FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2016

 
 

Dopo gli eventi che hanno insanguinato Parigi la società francese s'interroga sulla natura di un sistema educativo ormai largamente multietnico – La reazione prevalente vede nella difesa del principio di laicità la condizione per garantire non solo una scuola libera e solidale ma anche uguale dignità per tutte le religioni – Invitati a dire la loro, ecco come gli allievi hanno illustrato la loro visione del mondo – Ma c'è anche chi ha voltato le spalle

 

Come hanno reagito le scolaresche francesi, ormai da tempo largamente multietniche, ai tragici attentati che nel gennaio e nel novembre dello scorso anno hanno insanguinato Parigi? Il manifesto che potete vedere qui sopra illustra una delle soluzioni che più si sono fatte strada nella scuola e nella società: tutte le fedi religiose affratellate attorno a quel principio di laicità dell'istruzione, figlio dell'illuminismo, che risale alla Rivoluzione del 1789 ed è da allora fondamento e caratteristica del sistema educativo francese. “Per vivere insieme”: la laicità come asse portante della coesistenza fra le culture, fra le religioni, fra le persone. E come immagine dell'Occidente, da proiettare verso quei mondi che ancora vivono all'interno di visioni teocratiche, così lontane dalla vitale distinzione fra Dio e Cesare.

Opera di Julien Micheau, un allievo della scuola d'arte Brassart di Tours, questo è uno dei diciotto manifesti con cui i ragazzi di Tours, invitati a illustrare la loro visione del problema, si sono assicurati il “premio della laicità”, un riconoscimento che viene periodicamente assegnato in difesa di quel connotato della scuola francese. Un altro allievo dell'istituto Brassart, Arthur Bougeais, identifica la laicità, con una frase che riproduce graficamente l'esagono della République, in “uno spazio in cui ciascuno è libero di praticare il suo culto”. Louis Fièvre ha disegnato una baguette accompagnata da una didascalia che dice “Laicità. Una specialità francese”. Secondo Florine Leon “la laicità fa vivere le nostre parole”, mentre Marie Botrel si presenta così: “sono bruna, liceale, musulmana, vegetariana, appassionata di musica rock, ma soprattutto cittadina”.

Nel quadro della mobilitazione della scuola attorno ai “valori della Repubblica”, voluta dal presidente François Hollande all'indomani dell'attacco al settimanale Charlie Hebdo, altri istituti hanno invitato le classi a realizzare video in cui gli allievi spiegano la loro visione della società e del sistema educativo. Si tratta di riflessioni spesso acute, non di rado sofferte, evidentemente legate al trauma degli attentati, alle minacce terroristiche, a quel senso d'insicurezza, assorbito in strada e fra le mura domestiche, che ormai pervade le società europee. “La penna è più potente della spada”, scrive un ragazzino della scuola primaria, mentre un altro trasforma in matita la cuspide della Tour Eiffel, consacrando il più popolare monumento parigino al ricordo dei vignettisti assassinati.

Ma sull'altra faccia della medaglia ci sono episodi di tutt'altra natura: per esempio classi che si sono rifiutate di partecipare alla mobilitazione voluta dal presidente Hollande, ragazzi che a volte sono usciti dall'aula durante il minuto di silenzio dedicato alle vittime. Difficile stabilire se queste reazioni siano da attribuirsi all'insofferenza tipicamente giovanile per le retoriche commemorative o a una mancata presa di distanza dal terrorismo omicida, o se più genericamente si tratti di bravate istintive, scaturite dal tipico fastidio adolescenziale nei confronti dell'autorità. Probabilmente queste motivazioni convivono, tenute insieme da quella tendenza all'emulazione che è tipica dei ragazzi privi o carenti di autostima.

                                                          a. v. 
                                         

    


                                                  

 
 

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