FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2011

 
 

L’agenda quotidiana del bambino medio è fittissima d’impegni: una tabella di marcia che certo è costruita con le migliori intenzioni ma con pesanti effetti sul suo modo di rapportarsi con il mondo, sulla sua libertà di guardarsi attorno a modo suo – Nel poco tempo che riesce a gestire da sé, l’alternativa è ancora fra elementi esterni: da una parte l’alienazione tecnologica suggerita dal mercato, dall’altra la creatività proposta dagli psicologi

 

Ore 8, ingresso a scuola. Ore 13.30, uscita da scuola. Ore 13.40, pranzo. Ore 14.15, partenza, direzione:conversazione con madrelingua inglese. Ore 15.30, compiti dalla nonna. Ore 17.30, corso di danza classica. Ore 18.30, doccia in palestra. Ore 19.30, cena. Ore 21, a letto.

É simile a questa la tabella di marcia giornaliera alla quale si trova di fronte il bambino medio delle società del cosiddetto benessere, già dalla più tenera età. A preoccupare non è tanto il numero delle attività, né il loro spalmarsi lungo tutto l’arco della giornata, quanto la progettualità, i concetti culturali che stanno dietro questo tipo di fenomeni.

Il tutto risponde a un progetto genitoriale che pretende di controllare e pianificare ogni momento, ogni spazio, ogni angolo dello sviluppo mentale del proprio figlio, con l’illusione che una crescita così indirizzata possa risultare più fruttuosa. Fruttuosa, sì: l’obiettivo è quello del massimo sviluppo possibile delle abilità del bambino, della sua intelligenza, della sua conoscenza, della sua fisicità. Ci si aspetta che vada così.

Questa intrusione completa nella soggettività del piccolo non può che risultare dannosa. Sarà stressato dalla prima infanzia, agitato e teso tra mille frammenti estranei che vengono introdotti nella sua quotidianità e che deve riuscire a gestire. 

I pochi spazi che nella giornata rimangono vergini da impegni vengono prontamente riempiti da passatempi tecnologici sempre più isolanti e alienanti o, in alternativa, da giocattoli creativi in legno, consigliati nelle guide per lo sviluppo dell’intelligenza dei piccoli. Mi chiedo in fondo che differenza ci sia. Può davvero una interiorità tanto maltrattata, alla quale non è stato dato modo di sentire sé stessa, di guardarsi intorno con i propri occhi-e non con quelli di troppe altre persone-, di sentire lo scorrere del tempo e imparare a crearci sopra l’azione-invece di continuare ad agire ininterrottamente senza avere idea dello scopo o dell’origine di questo-…può davvero un simile soggetto trarre vantaggio da degli ecosostenibili giocattoli creati da un gruppo di psicologi? E, comunque, sarebbe soltanto una tappa che precede l’approdo ai passatempi tecnologici e alienanti.

Ma è davvero così alienante, questa tecnologia? Non è forse tutto il resto ad esserlo e ad originare un approccio sbagliato ai mezzi moderni? Si pensi, per esempio, ai social networks. Sono certamente qualcosa di artificioso e pericoloso, se si trovano a sostituire i rapporti veri e a servire da schermo a individui sempre più chiusi e intimiditi dalla dimensione pubblica. Ma in una società più sana e consapevole, dai ritmi più umani, non sarebbero che un utile e, se vogliamo, poetico, senz’altro pratico, sussidio alla quotidianità delle relazioni.

In un’affannosa ricerca della completezza e della perfezione, si è andata creando l’imperfezione. Il bambino ha ansia da prestazione, sente addosso un numero di aspettative che teme di non riuscire a soddisfare. Nella rincorsa all’occupazione e all’utilizzo attivo del tempo, si è creata la noia.

Sono proprio i ritmi serrati di quest’epoca ad aver creato un’innaturale vertigine nel far niente, nell’attendere, nel sentire soltanto sé e il tempo. I bambini, i ragazzi, fanno sempre di più e sono sempre più facilmente annoiati. Pensano che tutto debba arrivare, rispondere immediatamente.

Anche le ore scolastiche vengono frequentemente organizzate sulla base di simili concetti. Le materie sono molte e insegnate a compartimenti stagni, le verifiche nozionistiche; si pretende il “molto” nel “breve”. Perfino alle malattie stagionali come la febbre e l’influenza non si dà tempo di effettuare il proprio decorso. Un antibiotico e via, di nuovo a scuola, poi a pranzo, poi dalla madrelingua inglese, poi a fare i compiti, poi a danza, poi a cena, poi a letto.

 

                                                          Laura Venturi
                                         

    


                                                  

 
 

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