Che
i cori razzisti facciano ormai parte del tifo sportivo
è ormai una triste realtà negli stadi italiani.
Ma queste abitudini, che sarebbe assurdo liquidare come
puro e semplice folklore, dilagano anche nella società
multietnica degli Stati Uniti
C'è
chi alza le spalle parlando di puro e semplice folklore,
sia pure associato a una buona dose di stupidità,
ma la questione è molto più complessa e pericolosa,
indice di pulsioni istintive che possono facilmente portare
alla violenza. Parliamo delle urla e dei cori razzisti che
periodicamente esplodono negli stadi quando a toccar palla
sono atleti etnicamente diversi. Fenomeno tipicamente italiano?
Non proprio e non soltanto: prediamo per esempio un reportage
comparso sull'autorevole quotidiano americano Los Angeles
Times. Vi si parla dei frequenti episodi di razzismo che
si registrano nelle manifestazioni sportive, in particolare
fra squadre scolastiche di basket, baseball o football della
Orange County, la contea nella parte meridionale della California
che comprende le città di Anaheim e Santa Ana.
Si
tratta di un'area abitata da una popolazione etnicamente
mista che comprende diverse comunità: bianchi, ispanici,
afroamericani, americani di origine asiatica. Ebbene, nonostante
questa convivenza ormai consolidata, tipica della società
californiana, negli stadi e nelle arene sportive della contea
il razzismo da qualche tempo è all'ordine del giorno.
Si tratta spesso di veri e propri insulti, che non esitano
a chiamare in causa l'esperienza dello schiavismo. Eccone
un esempio, “Dov'é il tuo padrone? Chi ti ha
sciolto le catene? Chi ti ha fatto uscire dalla gabbia?
Sei una scimmia!” Queste le piacevolezze che è
stato possibile udire durante una partita di basket fra
squadre scolastiche a Irvine, quando un giocatore afro-americano
si apprestava ai tiri liberi.
Nessuno
ha protestato, un altro tifoso ha al contrario incoraggiato
lo spettatore che aveva urlato questi insulti. Soltanto
dopo che la madre del giocatore offeso aveva postato sui
social il video dell'episodio i responsabili della squadra
di basket e i dirigenti della scuola di Laguna Hills, cui
appartenevano i due tifosi razzisti, hanno preso posizione
condannando l'episodio come “inaccettabile”
e precisando ovviamente che simili manifestazioni non fanno
parte della tradizione della scuola.
Ma
nella maggior parte dei casi, fa notare il Los Angeles Times,
queste esplosioni di razzismo e stupidità passano
sotto silenzio, come se fossero tacitamente accettate quale
elemento del gioco. Purtroppo hanno conseguenze psicologiche
spesso assai gravi, creando un clima di tensione fra le
comunità che proprio non si addice a una società
etnicamente mista come quella che popola la California.
a. v.
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