Come
ogni bomba che si rispetti, anche la bomba d'acqua può
essere risolutiva – Se per esempio fosse corretta la
tesi che identifica nel cambiamento climatico la causa di
quella crisi, sganciare acqua sulla Siria in fiamme
potrebbe spegnere l'incendio – All'ISIS di Arezzo si fa
teatro su una certa parola – A proposito di massacri
parigini, ce n'è uno accuratamente rimosso: correva
l'anno 1961...
- Vi
trascorriamo
- di
augurare buone feste
- e
di annare l’inizio
- nel
modo dei migliori:
- Buon
Natale!
- Se
invece uno è morto di colpo:
- Buon
Fatale!
- Questo
va bene
- anche
per le Fate, ovviamente…
- Macché
cristiani ebrei mussulmani!...
- Secondo
me, siamo tutti pagani.
- Io
di sicuro:
- non
faccio che pagare!...
P i o v a r à ? . . .
IS TERRIBLEST A WORD?
Presso gli istituti ISIS di Arezzo: “ISIS
Margaritone-Vasari-Orafi, ISIS Buonarroti-Fossombroni, ISIS
Enrico Fermi, Istituto Statale d’Istruzione Superiore (ISIS)
Giorgio Vasari”, per capirci qualcosa è stato inscenato
il dramma scespiriano: “Is terriblest a word?”. Questo il canovaccio:
“L’IS COME IL
FASCISMO”
UN ERRORE DA EVITARE
«Abbiamo
di fronte dei fascisti», ha detto qualche giorno fa il
laburista Hilary Benn alla Camera dei Comuni riferendosi
allo Stato Islamico. È stato un intervento stimolante, un
gradito richiamo all'opposizione che molte parte della
sinistra britannica manifestarono contro la politica dell'appeasement
(le concessioni a Hitler, ndt)
negli anni Trenta. Ma sotto il profilo storico il discorso
di Benn non regge. Paragonare l'Is a Franco, Mussolini e
Hitler ha contribuito a garantire al governo una robusta
maggioranza sulla risoluzione di bombardare obiettivi dei
jihadisti in Siria.
Ma
fin da quando Christopher Hitchens ha lanciato il termine
“islamofascismo”, dopo gli attacchi dell'undici
settembre, io sono contrario a questa analogia. Più ci
sforziamo di far rientrare le problematiche odierne nel
contesto della metà del ventesimo secolo, più non ci
accorgeremo che mentre il fascismo ebbe sempre struttura
gerarchica, l'islamismo ha la struttura di una rete. Mentre
il fascismo fece presa a livello nazionale, l'islamismo fa
presa a livello internazionale.
All'estremo
opposto è in voga la tesi secondo cui alla radice di tutti
i nostri guai ci sarebbe il “cambiamento climatico”. È
una tesi che, al pari di quella recentemente avallata dal
Principe di Galles, secondo cui le origini della guerra
civile siriana sono da ricondurre al riscaldamento globale,
alla siccità e all'esodo di contadini impoveriti dalle
campagne nelle città, invita a trarre conclusioni errate.
Ma c'è davvero qualcuno convinto che ridurre le emissioni
di CO2 sia la soluzione per impedire agli stati del Medio
Oriente di disintegrarsi?
Tentiamo
un approccio diverso, che sappia cogliere meglio contro cosa
combattiamo. Al termine di Delitto e Castigo di
Dostoevskij l'assassino nichilista Raskolnikov,
profondamente scosso, fa un sogno spaventoso: «Tutto
il mondo era condannato a esser vittima di una tremenda,
inaudita pestilenza, mai vista prima. Interi villaggi,
intere città e nazioni venivano infettate e cadevano in
preda alla pazzia. Tutti vivevano nell’ansia e non si
capivano a vicenda, gli uomini si uccidevano tra loro, presi
da una rabbia assurda e forsennata. Si preparavano a
combattersi con interi eserciti, ma gli eserciti, già in
marcia, a un tratto cominciavano a dilaniarsi da soli, le
file si scompaginavano, i guerrieri si slanciavano l’uno
contro l’altro, si infilzavano e si sgozzavano, si
mordevano e si divoravano tra loro. Nelle città le campane
suonavano a stormo tutto il giorno. Tutti e tutto andavano
in malora. La pestilenza aumentava e avanzava sempre più».
Questa
è la Siria di oggi - e non solo la Siria; anche l'Iraq, la
Libia, lo Yemen
e la Nigeria.A volte temo che sarà l'Europa di domani e
l'America di dopodomani.
Dostoevskij,
da conservatore russo, pensava che il liberalismo
occidentale fosse la piaga intellettuale che avrebbe fatto
impazzire la società.
Oggi però il problema è un doppio contagio:
l'estremismo islamico che trasforma tante città del mondo
in luoghi di mattanza, e il pseudoliberalismo, che
semplicemente si rifiuta di riconoscere questa minaccia. Non
illudiamoci che l'aggiunta dei bombardieri britannici ai
cieli già affollati sopra la Siria sconfigga l'Is, né
tantomeno porti la pace. E, in ogni caso, l'unico modo di
sconfiggere l'Is sarebbe schierare le forze speciali
americane su larga scala, un'opzione che il presidente Obama
si rifiuta persino di prendere in considerazione, anche
perché non ha idea di cosa fare dopo.
La
guerra civile siriana è un conflitto sconcertante tra
cinque fazioni, in cui sono intervenute almeno 15 potenze
straniere in tempi diversi da quando ha avuto inizio,
quattro anni fa. Siete
disorientati?
Ora
mettetevi nei panni di un pilota dell'aeronautica militare
britannica che sorvola quell'area.
A pensarci bene sarebbe più semplice dare la colpa
al cambiamento climatico e sganciare acqua.
A
confronto gli anni Trenta furono una passeggiata. Una volta
rinunciato all'appeasement, era chiaro chi era il
nemico e dove stava. Fu altrettanto semplice gestire il
problema dei nemici interni. In Gran Bretagna allo scoppio
della guerra decine di migliaia di tedeschi e di italiani
furono internati in campi improvvisati. In America furono
internati più di 100mila oriundi giapponesi, in maggioranza
cittadini americani. Oggi provvedimenti inumani del genere
sono inimmaginabili. Ma apparentemente si è passati
all'estremo opposto. Quanto è accaduto a San Bernardino, in
California, potrebbe configurarsi come l'ennesimo episodio
di “violenza sul posto di lavoro” - semplicemente un
nuovo esempio di “mass shooting”, le sparatorie di massa
per cui l'America è tristemente nota; l'ennesima
dimostrazione della necessità di limitare l'acquisto di
armi. Tutttavia, sembra più che una coincidenza il fatto
che la coppia avesse trascorso un periodo in Arabia Saudita,
fosse in contatto con almeno un individuo “oggetto di
indagine” da parte dell'Fbi, avesse espresso sostegno all'Is
e in casa avesse bombe. Non so perché, ma non li vedo
proprio come iscritti alla National Rifle Association. Dalla
Siria a San Bernardino, la piaga di Dostoevskij infuria. Ma
Hilary Benn pensa che stiamo combattendo i fascisti e Barack
Obama che i cattivi siano i repubblicani patiti di armi, per
non parlare dei negazionisti del cambiamento climatico. Mi
auguro che qualcuno parli dell'assurdità di tutto questo.
Nuvvoloni
Durante il “Viva Maria”, una delle insorgenze
antinapoleoniche scoppiate in Italia fra il 1799 e il 1800,
nel teatro della città di Arezzo, l’imperiale “Nous
voulons” fu refuso nell’espressione aretinesca
“Nuvvoloni” e rappresentato poi dagli istituti statali
d’istruzione superiore (ISIS) di Arezzo seguendo quella
fruttuosa idea, nata dall’Albero della Libertà piantato
dai francesi in Piazza Grande, come un binomio fantastico
gestito alla pari:
“LA PARIGI DEGLI
JIHADISTI E QUELLA DI PAPON
CHE NEL 1961 FACEVA
MASSACRARE GLI ARABI”
Con le parole guerra, jihad, banlieue, fanatismo,
la strage di Parigi del 13 novembre entra negli annali non
solo del 2015, ma del decennio.
Ma è anche la sensazione di paradíso perduto,
quello che ci ha colpito. L’umanità di Parigi, il
languore delle sue strade, dei baci in pubblico, dei libri e
della musica ovunque. I
parigini sono corsi a comprare Festa mobile di
Hemingway, antidoto ai kalashnikov; Céline Dion e Madonna
si sono cimentate, piangendo, nell'Hymne
à l'amour e nella Vie
en rose.
Essendo
mancati i grandi funerali che ci furono per Charlie Hebdo,
tantissimi in Italia sono andati a porgere le condoglianze
su un sito - Generazione Bataclan - in cui sono comparse,
per l'ammirevole e veloce lavoro del giornalista Paolo Brogi,
le foto, le brevi biografie, le vite davanti a sé di quella che è stata, davvero, la meglio
gioventù europea falciata dalla mitraglia all’inizio
della terza guerra mondiale. Di tutto il resto, sappiamo
ancora poco. Le fototessera degli altrettanto giovani
killer, un brandello di cintura esplosiva, le pastiglie di
Captagon, il «fallimento dei servizi segreti», la
resistibile ascesa del Front National. Discutiamo se tutto
ciò sia figlio di Arancia Meccanica o della Battaglia d’Algeri;
se questa sia solo la prima tappa di una cupa
islamizzazione a cui ci dovremo, prima o poi, sottomettere.
Una
strage così non era mai avvenuta in Europa, in tempo di
pace. È vero? No,
non è del tutto vero. Era il 17 ottobre 1961; dopo dieci
anni di guerra, ancora la Francia cercava di opporsi
all'indipendenza dell'Algeria. L’esercito francese aveva
preso il potere ad Algeri; l'OAS (Organisation
Armée Secrète), potente tra i coloni e i militari,
uccideva algerini a raffica, e voleva morto De Gaulle,
accusato di tradimento dell'Algerie
française. A Parigi il prefetto Maurice Papon
(un uomo che aveva organizzato la deportazione degli ebrei
di Bordeaux nel 1943) aveva imposto il coprifuoco dalle 5 di
sera alle 5 mattina per i mussulmani vietando loro anche
di muoversi per le strade in gruppi.
Come
prova di forza, il Fronte di Liberazione Nazionale algerino
che guidava la resistenza ordinò ai suoi membri parigini di
scendere in piazza. Contro gli algerini, la polizia parigina
intervenne con brutalità con i matraques
di acciaio, uccidendo e ferendo per una notte intera. Decine
e decine di immigrati arrestati, feriti, vennero buttati
nella Senna dal Pont Neuf. Tutte le fotografie vennero
requisite, i giornali vennero censurati e un comunicato
ufficiale parlò di «due manifestanti morti». Secondo lo
storico Jean Luc Einaudi – che poté pubblicare il frutto
delle sue difficilissime ricerche solo 30 anni dopo – i
morti di quella notte furono 393 (trecentonovantatre).
L’anno
dopo, con gli accordi di Evian, l'Algeria ottenne
l'indipendenza. Non so perché, ma nel parlare dei nostri
morti di oggi, mi è venuto in mente quel massacro
dimenticato – nelle stesse strade, davanti agli stessi
bistrot – che non entrò mai negli annali.
Ah!
Ça ira
La somiglianza tra l’aretino “Piovarà”
e il francese “Ah! Ça ira” è a dir poco sorprendente!
Il titolo e il tema della canzone furono ispirate dal
politico statunitense Benjamin Franklin, che durante la sua
permanenza a Parigi (1766-1785) per via dell’assemblea
delle 13 colonie, a chi gli chiedeva notizie sulla guerra
d’indipendenza, rispondeva: “Ça ira! Ça ira!”. Ça
ira divenne anche il titolo di una serie di 12 sonetti
di Giosuè Carducci del 1883 dedicati alla rivoluzione
francese:
- Ogni
francese s’eserciterà.
- Ah!
Si farà, si farà, si farà!...
P i o v a r à ?
Quando a una parola faccio fare tanto lavoro, la pago di più.
-
Filippo Nibbi
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