FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO- 2020

 

É una vera e propria emorragia finanziaria, come se non bastasse la perdita in fatto di valori umani e sociali – L'esodo di tanti giovani ha un impatto pesantissimo: quattordici miliardi di euro l'anno, quasi un punto percentuale del prodotto interno lordo, secondo la stima dell'ex ministro Tria – Un danno per il nostro Paese, un dono per il Paese di destinazione

 

Secondo Giovanni Tria, che fu titolare del ministero dell'economia nel primo governo Conte, l'auto-esilio di tanti giovani in cerca di lavoro all'estero ci costa quattordici miliardi di euro l'anno. É una cifra imponente, corrisponde a poco meno di un punto percentuale del prodotto interno lordo. Si tenga presente che con gli attuali chiari di luna l'incremento annuale del pil, che dovrebbe procedere a ritmo sostenuto se si vuol portare il Paese fuori dalle secche di una congiuntura avversa, si misura non in punti, ma in decimi di punto. Il costo del fenomeno ha dunque dimensioni decisamente macroeconomiche. In pratica si tratta di un impoverimento crescente del sistema Italia, non soltanto in termini umani e sociali, ma anche dal punto di vista strettamente finanziario.

Secondo le valutazioni di un altro ex-ministro, Lorenzo Fioramonti, che fu titolare dell'istruzione nel secondo governo Conte fino a quando, alla fine del 2019, si dimise per protesta contro la scarsità dei fondi di bilancio destinati al sistema scolastico, la fuga di ogni singolo laureato corrisponde a una perdita secca di 250mila euro, che diventano 300mila se l'esule volontario ha proseguito la formazione fino al dottorato. Ovviamente quello che è un danno per l'Italia è al tempo stesso un dono per il Paese di destinazione, che può servirsi di risorse umane nelle quali non ha dovuto investire per portarle al livello richiesto di competenza.

La questione si pone dunque in termini molto concreti: non abbiamo soltanto un debito immenso da ridimensionare, né un deficit di bilancio da ridurre ai minimi termini. Ogni rispettiva di risanamento del Paese passa attraverso la riduzione di quest'altro imponente disavanzo. In altre parole è necessario che le risorse impiegate per formare i nostri giovani abbiano ricadute professionali all'interno del nostro sistema economico. Se questo non è possibile o non è sufficiente, il disavanzo può essere ridotto anche compensando parte delle fughe con l'impiego in Italia di personale qualificato proveniente dall'estero.

Nel mondo globalizzato dalle frontiere aperte, e in particolare all'interno dell'Unione Europea, una certa dose di scambi professionali può essere vivificante e corrisponde perfettamente allo spirito del tempo. Per questo si cerca, come riferiamo in altra parte di questo Foglio Lapis, d'incoraggiare con incentivi sia i rientro degli italiani all'estero, sia l'arrivo di stranieri in Italia. Ma perché questo meccanismo produca gli effetti auspicati è necessario che il sistema Italia funzioni un po' meglio. Il gatto si morde la coda: per funzionare meglio il sistema ha bisogno di recuperare competenze. Ma questo recupero dipende proprio dal buon funzionamento del sistema!

 

 

                                                                      r. f. l.           

 

 

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