FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO- 2021

 

L'esperienza della pandemia ci fa vedere le cose con occhi diversi. Dopo Copernico, Darwin e Freud, stiamo vivendo una quarta rivoluzione, nella quale processi e oggetti si sono per così dire smaterializzati. Il ruolo centrale dell'informazione per aiutarci a decodificare la nuova realtà

 

Il periodo di emergenza che stiamo vivendo ha avuto la capacità di modificare sensibilmente non solo il mondo che ci circonda ma noi stessi e le interazioni sia personali che relazionali. Spazio e tempo hanno subito trasformazioni non indifferenti, con la diretta conseguenza di far implodere drasticamente la dimensione privata con quella pubblica. Lo stretto rapporto esistente fra forma e funzione si è disciolto come neve al sole e dal funzionalismo si è stati catapultati a quello dei funzionoidi, in cui gli oggetti hanno perso la loro funzione specifica acquisendone tante quante sono le necessità di colui che li utilizza.

Dopo il lungo periodo di lockdown non siamo più in grado di percepire oggetti e ambienti, anche familiari, con gli stessi occhi di prima. Molto probabilmente stiamo vivendo un mutamento antropologico importante capace di modificare la percezione che abbiamo delle cose che ci circondano, rivalutandole e adattandole alle nostre molteplici e complesse esigenze, in molti casi impensabili e a cui non eravamo preparati. E, nello stesso tempo, gli esperti del settore sono invitati ad aprire nuove vie, nuovi orizzonti, sono sollecitati a immaginare come organizzare gli spazi domestici e gli arredi in modo più funzionale e lungimirante, ad impiegare la loro professionalità e creatività per adattarle a rispondere ai nuovi bisogni.

Un esempio eclatante è quello offerto dall'architetto e designer italiano Ferruccio Laviani, che ha proposto per l'allestimento di una vetrina di un negozio un tavolo allungabile in cui, per esprimere il concetto di versatilità, a capotavola ha posizionato un laptop e all'opposto ha apparecchiato per il pranzo. Funzionali diventano anche i complementi su ruote, tavolini, divani, contenitori, che permettono di modificare facilmente e velocemente la disposizione dell'arredo e trasformare gli ambienti; accorgimento originale sono i separé che consentono di ottimizzare gli spazi e creare angoli appartati. Interessante è anche l’impiego di punti luce dislocati negli ambienti, per poterli accendere o spegnere a seconda delle necessità, il lampadario centrale ha lasciato spazio ad un concetto di illuminazione capace di seguirci nei nostri movimenti e che si adatta alle nostre attività.

Grande attenzione è rivolta alla valorizzazione degli spazi esterni, balconi o terrazze, importanti luoghi di sfogo e apertura verso l'esterno, capaci di alleggerire la nostra permanenza in casa. Strutturare meglio la nostra vita passa anche tramite la rimodulazione dei luoghi e degli ambienti in cui si vive, perché se non riusciamo ancora a controllare e dominare completamente la natura, possiamo quantomeno ingegnarci per renderli sempre più confacenti alle nostre esigenze. Anche le nuove tecnologie e i canali di comunicazione attualmente disponibili, se da un lato si sono palesati come ottimi alleati per fronteggiare la distanza fisica, basti pensare alla DaD e allo smartworking, dall’altro canto ci hanno ulteriormente palesato l’immagine di una realtà che prolifera intorno a noi con tutte le trasformazioni ad esse associate, le quali necessitano di essere comprese anche a scapito di linguaggi e paradigmi ormai cristallizzati.

Oggi l’uomo si trova a vivere in uno scenario inedito in cui le dimensioni online e offline non sono più rigidamente separate, così come non vi è una supremazia o una maggiore autenticità nell’esperienza dell’una a scapito dell’altra. Si vive in un perenne onlife, non esiste più vita al di fuori di una connessione digitale. Secondo il filosofo Luciano Floridi, le ICT (Information and Communication Technology) aumentando in modo esponenziale la propria crescita sono in grado di esercitare un forte impatto sulla nostra vita, rendendoci inforg, ovvero “organismi informazionali interconnessi”. Non si è più entità parzialmente isolate ma organismi naturali che condividono con agenti artificiali un ambiente globale costituito da informazioni. Quello che stiamo vivendo, per Floridi, è la quarta rivoluzione. Se la prima, quella copernicana, ha avuto come esito l’aver decentrato e scalzato l’uomo da una visione antropocentrica dell’universo; la seconda, quella darwiniana, ha decentrato l’uomo dalla natura riducendolo al pari di un animale, privandolo della centralità biologica ed inserendolo nel processo di evoluzione caratterizzato dalla selezione naturale; la terza, quella freudiana, ha operato una decentralizzazione dell’uomo rispetto a se stesso con relativa perdita di integrità da parte della persona e della sua supremazia cognitiva, dividendola tra conscio e inconscio.

La quarta rivoluzione ha avuto inizio negli anni ’50 ad opera di Alan Turing e il computer: i processi e gli oggetti hanno perso la propria connotazione fisica diventando indipendenti dal loro supporto materiale. Nell’infosfera le tecnologie non si presentano più come semplici strumenti con i quali si interagisce con il mondo circostante, ma sono divenute forze ambientali, antropologiche, sociali e interpretative. La vera domanda non è come le nuove tecnologie ci stanno cambiando, ma come noi cambiamo attraverso le nuove tecnologie. Esse hanno la capacità di plasmare la nostra realtà sia fisica che intellettuale, di influenzare la nostra autopercezione e il modo in cui ci relazioniamo con gli altri e con noi stessi. Tutto questo avviene in modo profondo e invadente.

In tale contesto un ruolo centrale deve essere assunto proprio dalla filosofia dell’informazione, capace di impiegare nuovi linguaggi e ricercare definizioni utili a confrontarci con un mondo in costante trasformazione. Ad essa il ruolo di anticipare e indirizzare i risvolti etici che le ICT producono su di noi e sul nostro ambiente e di tracciare il quadro concettuale corretto entro il quale poter semantizzare, dotare di significato e capire la nostra articolata situazione attuale. Questo perché, seguendo Russell, non è possibile distinguere tra problemi filosofici e domande filosofiche, essendo le ultime solo espressioni linguistiche dei primi. Viene così a vanificarsi la distinzione tra soluzioni e risposte filosofiche.

Se in tale contesto è possibile operare l’incontro tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, ecco che la bellezza, per dirla con Platone, è mescolare in giuste proporzioni finito ed infinito.

                                       Clemente Porreca

 

 


                                           

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