FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2015

 
 

Il mondo in fermento impone alla scuola una responsabilità supplementare – Le cronache ci inondano di informazioni troppo spesso drammatiche, ponendoci di fronte a eventi e situazioni che non si possono certo tenere fuori dalle aule – Per orientare i ragazzi nella selva delle interpretazioni, un compito particolarmente delicato incombe sugli insegnanti – Il ricordo di una lontana tragedia e la recente esperienza della strage di Parigi

 

Era una mattina di maggio, tanti anni fa. Chi scrive frequentava allora la terza classe elementare in una scuola di Modena. Quel giorno il maestro entrò in aula con l'aria grave, un giornale in mano. Qualcuno di noi già sapeva che il pomeriggio del giorno prima una tragedia si era consumata colpendo duramente lo sport italiano. Ora il maestro ce ne forniva i dettagli: l'aereo, un trimotore a elica, veniva da Lisbona e stava per atterrare nell'aeroporto torinese di Aeritalia. A bordo la squadra di calcio del Torino, che conteneva quasi per intero la nazionale italiana del tempo, reduce da una partita amichevole con i portoghesi del Benfica. C'erano anche i dirigenti, alcuni giornalisti, e naturalmente l'equipaggio. C'era pioggia, visibilità scarsa e forte vento, forse anche un guasto strumentale: fatto sta che l'aereo deviò dal sentiero di discesa e si schiantò contro il terrapieno della basilica di Superga, sul colle che sovrasta Torino. Tutti morti. Ricordo come fosse ieri la classe ammutolita di fronte alla brutale irruzione dell'attualità nella tranquilla routine scolastica.

Questo ricordo affiora spesso, da qualche tempo, trascinato da attualità ancora più brutali, non soltanto tragiche fatalità come quella di Superga, ma anche espressione di perverse volontà omicide. Come l'evento che ha inaugurato questo 2015: uno dei  più tragici di questa stagione storica. L'irruzione armata di due terroristi islamici nella redazione di Charlie Hebdo, un settimanale satirico parigino, e due giorni più tardi l'attacco di un loro complice a un supermercato ebraico. Diciassette morti fra ostaggi e agenti di polizia, morti anche i tre terroristi. Poi, nella traumatizzata capitale francese, un'orgogliosa reazione di folla: due milioni di persone che sfilavano in nome della libertà di opinione, contro la violenza sanguinaria di chi uccide nel nome di quel Dio che le scritture islamiche definiscono “clemente e misericordioso”. Fra le tante riflessioni sulla strage e sugli sviluppi successivi, c'è chi s'interroga sull'impatto che simili eventi (o altri analoghi, per esempio le reiterate decapitazioni di ostaggi, sempre in nome di Dio, nelle terre febbricitanti del Medio Oriente), possono avere sui più giovani.

É evidente che siamo di fronte a una sfida di prima grandezza, che chiama in causa non soltanto le famiglie ma anche la scuola. Impossibile tenere queste attualità fuori dalla porta delle aule scolastiche. Infatti se n'è parlato, si sono poste domande, si sono confrontati punti di vista, opinioni, visioni del mondo. Era doveroso farlo, ma certo non è facile gestire con lucidità temi così intricati. Nel caso specifico della strage di Parigi il problema appare scisso in due tronconi ben distinti. Da una parte c'è il giudizio sulla violenza, dall'altra quello sulla libertà di espressione e sui suoi limiti. É la stessa divaricazione che ha contrassegnato le reazioni nel mondo islamico, dove al plauso minoritario di chi inneggia senz'altro al jihad, la guerra santa, minacciando nuove imprese cruente, si contrappone la condanna maggioritaria della risposta omicida. Ma una buona parte di coloro che dicono no alla violenza non lesina per questo le critiche all'opera dei vignettisti di Charlie Hebdo, sostenendo che la satira deve avere un limite nel rispetto delle religioni. Lo stesso principio sostenuto da papa Francesco.

Il capo di un'organizzazione militante musulmana, la libanese Hezbollah, che certo non potrebbe definirsi moderata, ha riassunto la questione in una frase: la violenza esercitata a Parigi, ha detto, “offende l'Islam ancor più delle vignette satiriche”. Dal nostro punto di vista occidentale va aggiunto un importante dettaglio, quello implicitamente ricordato dal papa: la vena irridente di Charlie Hebdo non s'indirizzava soltanto alla religione coranica, investiva anche le istituzioni cristiane. Era una satira tous azimuts come dicono in Francia, assolutamente senza confini, ma ovviamente per apprezzare questa assenza di confini bisogna essere sufficientemente dotati di quel senso dell'umorismo che purtroppo non è un uniformemente distribuito nel mondo. Dunque? La gamma dei pareri è ricca di sfumature, e certo non è facile, per il docente investito di questa responsabilità supplementare, gestirla con la necessaria efficacia. Soprattutto se si trova di fronte, come è sempre più frequentemente il caso, una classe multietnica e multireligiosa. L'importante è che se ne parli. perché anche se non si è in grado di dare risposte, resta doveroso cercarle.

                                                          Fredi Sergent 
                                         

    


                                                  

 
 

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