentare
per ricercare la pace e la serenità. Ma, come tutti
i giardini, necessita dell’intervento personale per
essere accudito. Ci sono anche coloro a cui non piacciono
i giardini accampando svariate motivazioni: mancanza di
tempo, problemi di vista legati all’età, oppure
la spiacevole sensazione, che accompagna la lettura, di
doversi impegnare o addirittura di dover studiare.
Un’inversione
di tendenza si è avuta proprio durante il lungo periodo
di lockdown, così come testimoniato dai risultati
di tre indagini presentate proprio in questi giorni da BookCity
Milano, Intesa Sanpaolo e Associazione Italiana Editori.
I dati AIE registrano un incremento nella vendita di libri
del +16% nel 2021 rispetto all’anno precedente. Risultato
molto positivo che conferma il sesto posto dell’editoria
italiana nel mondo dopo Usa, Cina, Germania, UK e Francia
ed il quarto in Europa.
Il
digitale, visto i dati, ha giocato un ruolo non marginale
permettendo di allargare la platea a nuovi fruitori ed offrendo
la possibilità, a numerosi utenti, di poter sperimentare
strade poco conosciute e di familiarizzare con formati editoriali
innovativi quali podcast, audiolibri ed ebook. Se la loro
vendita è riuscita a compensare il calo di fatturato
dell’editoria classica, tuttavia non ha pienamente
soppiantato il libro cartaceo.
Interessanti
a riguardo sono le strategie adottate per una maggiore diffusione
del libro digitale, quali l’introduzione di una sorta
di all you can read, un particolare tipo di abbonamento,
simile a quello di Netfix per il cinema o di Spotify per
la musica, che permette, pagando una tariffa flat, di leggere
tutto quello che si vuole. Anche l’immissione sul
mercato di nuovi ebook reader sembra andar incontro alle
esigenze dei più riottosi alla lettura digitale quali,
per esempio, gli studiosi e gli appassionati di saggistica.
E’ questo il caso del Kobo Sage che abbinandosi ad
una penna permette di studiare ed annotare, senza necessitare
di implementare la lettura con un tablet o un computer,
e di sincronizzare i contenuti su applicazioni di cloud
storage quali Dropbox.
A
quanto pare, tutto sembra muoversi per attirare e potenziare
le esperienze di lettura, nella speranza che, fatto tesoro
di quanto appreso a scuola, la quantità si accompagni
con la qualità.
Clemente Porreca
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