Dopo
la lunga privazione della socialità implicita nella
vita in classe, la reintroduzione delle prove scritte
alla maturità ha suscitato un'aspra polemica. Il
timore di non essere all'altezza: eppure i nostri ragazzi
sono abituati da sempre alla tastiera
Il
primo giorno il tema di italiano, a seguire prove scritte
diverse a seconda del tipo di scuola: latino o greco per
il classico, matematica per lo scientifico e così
via, Dopo la lunga esperienza della didattica a distanza,
e dopo l'esperienza sospesa della socialità in classe,
l'esame di maturità torna a indossare la sua veste
tradizionale. Ma la reintroduzione delle prove scritte ha
suscitato un'aspra polemica, un coro di proteste comprensibilmente
legate al fatto che la preparazione complessiva ha risentito
delle misure restrittive legate alla pandemia.
In
altre parole dopo la dad e il lockdown i ragazzi si aspettavano
un sentiero facilitato verso la maturità, altrimenti
molti di loro temono di non farcela. La protesta ha dato
vita a ripetute e affollate manifestazioni di piazza, in
molti, troppi casi la polizia è intervenuta pesantemente
per sciogliere i raduni, addebitandone a “frange di
provocatori” la presunta deriva violenta. Problemi
di ordine pubblico che una accorta gestione della piazza
avrebbe potuto facilmente evitare o contenere.
Per
la parte di sua competenza, il ministero dell'istruzione
università e ricerca risponde nel merito della questione
che bisogna pur chiudere la brutta stagione che abbiamo
alle spalle e tornare finalmente alla normalità.
Una normalità che sembra resuscitare lo spettro antico
della maturità, vero e proprio spauracchio per intere
generazioni di studenti, e già di molto ridimensionata
negli anni più recenti. Proprio per evitare il ritorno
al rigore di una volta molti vorrebbero che anche la prova
finale del ciclo di studi si svolgesse all'insegna dell'emergenza.
É
un dialogo fra sordi, eppure ci sono valide ragioni per
sostenere che certi timori non sono fondati come possono
apparire a prima vista. Scriveva Umberto Eco in un suo celebre
saggio che molti laureandi, al momento di affrontare la
tesi, riprendono in mano la penna che avevano usato quattro
o cinque anni prima, nei giorni della maturità appunto.
Poi più nulla, nessuna elaborazione di testi, se
non per decisione dei singoli, nella maggior parte dei corsi
di laurea.
Oggi
la situazione è completamente mutata. Non è
più tempo di penne ma di tastiera: ebbene se c'è
uno strumento familiare ai nostri ragazzi è proprio
la tastiera. Non hanno mai scritto tanto, anche se evidentemente
non si sono mai cimentati, su WhatsApp o sulla posta elettronica,
con i temi tipici della prova d'italiano alla maturità.
La loro familiarità con la scrittura stringata ed
essenziale che si usa nel mondo digitale dovrebbe comunque
aiutarli a superare ogni timore.
f. s.
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