L'esperienza
della pandemia ci fa vedere le cose con occhi diversi.
Dopo Copernico, Darwin e Freud, stiamo vivendo una quarta
rivoluzione, nella quale processi e oggetti si sono per
così dire smaterializzati. Il ruolo centrale dell'informazione
per aiutarci a decodificare la nuova realtà
Il
periodo di emergenza che stiamo vivendo ha avuto la capacità
di modificare sensibilmente non solo il mondo che ci circonda
ma noi stessi e le interazioni sia personali che relazionali.
Spazio e tempo hanno subito trasformazioni non indifferenti,
con la diretta conseguenza di far implodere drasticamente
la dimensione privata con quella pubblica. Lo stretto rapporto
esistente fra forma e funzione si è disciolto come
neve al sole e dal funzionalismo si è stati catapultati
a quello dei funzionoidi, in cui gli oggetti hanno perso
la loro funzione specifica acquisendone tante quante sono
le necessità di colui che li utilizza.
Dopo
il lungo periodo di lockdown non siamo più in grado
di percepire oggetti e ambienti, anche familiari, con gli
stessi occhi di prima. Molto probabilmente stiamo vivendo
un mutamento antropologico importante capace di modificare
la percezione che abbiamo delle cose che ci circondano,
rivalutandole e adattandole alle nostre molteplici e complesse
esigenze, in molti casi impensabili e a cui non eravamo
preparati. E, nello stesso tempo, gli esperti del settore
sono invitati ad aprire nuove vie, nuovi orizzonti, sono
sollecitati a immaginare come organizzare gli spazi domestici
e gli arredi in modo più funzionale e lungimirante,
ad impiegare la loro professionalità e creatività
per adattarle a rispondere ai nuovi bisogni.
Un
esempio eclatante è quello offerto dall'architetto
e designer italiano Ferruccio Laviani, che ha proposto per
l'allestimento di una vetrina di un negozio un tavolo allungabile
in cui, per esprimere il concetto di versatilità,
a capotavola ha posizionato un laptop e all'opposto ha apparecchiato
per il pranzo. Funzionali diventano anche i complementi
su ruote, tavolini, divani, contenitori, che permettono
di modificare facilmente e velocemente la disposizione dell'arredo
e trasformare gli ambienti; accorgimento originale sono
i separé che consentono di ottimizzare gli spazi
e creare angoli appartati. Interessante è anche l’impiego
di punti luce dislocati negli ambienti, per poterli accendere
o spegnere a seconda delle necessità, il lampadario
centrale ha lasciato spazio ad un concetto di illuminazione
capace di seguirci nei nostri movimenti e che si adatta
alle nostre attività.
Grande
attenzione è rivolta alla valorizzazione degli spazi
esterni, balconi o terrazze, importanti luoghi di sfogo
e apertura verso l'esterno, capaci di alleggerire la nostra
permanenza in casa. Strutturare meglio la nostra vita passa
anche tramite la rimodulazione dei luoghi e degli ambienti
in cui si vive, perché se non riusciamo ancora a
controllare e dominare completamente la natura, possiamo
quantomeno ingegnarci per renderli sempre più confacenti
alle nostre esigenze. Anche le nuove tecnologie e i canali
di comunicazione attualmente disponibili, se da un lato
si sono palesati come ottimi alleati per fronteggiare la
distanza fisica, basti pensare alla DaD e allo smartworking,
dall’altro canto ci hanno ulteriormente palesato l’immagine
di una realtà che prolifera intorno a noi con tutte
le trasformazioni ad esse associate, le quali necessitano
di essere comprese anche a scapito di linguaggi e paradigmi
ormai cristallizzati.
Oggi
l’uomo si trova a vivere in uno scenario inedito in
cui le dimensioni online e offline non sono più rigidamente
separate, così come non vi è una supremazia
o una maggiore autenticità nell’esperienza
dell’una a scapito dell’altra. Si vive in un
perenne onlife, non esiste più vita al di fuori di
una connessione digitale. Secondo il filosofo Luciano Floridi,
le ICT (Information and Communication Technology) aumentando
in modo esponenziale la propria crescita sono in grado di
esercitare un forte impatto sulla nostra vita, rendendoci
inforg, ovvero “organismi informazionali interconnessi”.
Non si è più entità parzialmente isolate
ma organismi naturali che condividono con agenti artificiali
un ambiente globale costituito da informazioni. Quello che
stiamo vivendo, per Floridi, è la quarta rivoluzione.
Se la prima, quella copernicana, ha avuto come esito l’aver
decentrato e scalzato l’uomo da una visione antropocentrica
dell’universo; la seconda, quella darwiniana, ha decentrato
l’uomo dalla natura riducendolo al pari di un animale,
privandolo della centralità biologica ed inserendolo
nel processo di evoluzione caratterizzato dalla selezione
naturale; la terza, quella freudiana, ha operato una decentralizzazione
dell’uomo rispetto a se stesso con relativa perdita
di integrità da parte della persona e della sua supremazia
cognitiva, dividendola tra conscio e inconscio.
La
quarta rivoluzione ha avuto inizio negli anni ’50
ad opera di Alan Turing e il computer: i processi e gli
oggetti hanno perso la propria connotazione fisica diventando
indipendenti dal loro supporto materiale. Nell’infosfera
le tecnologie non si presentano più come semplici
strumenti con i quali si interagisce con il mondo circostante,
ma sono divenute forze ambientali, antropologiche, sociali
e interpretative. La vera domanda non è come le nuove
tecnologie ci stanno cambiando, ma come noi cambiamo attraverso
le nuove tecnologie. Esse hanno la capacità di plasmare
la nostra realtà sia fisica che intellettuale, di
influenzare la nostra autopercezione e il modo in cui ci
relazioniamo con gli altri e con noi stessi. Tutto questo
avviene in modo profondo e invadente.
In
tale contesto un ruolo centrale deve essere assunto proprio
dalla filosofia dell’informazione, capace di impiegare
nuovi linguaggi e ricercare definizioni utili a confrontarci
con un mondo in costante trasformazione. Ad essa il ruolo
di anticipare e indirizzare i risvolti etici che le ICT
producono su di noi e sul nostro ambiente e di tracciare
il quadro concettuale corretto entro il quale poter semantizzare,
dotare di significato e capire la nostra articolata situazione
attuale. Questo perché, seguendo Russell, non è
possibile distinguere tra problemi filosofici e domande
filosofiche, essendo le ultime solo espressioni linguistiche
dei primi. Viene così a vanificarsi la distinzione
tra soluzioni e risposte filosofiche.
Se
in tale contesto è possibile operare l’incontro
tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, ecco
che la bellezza, per dirla con Platone, è mescolare
in giuste proporzioni finito ed infinito.
Clemente Porreca
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