"Leggere,
come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare” -
Così Vittorio Alfieri oltre due secoli or sono,
nel suo Del principe e delle lettere –
Sono parole sulle quali bisognerebbe riflettere
profondamente – Di fatto, si scrive oggi più di quanto
si legga - Ciò che fa difetto nel nostro mondo
ossessionato dal tempo che rapido vola via è la ricezione
critica del messaggio, l'ascolto, la ricerca: appunto la
lettura profonda di cui parlava Alfieri
Si
fa un gran parlare del cambiamento continuo che la
modernizzazione provoca nella dimensione del tempo, nella
sua percezione e fruizione. La tendenza generale è quella
di percepire sempre più il tempo come qualcosa che manca,
che scappa, che non riusciamo realmente a governare in
questa epoca in cui lo spazio, invece, sembra essere più
incline a piegarsi alle nostre esigenze.
Opponiamo
a questa penuria di tempo il tentativo di ottimizzarne la
fruizione e non siamo abituati a dedicare ad un'azione più
dei minuti strettamente necessari per attuarla. Non siamo
abituati al silenzio e al vuoto che, tralasciando il
postulato che li rende condizione necessaria di qualsiasi
suono o oggetto, sono senza dubbio due dei pilastri
dell'espressione artistica.
Anche
la nostra attenzione si conforma secondo criteri diversi da
quelli del passato. Siamo bersagliati da stimoli - visivi,
informativi, pubblicitari, nozionistici... - dalla mattina
alla sera, con il risultato che per la nostra concentrazione
è più normale essere rincorsi, che rincorrere.
Certo
è che questa condizione ci è ormai consona e che siamo
abili nel maturare una discreta tecnica nel districarci
nella continua gara tra vita e orologi, ed è probabile che
troveremmo opprimente l'assenza di questo importante nemico.
Ma
dove si colloca la fruizione dell'arte, della cultura, in
tutto questo? In che modo, varcando la soglia di un museo,
possiamo capovolgere la relazione tra oggetto e attenzione e
rendere la seconda così - insolitamente - attiva? L'oggetto
espressivo (e quindi artistico) è in un certo senso la
materializzazione stessa del tempo, in quanto prima di
originarsi così come lo vediamo nasce, cresce, si sviluppa,
si divincola dal corridoio che incanala esperienze,
sensazioni e vissuto nel tempo. Nasce dalla contemplazione
stessa del vivere, e quindi dello scorrere, e non è
eccessivo affermare che si collochi in una dimensione,
addirittura, di meta-temporalità.
E, generalmente, che si tratti di un dipinto o di un
romanzo o di un saggio di storiografia - e quant'altro -,
dal momento che si trova nella condizione di concentrare un
orizzonte fondamentalmente largo su uno spazio molto
limitato, è qualcosa di complesso. Vale a dire, di
leggibile su più piani, dimensioni.
La
nostra attenzione così torturata, la nostra concentrazione
così spesso costretta alla fuga, sono ancora in grado di
cercare significato, di leggere per così dire tra le righe,
di rincorrere la pluralità di senso delle cose?
Molta
della attuale espressione artistica si adegua alla nuova
concezione di tempo. Si pensi alle installazioni, che
accolgono fisicamente lo spettatore tra le loro braccia
coinvolgendolo in un'esperienza cui l'attenzione è
difficile che si sottragga. Si pensi alle flash-mob, agli
happenings. Forme che vanno di pari passo con una
sostanziale democratizzazione di arte e cultura che sta
avendo luogo in quest'epoca. Arte che si estende, si
allarga, si cala nel quotidiano.
E
si cerca di riacciuffare il tempo. Sono sempre più numerosi
gli appassionati di fotografia che hanno la sensazione di
dare vita ad un prodotto artistico con i loro scatti, o gli
amanti di cucina che cercano estro e vivida espressione nel
loro quotidiano dedicarsi ai fornelli. Affamati della
sensazione di costruire qualcosa che abbia un valore
assoluto, che trascenda il brancolare nel miserrimo tempo
residuo dalle ore di lavoro e da quelle assorbite dalle
burocrazie del vivere sociale.
Non
manca azione. Manca attività nella ricezione. Non mancano
parole. Manca la capacità di ascoltare criticamente parole
altrui. Manca l'abitudine alla ricerca.
Si
scrive di più e si legge di meno.
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Laura Venturi
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