Il
mondo in fermento impone alla scuola una responsabilità
supplementare – Le cronache ci inondano di informazioni
troppo spesso drammatiche, ponendoci di fronte a eventi e
situazioni che non si possono certo tenere fuori dalle
aule – Per orientare i ragazzi nella selva delle
interpretazioni, un compito particolarmente delicato
incombe sugli insegnanti – Il ricordo di una lontana
tragedia e la recente esperienza della strage di Parigi
Era
una mattina di maggio, tanti anni fa. Chi scrive frequentava
allora la terza classe elementare in una scuola di Modena.
Quel giorno il maestro entrò in aula con l'aria grave, un
giornale in mano. Qualcuno di noi già sapeva che il
pomeriggio del giorno prima una tragedia si era consumata
colpendo duramente lo sport italiano. Ora il maestro ce ne
forniva i dettagli: l'aereo, un trimotore a elica, veniva da
Lisbona e stava per atterrare nell'aeroporto torinese di
Aeritalia. A bordo la squadra di calcio del Torino, che
conteneva quasi per intero la nazionale italiana del tempo,
reduce da una partita amichevole con i portoghesi del
Benfica. C'erano anche i dirigenti, alcuni giornalisti, e
naturalmente l'equipaggio. C'era pioggia, visibilità scarsa
e forte vento, forse anche un guasto strumentale: fatto sta
che l'aereo deviò dal sentiero di discesa e si schiantò
contro il terrapieno della basilica di Superga, sul colle
che sovrasta Torino. Tutti morti. Ricordo come fosse ieri la
classe ammutolita di fronte alla brutale irruzione
dell'attualità nella tranquilla routine scolastica.
Questo
ricordo affiora spesso, da qualche tempo, trascinato da
attualità ancora più brutali, non soltanto tragiche
fatalità come quella di Superga, ma anche espressione di
perverse volontà omicide. Come l'evento che ha inaugurato
questo 2015: uno dei più tragici di questa stagione storica. L'irruzione armata
di due terroristi islamici nella redazione di Charlie
Hebdo, un settimanale satirico parigino, e due giorni più
tardi l'attacco di un loro complice a un supermercato
ebraico. Diciassette morti fra ostaggi e agenti di polizia,
morti anche i tre terroristi. Poi, nella traumatizzata
capitale francese, un'orgogliosa reazione di folla: due
milioni di persone che sfilavano in nome della libertà di
opinione, contro la violenza sanguinaria di chi uccide nel
nome di quel Dio che le scritture islamiche definiscono
“clemente e misericordioso”. Fra le tante riflessioni
sulla strage e sugli sviluppi successivi, c'è chi
s'interroga sull'impatto che simili eventi (o altri
analoghi, per esempio le reiterate decapitazioni di ostaggi,
sempre in nome di Dio, nelle terre febbricitanti del Medio
Oriente), possono avere sui più giovani.
É
evidente che siamo di fronte a una sfida di prima grandezza,
che chiama in causa non soltanto le famiglie ma anche la
scuola. Impossibile tenere queste attualità fuori dalla
porta delle aule scolastiche. Infatti se n'è parlato, si
sono poste domande, si sono confrontati punti di vista,
opinioni, visioni del mondo. Era doveroso farlo, ma certo
non è facile gestire con lucidità temi così intricati.
Nel caso specifico della strage di Parigi il problema appare
scisso in due tronconi ben distinti. Da una parte c'è il
giudizio sulla violenza, dall'altra quello sulla libertà di
espressione e sui suoi limiti. É la stessa divaricazione
che ha contrassegnato le reazioni nel mondo islamico, dove
al plauso minoritario di chi inneggia senz'altro al jihad,
la guerra santa, minacciando nuove imprese cruente, si
contrappone la condanna maggioritaria della risposta
omicida. Ma una buona parte di coloro che dicono no alla
violenza non lesina per questo le critiche all'opera dei
vignettisti di Charlie Hebdo, sostenendo che la
satira deve avere un limite nel rispetto delle religioni. Lo
stesso principio sostenuto da papa Francesco.
Il
capo di un'organizzazione militante musulmana, la libanese
Hezbollah, che certo non potrebbe definirsi moderata, ha
riassunto la questione in una frase: la violenza esercitata
a Parigi, ha detto, “offende l'Islam ancor più delle
vignette satiriche”. Dal nostro punto di vista occidentale
va aggiunto un importante dettaglio, quello implicitamente
ricordato dal papa: la vena irridente di Charlie Hebdo non
s'indirizzava soltanto alla religione coranica, investiva
anche le istituzioni cristiane. Era una satira tous
azimuts come dicono in Francia, assolutamente senza
confini, ma ovviamente per apprezzare questa assenza di
confini bisogna essere sufficientemente dotati di quel senso
dell'umorismo che purtroppo non è un uniformemente
distribuito nel mondo. Dunque? La gamma dei pareri è ricca
di sfumature, e certo non è facile, per il docente
investito di questa responsabilità supplementare, gestirla
con la necessaria efficacia. Soprattutto se si trova di
fronte, come è sempre più frequentemente il caso, una
classe multietnica e multireligiosa. L'importante è che se
ne parli. perché anche se non si è in grado di dare
risposte, resta doveroso cercarle.
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Fredi Sergent
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