L'esperienza
della pandemia, a cominciare dalla mancata scuola in presenza,
ha peggiorato una situazione già precaria, che
penalizzava un sistema gravato dalle diseguaglianze interne
e dall'insoddisfacente collocazione nelle graduatorie
internazionali
Secondo
i risultati dell'ultima indagine INVALSI, pubblicati nel
luglio dello scorso anno, gli studenti della scuola secondaria
registrano una perdita consistente dell'apprendimento dell'italiano
e della matematica rispetto al dato precedente del 2019.
Il fenomeno è evidentemente legato al vistosissimo
calo della scuola in presenza determinato dalle misure di
contenimento della pandemia. Ancora una volta il peggioramento
della situazione si registra negli alunni provenienti da
contesti svantaggiati, nei quali non è stato possibile
compensare nemmeno parzialmente gli svantaggi della didattica
a distanza con un'adeguata assistenza familiare. Per quanto
riguarda il rendimento per la lingua inglese la situazione
è lievemente migliore, nel senso che non si registrano
vistosi rallentamenti, ma ancora lontana da un livello soddisfacente,
e soprattutto gravata da sensibili differenze territoriali.
Non soltanto fra Nord e Sud, ma anche all'interno delle
singole macro-aree.
Più
attenuato il fenomeno nella scuola primaria, ma anche qui
con un sensibile rapporto, all'insegna della diseguaglianza,
fra i risultati dell'apprendimento e da provenienza familiare
e sociale degli studenti. Lo studio INVALSI 2021 è
stato condotto su oltre due milioni di alunni dei gradi
2, 5, 8 e 13: cioè la seconda e la quinta classe
della primaria, la terza della secondaria di primo grado
(la “terza media” di una volta) e la quinta
della secondaria di secondo grado, cioè la classe
terminale del ciclo di studi. Il quadro complessivo che
ne emerge è quello di un sistema che stava faticosamente
recuperando sia sulle disuguaglianze interne, sia sul deficit
in rapporto ai valori medi internazionali, fino a quando
le conseguenze delle misure di contenimento della pandemia
hanno provocato una brusca battuta d'arresto.
Quanto
alla comparazione internazionale, l'indagine PISA (Programme
for International Student Assessment) dell'OCSE, che normalmente
si svolge ogni tre anni e avrebbe dovuto farsi nel 2021,
a causa della pandemia è stata rinviata a quest'anno.
Riguarda i quindicenni di un'ottantina di Paesi e le loro
potenzialità misurate attraverso l'analisi delle
competenze linguistiche, matematiche e scientifiche. Finora
l'indagine PISA ha registrato una posizione del sistema
educativo italiano tutt'altro che soddisfacente nel confronto
internazionale. Nell'ultima edizione i nostri ragazzi si
sono qualificati al di sotto della media: con 476 punti
in capacità di lettura, 487 in matematica e 468 in
scienze, contro i valori medi complessivi rispettivamente
di 487, 489 e 489 punti.
Ora
si attendono gli esiti dell'edizione 2022, con la facile
previsione che la didattica a distanza avrà peggiorato
la situazione, non soltanto in senso assoluto ma anche relativamente
al confronto internazionale. É vero infatti che la
pandemia ha colpito dappertutto e più o meno omogenee
sono state le misure ci contenimento, ma è prevedibile
che gli effetti delle condizioni disagiate di provenienza
degli studenti, che hanno peggiorato gli effetti della mancata
scuola in presenza, siano mediamente più significativi
nel nostro Paese.
Da
tutto questo emerge la necessità che la scuola italiana
affronti con impegno assolutamente prioritario il grande
problema delle diseguaglianza. Si è sempre detto
che il divario sociale deve restare fuori dall'aula scolastica:
ebbene si dia forza a questa missione, perché è
proprio in classe che la dignità del singolo deve
avere il sopravvento sulle differenze indotte dalle diverse
provenienze familiari e sociali. É un'impresa da
far tremare le vene e i polsi, ma non per questo il mondo
della scuola può tirarsi indietro.
r. f. l.
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