Nonostante quello che comunemente si crede i genitori di oggi, soprattutto i padri, stanno più a lungo con i loro figli rispetto a quelli di mezzo secolo fa – Lo rivela uno studio realizzato in undici Paesi occidentali, che ha coinvolto più di 120 mila famiglie – Il fenomeno è particolarmente marcato per i genitori che hanno alle spalle un più lungo percorso di studi – Ma i congedi di paternità sono ancora malvisti negli uffici e nelle aziende
Vita mordi e fuggi, lavori che occupano gran parte della giornata e rete sociale continuamente presente su smartphone e altri dispositivi di accesso ai social network: il ritratto di una società nella quale ci si immagina che i genitori trascorrano poco tempo con i figli e abbiano poca attenzione da dedicargli.
Non è ciò che emerge dallo studio riportato sulla più famosa rivista di psicologia tedesca: Psychologie Heute.
I genitori oggi trascorrono molto più tempo con i propri bambini rispetto a cinquanta anni fa. Le mamme, che nel 1965 dedicavano circa 54 minuti al giorno ai propri figli, ne dedicano oggi in media 104. Il tempo che i padri trascorrono con la prole si è perfino quadruplicato: dai 16 minuti di media del 1965 ai 59 attuali.
Lo studio, condotto da Giulia Maria Dotti Sani e Judith Treas per l'università californiana di Irvine, ha compreso dati raccolti in undici Paesi occidentali con un totale di circa 122.300 madri e padri con figli minori di tredici anni nel 1965 e nel 2012. Le attività giornaliere sono state documentate tramite diari personali.
Sono i genitori laureati e in generale con un percorso di studi più lungo alle spalle, quelli che trascorrono più tempo con i propri figli. E' forse normale che a un titolo di studi superiore corrisponda un lavoro più flessibile, ma le autrici del sondaggio ci tengono a sottolineare come la tendenza sia sempre più quella di occuparsi personalmente dei bambini e di non affidarne la cura a tate o educatori, anche qualora ve ne fosse la possibilità a livello economico.
Effettivamente il dilemma tra bambini e carriera affligge molti genitori e in misura maggiore quelli di sesso maschile, secondo un sondaggio condotto dall'associazione britannica Working families. Soprattutto i padri giovani, quelli sotto ai 35 anni, sono disposti a rinunciare ad una parte del guadagno per lavorare qualche ora in meno. Il 47% di essi ritiene infatti più importante avere modo di passare più tempo con i propri figli. Per quanto riguarda le donne sotto i 35 anni, solo il 41% ha espresso questa preferenza.
Per i genitori oltre i 35 anni pare che il guadagno diventi una variabile più rilevante e che sia più difficile effettuare delle rinunce, ma ancora una volta sono gli uomini quelli che si dichiarano più disponibili in questo senso. Bisogna però tenere in considerazione come essi spesso abbiano uno stipendio più alto rispetto alle donne.
Dal 2015 nel Regno Unito, come in molti altri Paesi europei, i padri possono condividere con le madri quasi un anno di congedo per la nascita di un bambino. Peccato che la paternità, per la quale i singoli si dichiarano entusiasti, risulti non essere ancora molto tollerata da colleghi e aziende.
Un altro punto rilevante è senz'altro quello dell'utilizzo consapevole del tempo che si riesce a ricavare. Si vedono sempre più frequentemente situazioni agghiaccianti in cui i genitori sono, per esempio, a cena fuori con il figlio che durante tutta la durata del pasto sta incollato al telefono per chattare. Altre volte a questa attività si dedicano perfino i due adulti e il tavolo diventa una specie di oasi di incomunicabilità. Incomunicabilità che è sempre più presente nella vita famigliare, anche a causa del divario generazionale che con l'avanzamento tecnologico risponde a ritmi crescenti.
Sul quotidiano britannico The Guardian è stato recentemente proposto un lungo servizio dal titolo The power of talking sideways to children, “Il potere di dialogare trasversalmente con i figli”, in cui psicoanalisti e psicoterapeuti suggeriscono un metodo che si possa conciliare con i ritmi della vita attuale. Si consiglia di cercare degli spazi di dialogo inseriti “a latere” di attività quotidiane come lo sport, il tragitto verso la scuola o le attività casalinghe condivise, dal momento che uno spazio dedicato alla pura comunicazione pare risulti ormai insostenibile.
- Laura Venturi
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