La
lingua locale è ormai il veicolo della comunicazione
planetaria: forse proprio per questo calano in
Inghilterra, almeno nel sistema pubblico, i giovani che
studiano lingue straniere – Una recente innovazione fa
prevedere un’inversione di tendenza: ma a questo punto
si prevede una
notevole scarsità d’insegnanti – Più
richiesto il francese, seguito da spagnolo, tedesco,
arabo, italiano, giapponese, mandarino e russo – E urdu,
l’idioma pakistano
Secondo
i risultati di una ricerca del Cilt, il Centro nazionale per
il linguaggio, l’insegnamento delle lingue straniere nel
sistema scolastico pubblico dell’Inghilterra è
ulteriormente diminuito negli ultimi anni, confermando una
tendenza che si registra da tempo. Il Cilt, organizzazione
inglese che opera di concerto con analoghi gruppi nel resto
della Gran Bretagna, si propone di promuovere lo studio di
una seconda lingua: impresa resa relativamente difficile dal
fatto che si usa da quelle parti il veicolo linguistico
della comunicazione planetaria, l’idioma che si studia, si
parla e si scrive in tutto il mondo. Eppure le statistiche
dimostrano che la padronanza di una seconda lingua è
importante, anche per i giovani di madrelingua inglese, per
avere migliori possibilità nel mondo del lavoro oggi sempre
più globalizzato. Inoltre il Centro sottolinea
l’importanza culturale della conoscenza linguistica, forse
ricordando una celebre osservazione di Goethe: per essere
davvero padroni della propria lingua, scrisse l’autore del
Faust, bisogna
conoscerne e parlarne almeno un’altra.
Fatto
sta che le lezioni di francese, la lingua tradizionalmente
più richiesta in Inghilterra, così come quelle di spagnolo
e tedesco, sono in calo da tempo, e la tendenza si è
rafforzata proprio in questi ultimissimi anni. Il fenomeno
riguarda ovviamente anche le altre lingue: arabo, italiano,
giapponese, mandarino e russo. La sola eccezione riguarda
l’urdu, che è l’idioma d’origine della folta comunità
di provenienza pakistana residente in Inghilterra: quattro
anni or sono s’insegnava urdu nel sei per cento delle
scuole pubbliche inglesi, oggi la proporzione è salita al
dieci per cento e la domanda è in crescita. Il calo è
invece netto per tutte le altre lingue. L’anno scorso le
scuole secondarie pubbliche in cui più della metà degli
alunni studiava una lingua straniera erano il 43 per cento,
oggi la quota è scesa al 38 per cento. Quelle in cui a
studiare lingue erano più dei tre quarti degli alunni sono
calate nello stesso periodo dal 26 al 21 per cento. Nulla
del genere si registra invece nelle scuole private, nel 94
per cento delle quali più di metà dei ragazzi segue
lezioni di francese o altro idioma straniero. Il Cilt
segnala la causa del fenomeno: dal 2004 lo studio di una
lingua straniera, fino a quel momento obbligatoria nelle
scuole secondarie, è diventata facoltativa.
Una
recente innovazione contiene d’altra parte le premesse per
un’inversione di tendenza. È stato infatti introdotto da
quest’anno un sistema di valutazione delle scuole
secondarie che coinvolgerà gli insegnamenti di inglese,
matematica, scienze, storia o geografia, e una lingua
straniera. Ma se la novità riguarda la preparazione al GCSE
(General certificate of secondary education, il diploma
inglese di scuola secondaria), risparmia invece, lamenta il
Cilt, il sistema NVQ (National vocational qualifications, le
qualifiche professionali per entrare nel mondo del lavoro).
Eppure, si fa notare, proprio il miglioramento delle
prospettive professionali è uno dei portati della
conoscenza linguistica.
In
ogni caso, il previsto incremento delle ore dedicate
all’insegnamento delle lingue straniere trova impreparato
il sistema educativo inglese. Sono relativamente poco
frequentati, infatti, i relativi corsi universitari. Per
quei pochi studenti il lavoro è assicurato: dopo la laurea
in medicina, sarà quella in lingue a garantire i più
immediati sbocchi professionali. Ma è prevedibile che si
dovrà far ricorso a insegnanti provenienti dall’estero.
- r.
f. l.
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