FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2011

 
 

In una mostra alla Galleria comunale d’arte contemporanea di Arezzo il compendio dell’attività di Filippo Nibbi, ben noto ai nostri lettori come animatore della “Fantastica in esercizio” – Protagonista dell’esposizione è appunto la Fantastica, l’arte che penetra il senso del linguaggio reinventandolo e facendone l’intelaiatura di una nuova realtà – Il rapporto con le immagini, la satira politica e sociale, la demolizione dei luoghi comuni

 

Ho un’immensa collezione di conchiglie. La tengo sparsa su tutte le spiagge del mondo”. Basterebbe una frase come questa per immergere qualunque persona attenta e consapevole in una sconfinata riflessione sui tanti temi che vi sono impliciti: la relazione con la natura, il rapporto fra la nostra caducità e un mondo che ci precede e ci sopravvive, la reale inconsistenza del concetto di proprietà. Non tutte quelle conchiglie contengono una perla, ma quell’intuizione è una perla in sé. Una delle tante che Filippo Nibbi ha generosamente sparso nel suo lungo percorso di animatore della Fantastica: e che una mostra allestita nella Galleria comunale d’arte contemporanea di Arezzo riunisce in una summa di saggezza e lucida follia, ragione e pura poesia. Quella raccolta di conchiglie che orla i sette mari ribalta il senso dell’appartenenza: “Voi bianchi vi accapigliate per la proprietà della terra”, osserva sconsolato il vecchio Sioux in un celebre film. “Che sciocchezza! È l’uomo che appartiene alla terra, non la terra all’uomo”.

Anche Nibbi ama rovesciare le prospettive, giocare con i significati, esplorarne le variazioni possibili. Manifesti e manifeste ha intitolato l’esposizione, una formula che ne suggerisce l’avventurosa libertà linguistica. Le parole ingessano il mondo, un mondo che lui è fermamente intenzionato a liberare da una costrizione che giudica del tutto innaturale. Eccolo aprire il lucchetto, e come per incanto un “Grullo parlante” ci spiega che “Don Chisciotte dà la mancia” mentre la bimba scopre che è in arrivo un fratellino: infatti il ventre di sua madre nasconde un “panciullo”. La formula liberatoria viene applicata a molti ambiti del pensiero, dalla filosofia alla letteratura, dall’arte all’assetto sociale, dalla storia alla politica: e qui veste i panni di una satira scanzonata che castigat ridendo mores. “Tu Ruby?”, viene chiesto a una sconsiderata protagonista dell’attualità.  

All’inaugurazione ecco Nibbi che si aggira felice fra le sale della mostra, il viso beffardo seminascosto da una mascherina d’oro, e guarda compiaciuto il pubblico alle prese con quel massacro di luoghi comuni. Perché i luoghi comuni, le “idee ricevute”, ha sottoposto a una spietata opera di demolizione, attraverso una dissacrazione della parola che induce qualche visitatore a evocare vecchi fascinosi fantasmi come il futurismo, o il dada. Dopo l’esperienza aretina, Nibbi porterà la mostra a San Francisco, dove sarà ospitata nel mitico City Lights Bookstore di Lawrence Ferlinghetti.

L’esposizione comprende un video che illustra le tappe di questa esperienza fantastica nata, e questo sembra strano ma non lo è affatto, sulla sua cattedra d’insegnante di matematica. Vi è riassunta un’opera multiforme che va dal poema Parlando di mio nonno Polifemo fino alla cura degli Esercizi di fantasia, il libro postumo di Gianni Rodari pubblicato dagli Editori Riuniti. C’è anche un’intervista, in cui spiega pazientemente i principi della Fantastica, “arte d’inventare il possibile e di renderlo reale, con il gusto del sogno, della creatività e del piacere; disciplina propedeutica alla poesia, momento di autenticità assoluta conseguito mediante la re-invenzione linguistica e la ri-fondazione della realtà”.

Forse può non apparire subito evidente, ma è una rivoluzione. In principio era il verbo, ci ricorda Filippo, ma appunto: quello era solo il principio.

 

                                                          a. v.
                                         

    


                                                  

 
 

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