La riforma ambiziosamente denominata “buona scuola” ha dimostrato, con il caotico avvio di questo anno scolastico, di aver bisogno di sostanziali ritocchi –La parte del riordino che si riferisce alle classi di età da zero a sei anni potrebbe portare quella ventata d'aria nuova che manca altrove – Si prospetta un sistema integrato che assicuri continuità con la scuola primaria, animato da educatrici con laurea triennale
Valeria Fedeli, che nel governo Gentiloni è a capo del nevralgico ministero dell'istruzione, ha ottenuto per decreto del consiglio dei ministri quasi tutte le deleghe relative all'attuazione della “buona scuola”, il progetto di riforma lanciato dal precedente governo Renzi. Ha davanti a sé una sfida da far tremare le vene e i polsi: neutralizzare per quanto possibile gli effetti negativi che l'impatto della riforma con la realtà della scuola ha impietosamente rivelato. In particolare il caotico avvio di questo anno scolastico, con quello che viene comunemente definito “valzer delle cattedre”, e la continuità didattica compromessa in troppi istituti.
Fra le deleghe decretate dal governo quella che si riferisce all'istituzione di un sistema integrato d'istruzione per i piccoli da zero a sei anni. É questo un tasto dolente nel nostro Paese, perché l'assistenza pedagogica ai più piccoli attraverso l'istituzione del “nido” è insufficiente soprattutto in alcune regioni. Se a Torino e in alcune città emiliane questo servizio copre una parte assai consistente della domanda potenziale, e se nell'insieme delle regioni centro-settentrionali la copertura, considerando insieme l'offerta pubblica e la privata, arriva al ventotto per cento, nel Mezzogiorno e nelle isole si ferma all'undici. L'obiettivo della riforma è piuttosto ambizioso: arrivare a coprire un terzo della domanda entro il 2020.
Ma non si tratta soltanto di aumentare la diffusione dei nidi, anche se questa diffusione è una parte considerata essenziale di una strategia che ormai da tempo s'impone, quella di combattere il calo delle nascite neutralizzando per quanto possibile il preoccupante invecchiamento della popolazione italiana. Bisogna anche migliorare la qualità dell'offerta: il nido non può essere soltanto un parcheggio dei bambini che lasci libertà lavorativa ai genitori, ma deve avere un forte contenuto educativo, che garantisca una transizione morbida dall'asilo alla scuola dell'infanzia e alla primaria. Per raggiungere un simile livello occorre personale qualificato, si pensa dunque a educatrici dotate di laurea triennale.
Questo non è che uno dei molti impegni che attendono la ministra Fedeli. Secondo la maggior parte degli addetti ai lavori, l'insieme della riforma va rivisto, per esempio per quanto riguarda il sistema di voto, o le bocciature nella primaria, o la definizione dell'insegnante di sostegno, o infine la formazione del personale docente della scuola secondaria, che nelle linee annunciate sembra piuttosto lontano da quella pratica assidua del tirocinio che la caratterizza in altri sistemi scolastici. Insomma la buona scuola è ancora molto, troppo lontana dal tener fede alla sua beneaugurante denominazione.
- r. f. l.
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