FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO- 2022

 

Dopo la lunga privazione della socialità implicita nella vita in classe, la reintroduzione delle prove scritte alla maturità ha suscitato un'aspra polemica. Il timore di non essere all'altezza: eppure i nostri ragazzi sono abituati da sempre alla tastiera

 

Il primo giorno il tema di italiano, a seguire prove scritte diverse a seconda del tipo di scuola: latino o greco per il classico, matematica per lo scientifico e così via, Dopo la lunga esperienza della didattica a distanza, e dopo l'esperienza sospesa della socialità in classe, l'esame di maturità torna a indossare la sua veste tradizionale. Ma la reintroduzione delle prove scritte ha suscitato un'aspra polemica, un coro di proteste comprensibilmente legate al fatto che la preparazione complessiva ha risentito delle misure restrittive legate alla pandemia.

In altre parole dopo la dad e il lockdown i ragazzi si aspettavano un sentiero facilitato verso la maturità, altrimenti molti di loro temono di non farcela. La protesta ha dato vita a ripetute e affollate manifestazioni di piazza, in molti, troppi casi la polizia è intervenuta pesantemente per sciogliere i raduni, addebitandone a “frange di provocatori” la presunta deriva violenta. Problemi di ordine pubblico che una accorta gestione della piazza avrebbe potuto facilmente evitare o contenere.

Per la parte di sua competenza, il ministero dell'istruzione università e ricerca risponde nel merito della questione che bisogna pur chiudere la brutta stagione che abbiamo alle spalle e tornare finalmente alla normalità. Una normalità che sembra resuscitare lo spettro antico della maturità, vero e proprio spauracchio per intere generazioni di studenti, e già di molto ridimensionata negli anni più recenti. Proprio per evitare il ritorno al rigore di una volta molti vorrebbero che anche la prova finale del ciclo di studi si svolgesse all'insegna dell'emergenza.

É un dialogo fra sordi, eppure ci sono valide ragioni per sostenere che certi timori non sono fondati come possono apparire a prima vista. Scriveva Umberto Eco in un suo celebre saggio che molti laureandi, al momento di affrontare la tesi, riprendono in mano la penna che avevano usato quattro o cinque anni prima, nei giorni della maturità appunto. Poi più nulla, nessuna elaborazione di testi, se non per decisione dei singoli, nella maggior parte dei corsi di laurea.

Oggi la situazione è completamente mutata. Non è più tempo di penne ma di tastiera: ebbene se c'è uno strumento familiare ai nostri ragazzi è proprio la tastiera. Non hanno mai scritto tanto, anche se evidentemente non si sono mai cimentati, su WhatsApp o sulla posta elettronica, con i temi tipici della prova d'italiano alla maturità. La loro familiarità con la scrittura stringata ed essenziale che si usa nel mondo digitale dovrebbe comunque aiutarli a superare ogni timore.

 

                                       f. s.

 

 


                                           

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