FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2011

 
 

La lingua locale è ormai il veicolo della comunicazione planetaria: forse proprio per questo calano in Inghilterra, almeno nel sistema pubblico, i giovani che studiano lingue straniere – Una recente innovazione fa prevedere un’inversione di tendenza: ma a questo punto si prevede una  notevole scarsità d’insegnanti – Più richiesto il francese, seguito da spagnolo, tedesco, arabo, italiano, giapponese, mandarino e russo – E urdu, l’idioma pakistano

 

Secondo i risultati di una ricerca del Cilt, il Centro nazionale per il linguaggio, l’insegnamento delle lingue straniere nel sistema scolastico pubblico dell’Inghilterra è ulteriormente diminuito negli ultimi anni, confermando una tendenza che si registra da tempo. Il Cilt, organizzazione inglese che opera di concerto con analoghi gruppi nel resto della Gran Bretagna, si propone di promuovere lo studio di una seconda lingua: impresa resa relativamente difficile dal fatto che si usa da quelle parti il veicolo linguistico della comunicazione planetaria, l’idioma che si studia, si parla e si scrive in tutto il mondo. Eppure le statistiche dimostrano che la padronanza di una seconda lingua è importante, anche per i giovani di madrelingua inglese, per avere migliori possibilità nel mondo del lavoro oggi sempre più globalizzato. Inoltre il Centro sottolinea l’importanza culturale della conoscenza linguistica, forse ricordando una celebre osservazione di Goethe: per essere davvero padroni della propria lingua, scrisse l’autore del Faust, bisogna conoscerne e parlarne almeno un’altra.

Fatto sta che le lezioni di francese, la lingua tradizionalmente più richiesta in Inghilterra, così come quelle di spagnolo e tedesco, sono in calo da tempo, e la tendenza si è rafforzata proprio in questi ultimissimi anni. Il fenomeno riguarda ovviamente anche le altre lingue: arabo, italiano, giapponese, mandarino e russo. La sola eccezione riguarda l’urdu, che è l’idioma d’origine della folta comunità di provenienza pakistana residente in Inghilterra: quattro anni or sono s’insegnava urdu nel sei per cento delle scuole pubbliche inglesi, oggi la proporzione è salita al dieci per cento e la domanda è in crescita. Il calo è invece netto per tutte le altre lingue. L’anno scorso le scuole secondarie pubbliche in cui più della metà degli alunni studiava una lingua straniera erano il 43 per cento, oggi la quota è scesa al 38 per cento. Quelle in cui a studiare lingue erano più dei tre quarti degli alunni sono calate nello stesso periodo dal 26 al 21 per cento. Nulla del genere si registra invece nelle scuole private, nel 94 per cento delle quali più di metà dei ragazzi segue lezioni di francese o altro idioma straniero. Il Cilt segnala la causa del fenomeno: dal 2004 lo studio di una lingua straniera, fino a quel momento obbligatoria nelle scuole secondarie, è diventata facoltativa.

Una recente innovazione contiene d’altra parte le premesse per un’inversione di tendenza. È stato infatti introdotto da quest’anno un sistema di valutazione delle scuole secondarie che coinvolgerà gli insegnamenti di inglese, matematica, scienze, storia o geografia, e una lingua straniera. Ma se la novità riguarda la preparazione al GCSE (General certificate of secondary education, il diploma inglese di scuola secondaria), risparmia invece, lamenta il Cilt, il sistema NVQ (National vocational qualifications, le qualifiche professionali per entrare nel mondo del lavoro). Eppure, si fa notare, proprio il miglioramento delle prospettive professionali è uno dei portati della conoscenza linguistica.

In ogni caso, il previsto incremento delle ore dedicate all’insegnamento delle lingue straniere trova impreparato il sistema educativo inglese. Sono relativamente poco frequentati, infatti, i relativi corsi universitari. Per quei pochi studenti il lavoro è assicurato: dopo la laurea in medicina, sarà quella in lingue a garantire i più immediati sbocchi professionali. Ma è prevedibile che si dovrà far ricorso a insegnanti provenienti dall’estero.

 

                                                        r. f. l.
                                         

    


                                                  

 
 

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