É
una vera e propria emorragia finanziaria, come se non
bastasse la perdita in fatto di valori umani e sociali
– L'esodo di tanti giovani ha un impatto pesantissimo:
quattordici miliardi di euro l'anno, quasi un punto percentuale
del prodotto interno lordo, secondo la stima dell'ex ministro
Tria – Un danno per il nostro Paese, un dono per
il Paese di destinazione
Secondo
Giovanni Tria, che fu titolare del ministero dell'economia
nel primo governo Conte, l'auto-esilio di tanti giovani
in cerca di lavoro all'estero ci costa quattordici miliardi
di euro l'anno. É una cifra imponente, corrisponde
a poco meno di un punto percentuale del prodotto interno
lordo. Si tenga presente che con gli attuali chiari di luna
l'incremento annuale del pil, che dovrebbe procedere a ritmo
sostenuto se si vuol portare il Paese fuori dalle secche
di una congiuntura avversa, si misura non in punti, ma in
decimi di punto. Il costo del fenomeno ha dunque dimensioni
decisamente macroeconomiche. In pratica si tratta di un
impoverimento crescente del sistema Italia, non soltanto
in termini umani e sociali, ma anche dal punto di vista
strettamente finanziario.
Secondo
le valutazioni di un altro ex-ministro, Lorenzo Fioramonti,
che fu titolare dell'istruzione nel secondo governo Conte
fino a quando, alla fine del 2019, si dimise per protesta
contro la scarsità dei fondi di bilancio destinati
al sistema scolastico, la fuga di ogni singolo laureato
corrisponde a una perdita secca di 250mila euro, che diventano
300mila se l'esule volontario ha proseguito la formazione
fino al dottorato. Ovviamente quello che è un danno
per l'Italia è al tempo stesso un dono per il Paese
di destinazione, che può servirsi di risorse umane
nelle quali non ha dovuto investire per portarle al livello
richiesto di competenza.
La
questione si pone dunque in termini molto concreti: non
abbiamo soltanto un debito immenso da ridimensionare, né
un deficit di bilancio da ridurre ai minimi termini. Ogni
rispettiva di risanamento del Paese passa attraverso la
riduzione di quest'altro imponente disavanzo. In altre parole
è necessario che le risorse impiegate per formare
i nostri giovani abbiano ricadute professionali all'interno
del nostro sistema economico. Se questo non è possibile
o non è sufficiente, il disavanzo può essere
ridotto anche compensando parte delle fughe con l'impiego
in Italia di personale qualificato proveniente dall'estero.
Nel
mondo globalizzato dalle frontiere aperte, e in particolare
all'interno dell'Unione Europea, una certa dose di scambi
professionali può essere vivificante e corrisponde
perfettamente allo spirito del tempo. Per questo si cerca,
come riferiamo in altra parte di questo Foglio Lapis, d'incoraggiare
con incentivi sia i rientro degli italiani all'estero, sia
l'arrivo di stranieri in Italia. Ma perché questo
meccanismo produca gli effetti auspicati è necessario
che il sistema Italia funzioni un po' meglio. Il gatto si
morde la coda: per funzionare meglio il sistema ha bisogno
di recuperare competenze. Ma questo recupero dipende proprio
dal buon funzionamento del sistema!
r. f. l.
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