“Scuole
chiuse, garantiti i servizi essenziali” - Questa frase,
che tante volte abbiamo sentito nei giorni dell'emergenza
invernale, ripetuta nei comunicati di molte
amministrazioni municipali, denuncia una realtà che
consideriamo inaccettabile: nella percezione di chi
amministra le nostre città, la scuola non è un servizio
essenziale – É qualcosa di simile a un optional, che si
può tranquillamente sospendere per alleggerire il
traffico
D'accordo,
è chiaro che l'accesso al pronto soccorso degli ospedali
deve avere priorità assoluta: ma quella frase fa ugualmente
male. “Le scuole resteranno chiuse, i servizi essenziali
saranno garantiti”. L'abbiamo sentita
ripetere tante volte, nei giorni in cui nevicate più
copiose del solito hanno messo a dura prova in molte città
l'efficienza dei servizi municipali. Chi ha stilato quei
comunicati non ha pensato al corollario che inevitabilmente
ne discende: la scuola non è un servizio essenziale. Si può
chiudere come si chiudono gli stadi: anzi no, attorno agli
stadi c'è stato un gran fervore di spazzaneve e spargisale,
e solo in quelli chiaramente inagibili sono state sospese le
partite. Le scuole no: interrotta l'attività didattica,
tutti a casa. A Roma c'è stata una raffinatezza in più:
scuole aperte, ma gli alunni invitati a non andarci.
Potrebbero servire come asili d'emergenza.
Qualche
anno fa il Foglio Lapis ospitò i ricordi di Mario
Ruggiu, un maestro che aveva insegnato in una piccola scuola
rurale a Val di Vico sulla montagna cortonese. Raccontava
Ruggiu di certi inverni di una volta, quando simili fenomeni
non facevano paura a nessuno, e i bambini raggiungevano la
scuola marciando a volte per chilometri nella neve alta. Chi
scrive può aggiungere di suo che quando l'inverno
imbiancava il mondo non soltanto a nessuno saltava in mente
di parlare di “avversità meteorologiche”, ma
addirittura era una festa. Mentre la maestra ci infliggeva
lo scontatissimo tema sulla “bianca visitatrice”, dai
vetri appannati dell'aula si spiavano i fiocchi volteggianti
all'esterno, ansiosi di confrontarci all'uscita nel rituale
combattimento a palle di neve.
La
contrapposizione della scuola ai “servizi essenziali” è
probabilmente involontaria, ma proprio questo la rende
ancora più grave. I nostri amministratori considerano
naturale pensarla così, e il loro rassicurante comunicato
rispecchia fedelmente il loro ordine di priorità. Vogliono
ridurre il traffico e dunque invitano a non portare i
bambini a scuola. Non sanno che le loro parole
apparentemente innocue contengono un rischio pedagogico. Che
segnale lanciamo ai nostri ragazzi, se la loro scuola alza
bandiera bianca di fronte al naturalissimo evento di una
nevicata? Lo sforzo educativo dovrebbe fare di loro uomini e
donne in grado di affrontare nella vita ben altre emergenze,
ma non è forse questo un sistema perfetto per allevare una
generazione di rammolliti? E ancora: che rapporto c'è fra
la scuola “chiusa per neve” e le “settimane bianche”
che intanto si vanno organizzando?
Ne
abbiamo poi sentita un'altra, in alcuni comunicati diffusi
nei giorni dell'emergenza. Le scuole, assicuravano alcuni
sindaci particolarmente premurosi, saranno riaperte dopo le
verifiche volte ad accertare che la neve non abbia
compromesso la stabilità degli edifici. Parole sante, per
la sicurezza non si farà mai abbastanza: ma è inevitabile
un pensiero davvero inquietante. É ben noto da tempo che
nel nostro paese l'edilizia scolastica soffre di mali
antichi e ha bisogno di interventi vigorosi e risolutivi
quanto improbabili con le attuali ristrettezze di bilancio.
Ma non si pensava a una situazione così allarmante: siamo
dunque al punto che una semplice nevicata può sollevare
dubbi di questa natura?
Tutto è maledettamente difficile e le risorse sono
quelle che sono: potremmo suggerire la rinuncia a qualcuno
di quei costosissimi cacciabombardieri ma ci si permetta,
intanto, di suggerire una piccola riforma a costo zero. Per
favore, non si ceda a un linguaggio che assegna alla scuola
il rango di “servizio non essenziale”. Nonostante le sue
manchevolezze, che sono davvero tante, il sistema educativo
italiano non se lo merita.
- Alfredo
Venturi
-
|