FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2015

 
 

La settima commissione del Senato accoglie un suggerimento che prevede la possibilità per gli studenti dell'ultimo anno delle superiori di costruire il proprio curriculum scegliendo una parte delle materie - Se ne riparlerà quando la riforma della “buona scuola” approderà in aula, ma già Stefania Giannini, ministro dell'istruzione, si è detta contraria – Questa innovazione sarebbe fonte di ineguaglianze, sostiene la responsabile del Miur

 

Che cosa ne direste se agli studenti dell'ultimo anno della secondaria di secondo grado, liceo o istituto professionale che sia, venisse riconosciuta la possibilità di scegliere una parte delle materie da studiare e da portare all'esame finale? É la proposta presentata alla settima commissione del Senato dalla senatrice Francesca Puglisi: prevede che il curriculum dell'ultimo anno possa essere costituito da una base di materie obbligatorie per tutti e da una parte opzionale. Lo studente avrebbe dunque la possibilità di personalizzare il percorso didattico, e dunque potrebbe adeguarlo sia alle proprie attitudini e ai propri interessi, sia alla scelta che intende fare per la prosecuzione universitaria dei suoi studi.

Un suggerimento analogo era stato avanzato anche alcuni anni or sono, quando il ministero di Viale Trastevere era retto da Maria Letizia Moratti, ma poi non se ne fece nulla La proposta si propone evidentemente, oltre che rompere la rigidità curricolare che di per sé limita la manifestazione dei caratteri individuali, favorire l'orientamento per l'istruzione superiore e tentare di avviare a soluzione uno dei problemi caratteristici della scuola italiana, la distanza della sua impostazione dalle esigenze della società, in particolare del mondo del lavoro. Infatti la scelta dello studente di concentrarsi su determinate discipline potrebbe - e dovrebbe - riflettere una rinnovata attenzione alla domanda proveniente dall'economia produttiva, liberando la scuola almeno in parte dal suo isolamento sociale.

Naturalmente una simile innovazione dovrebbe essere ben preparata. Per esempio dovrebbe essere ben chiara e definita la struttura delle discipline che resterebbero obbligatorie. Molti degli studenti che debuttano all'università denunciano infatti lacune considerevoli su certe competenze di base, come la capacità di scrivere correttamente o di comprendere un testo scritto, o la conoscenza delle più elementari nozioni matematiche. Organizzata su queste basi, la flessibilità curricolare potrebbe rivelarsi utile a rilanciare, fra l'altro, la tanto decantata autonomia scolastica, correggendo la rigida omogeneità territoriale dell'istruzione. La novità si rifletterebbe ovviamente sull'esame di stato, che nelle parole della senatrice Puglisi avrà al centro “le scelte e le motivazioni di ciascuno studente e non soltanto una verifica delle conoscenze acquisite”.

Della proposta approdata alla settima commissione si parlerà quando la riforma della scuola (la “buona scuola” secondo il beneaugurante titolo governativo) approderà alle aule parlamentari. Ma Stefania Giannini, ministro dell'istruzione, università e ricerca, si è già detta in disaccordo. La responsabile del Miur sostiene che una simile misura finirebbe con il provocare o accentuare inaccettabili disuguaglianze fra gli studenti. La partita è dunque aperta, e probabilmente si giocherà anche sul terreno delle risorse disponibili. É infatti chiaro che l'introduzione del curriculum personalizzato, sia pure nella sola classe terminale, avrebbe costi non indifferenti.

 

                                                          a. v. 
                                         

    


                                                  

 
 

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