Dopo
gli eventi che hanno insanguinato Parigi la società
francese s'interroga sulla natura di un sistema educativo
ormai largamente multietnico – La reazione prevalente
vede nella difesa del principio di laicità la condizione
per garantire non solo una scuola libera e solidale ma
anche uguale dignità per tutte le religioni – Invitati
a dire la loro, ecco come gli allievi hanno illustrato la
loro visione del mondo – Ma c'è anche chi ha voltato le
spalle
Come
hanno reagito le scolaresche francesi, ormai da tempo
largamente multietniche, ai tragici attentati che nel
gennaio e nel novembre dello scorso anno hanno insanguinato
Parigi? Il manifesto che potete vedere qui sopra illustra
una delle soluzioni che più si sono fatte strada nella
scuola e nella società: tutte le fedi religiose
affratellate attorno a quel principio di laicità
dell'istruzione, figlio dell'illuminismo, che risale alla
Rivoluzione del 1789 ed è da allora fondamento e
caratteristica del sistema educativo francese. “Per vivere
insieme”: la laicità come asse portante della coesistenza
fra le culture, fra le religioni, fra le persone. E come
immagine dell'Occidente, da proiettare verso quei mondi che
ancora vivono all'interno di visioni teocratiche, così
lontane dalla vitale distinzione fra Dio e Cesare.
Opera
di Julien Micheau, un allievo della scuola d'arte Brassart
di Tours, questo è uno dei diciotto manifesti con cui i
ragazzi di Tours, invitati a illustrare la loro visione del
problema, si sono assicurati il “premio della laicità”,
un riconoscimento che viene periodicamente assegnato in
difesa di quel connotato della scuola francese. Un altro
allievo dell'istituto Brassart, Arthur Bougeais, identifica
la laicità, con una frase che riproduce graficamente
l'esagono della République, in “uno spazio in cui
ciascuno è libero di praticare il suo culto”. Louis Fièvre
ha disegnato una baguette accompagnata da una
didascalia che dice “Laicità. Una specialità
francese”. Secondo Florine Leon “la laicità fa vivere
le nostre parole”, mentre Marie Botrel si presenta così:
“sono bruna, liceale, musulmana, vegetariana, appassionata
di musica rock, ma soprattutto cittadina”.
Nel
quadro della mobilitazione della scuola attorno ai “valori
della Repubblica”, voluta dal presidente François
Hollande all'indomani dell'attacco al settimanale Charlie
Hebdo, altri istituti hanno invitato le classi a
realizzare video in cui gli allievi spiegano la loro visione
della società e del sistema educativo. Si tratta di
riflessioni spesso acute, non di rado sofferte,
evidentemente legate al trauma degli attentati, alle minacce
terroristiche, a quel senso d'insicurezza, assorbito in
strada e fra le mura domestiche, che ormai pervade le società
europee. “La penna è più potente della spada”, scrive
un ragazzino della scuola primaria, mentre un altro
trasforma in matita la cuspide della Tour Eiffel,
consacrando il più popolare monumento parigino al ricordo
dei vignettisti assassinati.
Ma sull'altra faccia della medaglia ci sono episodi di
tutt'altra natura: per esempio classi che si sono rifiutate
di partecipare alla mobilitazione voluta dal presidente
Hollande, ragazzi che a volte sono usciti dall'aula durante
il minuto di silenzio dedicato alle vittime. Difficile
stabilire se queste reazioni siano da attribuirsi
all'insofferenza tipicamente giovanile per le retoriche
commemorative o a una mancata presa di distanza dal
terrorismo omicida, o se più genericamente si tratti di
bravate istintive, scaturite dal tipico fastidio
adolescenziale nei confronti dell'autorità. Probabilmente
queste motivazioni convivono, tenute insieme da quella
tendenza all'emulazione che è tipica dei ragazzi privi o
carenti di autostima.
-
a. v.
-
|