La
settima commissione del Senato accoglie un suggerimento
che prevede la possibilità per gli studenti dell'ultimo
anno delle superiori di costruire il proprio curriculum
scegliendo una parte delle materie - Se ne riparlerà
quando la riforma della “buona scuola” approderà in
aula, ma già Stefania Giannini, ministro dell'istruzione,
si è detta contraria – Questa innovazione sarebbe fonte
di ineguaglianze, sostiene la responsabile del Miur
Che
cosa ne direste se agli studenti dell'ultimo anno della
secondaria di secondo grado, liceo o istituto professionale
che sia, venisse riconosciuta la possibilità di scegliere
una parte delle materie da studiare e da portare all'esame
finale? É la proposta presentata alla settima commissione
del Senato dalla senatrice Francesca Puglisi: prevede che il
curriculum dell'ultimo anno possa essere costituito da una
base di materie obbligatorie per tutti e da una parte
opzionale. Lo studente avrebbe dunque la possibilità di
personalizzare il percorso didattico, e dunque potrebbe
adeguarlo sia alle proprie attitudini e ai propri interessi,
sia alla scelta che intende fare per la prosecuzione
universitaria dei suoi studi.
Un
suggerimento analogo era stato avanzato anche alcuni anni or
sono, quando il ministero di Viale Trastevere era retto da
Maria Letizia Moratti, ma poi non se ne fece nulla La
proposta si propone evidentemente, oltre che rompere la
rigidità curricolare che di per sé limita la
manifestazione dei caratteri individuali, favorire
l'orientamento per l'istruzione superiore e tentare di
avviare a soluzione uno dei problemi caratteristici della
scuola italiana, la distanza della sua impostazione dalle
esigenze della società, in particolare del mondo del
lavoro. Infatti la scelta dello studente di concentrarsi su
determinate discipline potrebbe - e dovrebbe - riflettere
una rinnovata attenzione alla domanda proveniente
dall'economia produttiva, liberando la scuola almeno in
parte dal suo isolamento sociale.
Naturalmente
una simile innovazione dovrebbe essere ben preparata. Per
esempio dovrebbe essere ben chiara e definita la struttura
delle discipline che resterebbero obbligatorie. Molti degli
studenti che debuttano all'università denunciano infatti
lacune considerevoli su certe competenze di base, come la
capacità di scrivere correttamente o di comprendere un
testo scritto, o la conoscenza delle più elementari nozioni
matematiche. Organizzata su queste basi, la flessibilità
curricolare potrebbe rivelarsi utile a rilanciare, fra
l'altro, la tanto decantata autonomia scolastica,
correggendo la rigida omogeneità territoriale
dell'istruzione. La novità si rifletterebbe ovviamente
sull'esame di stato, che nelle parole della senatrice
Puglisi avrà al centro “le scelte e le motivazioni di
ciascuno studente e non soltanto una verifica delle
conoscenze acquisite”.
Della proposta approdata alla settima commissione si
parlerà quando la riforma della scuola (la “buona
scuola” secondo il beneaugurante titolo governativo)
approderà alle aule parlamentari. Ma Stefania Giannini,
ministro dell'istruzione, università e ricerca, si è già
detta in disaccordo. La responsabile del Miur sostiene che
una simile misura finirebbe con il provocare o accentuare
inaccettabili disuguaglianze fra gli studenti. La partita è
dunque aperta, e probabilmente si giocherà anche sul
terreno delle risorse disponibili. É infatti chiaro che
l'introduzione del curriculum personalizzato, sia pure nella
sola classe terminale, avrebbe costi non indifferenti.
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a. v.
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