FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2012

 
 

“Scuole chiuse, garantiti i servizi essenziali” - Questa frase, che tante volte abbiamo sentito nei giorni dell'emergenza invernale, ripetuta nei comunicati di molte amministrazioni municipali, denuncia una realtà che consideriamo inaccettabile: nella percezione di chi amministra le nostre città, la scuola non è un servizio essenziale – É qualcosa di simile a un optional, che si può tranquillamente sospendere per alleggerire il traffico

 

D'accordo, è chiaro che l'accesso al pronto soccorso degli ospedali deve avere priorità assoluta: ma quella frase fa ugualmente male. “Le scuole resteranno chiuse, i servizi essenziali saranno garantiti”. L'abbiamo sentita  ripetere tante volte, nei giorni in cui nevicate più copiose del solito hanno messo a dura prova in molte città l'efficienza dei servizi municipali. Chi ha stilato quei comunicati non ha pensato al corollario che inevitabilmente ne discende: la scuola non è un servizio essenziale. Si può chiudere come si chiudono gli stadi: anzi no, attorno agli stadi c'è stato un gran fervore di spazzaneve e spargisale, e solo in quelli chiaramente inagibili sono state sospese le partite. Le scuole no: interrotta l'attività didattica, tutti a casa. A Roma c'è stata una raffinatezza in più: scuole aperte, ma gli alunni invitati a non andarci. Potrebbero servire come asili d'emergenza.

Qualche anno fa il Foglio Lapis ospitò i ricordi di Mario Ruggiu, un maestro che aveva insegnato in una piccola scuola rurale a Val di Vico sulla montagna cortonese. Raccontava Ruggiu di certi inverni di una volta, quando simili fenomeni non facevano paura a nessuno, e i bambini raggiungevano la scuola marciando a volte per chilometri nella neve alta. Chi scrive può aggiungere di suo che quando l'inverno imbiancava il mondo non soltanto a nessuno saltava in mente di parlare di “avversità meteorologiche”, ma addirittura era una festa. Mentre la maestra ci infliggeva lo scontatissimo tema sulla “bianca visitatrice”, dai vetri appannati dell'aula si spiavano i fiocchi volteggianti all'esterno, ansiosi di confrontarci all'uscita nel rituale combattimento a palle di neve.

La contrapposizione della scuola ai “servizi essenziali” è probabilmente involontaria, ma proprio questo la rende ancora più grave. I nostri amministratori considerano naturale pensarla così, e il loro rassicurante comunicato rispecchia fedelmente il loro ordine di priorità. Vogliono ridurre il traffico e dunque invitano a non portare i bambini a scuola. Non sanno che le loro parole apparentemente innocue contengono un rischio pedagogico. Che segnale lanciamo ai nostri ragazzi, se la loro scuola alza bandiera bianca di fronte al naturalissimo evento di una nevicata? Lo sforzo educativo dovrebbe fare di loro uomini e donne in grado di affrontare nella vita ben altre emergenze, ma non è forse questo un sistema perfetto per allevare una generazione di rammolliti? E ancora: che rapporto c'è fra la scuola “chiusa per neve” e le “settimane bianche” che intanto si vanno organizzando?

Ne abbiamo poi sentita un'altra, in alcuni comunicati diffusi nei giorni dell'emergenza. Le scuole, assicuravano alcuni sindaci particolarmente premurosi, saranno riaperte dopo le verifiche volte ad accertare che la neve non abbia compromesso la stabilità degli edifici. Parole sante, per la sicurezza non si farà mai abbastanza: ma è inevitabile un pensiero davvero inquietante. É ben noto da tempo che nel nostro paese l'edilizia scolastica soffre di mali antichi e ha bisogno di interventi vigorosi e risolutivi quanto improbabili con le attuali ristrettezze di bilancio. Ma non si pensava a una situazione così allarmante: siamo dunque al punto che una semplice nevicata può sollevare dubbi di questa natura?

Tutto è maledettamente difficile e le risorse sono quelle che sono: potremmo suggerire la rinuncia a qualcuno di quei costosissimi cacciabombardieri ma ci si permetta, intanto, di suggerire una piccola riforma a costo zero. Per favore, non si ceda a un linguaggio che assegna alla scuola il rango di “servizio non essenziale”. Nonostante le sue manchevolezze, che sono davvero tante, il sistema educativo italiano non se lo merita.

                                                         Alfredo Venturi
                                         

    


                                                  

 
 

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