C’è
un pronto soccorso per interventi d’urgenza sui malanni
della nostra lingua – Si trova a Firenze (e dove se
no?), presso la veneranda Accademia della Crusca – Un
servizio di consulenza in rete per risolvere dubbi
ortografici o lessicali – Di iniziative del genere
c’è davvero bisogno, vista la quantità di errori
macroscopici che emergono ogni volta che esami o concorsi
comportano la necessità di prove di scrittura – Ancora
una volta bisogna chiamare in causa la scuola, ma anche
stampa e tv
Volete sapere come si usano il trattino o i due punti?
Se è corretto dire la presidentessa o è preferibile
la presidente? Se il verbo avanzare può
essere usato in senso transitivo? Se la parola latte
dispone di un plurale? Se un certo
neologismo, o l’anglicismo di turno, si possono
utilizzare? Insomma, volete venire a capo dei dubbi che vi
possono investire nell’uso della lingua, evitando errori e
strafalcioni, o semplici ineleganze lessicali? Ecco un
servizio che sarebbe difficile immaginare più autorevole: a
venirvi incontro è l’Accademia della Crusca, la storica
istituzione che da oltre quattro secoli vigila sulle sorti della lingua
italiana. Nata a Firenze nel 1583 con lo scopo di codificare
il volgare toscano usato da Dante e dagli altri grandi della
cultura fra Medioevo e Rinascimento, l’Accademia si affida
alla rete per offrire, tra le altre cose, una preziosissima
consulenza: http://www.accademiadellacrusca.it.
È anche possibile consultare l’archivio delle risposte,
che sono sempre articolate e documentate. Le stesse risposte
saranno presto pubblicate in un volume dal titolo La
Crusca risponde.
È dunque possibile con quell’impagabile strumento
che si chiama Internet concedersi, e senza nemmeno muoversi
da casa, quel salutare esercizio di ripulitura
dell’italiano che il lombardo Alessandro Manzoni definì
con una celebre espressione: “risciacquare i panni in
Arno”. Per i più raffinati, l’Accademia ha messo in
rete la prima edizione, quella del 1612, del suo celebre
Vocabolario: http://vocabolario.signum.sns.it.
Il sito della Crusca si fa notare per l’efficace connubio
di eleganza e tradizione. Per esempio le sue singole parti
sono allineate in una serie di icone che riproducono pale da
forno: si riprende così la simbologia antica, quella dei
“cruscanti” che irridevano alle pedanterie degli
accademici classici e vollero ironicamente intitolarsi
proprio alla parte del macinato che andava setacciata, per
purificare le farine della lingua. E che singolarmente si
davano nomi d’arte come Trito, Infarinato, Impastato.
L’allegoria del forno dunque, e del lavoro ben
fatto, e l’idea di una lingua viva e in buona salute
associata a un pane fragrante e ben lievitato. Oggi non si
può certo dire che questa similitudine sia d’attualità:
dell’italiano si fa generalmente un uso rudimentale,
approssimativo, pieno di inutili contaminazioni da altre
lingue. Un uso che sfrutta soltanto in minima parte le
enormi potenzialità espressive del linguaggio che abbiamo
la fortuna di ereditare dalla nostra storia: per esempio le
risorse di certi modi e tempi verbali negletti da tempo,
come il congiuntivo o il futuro anteriore. Per di più è
frequentissimo un parlare e scrivere scorretto, spesso anche
da parte di chi ha alle spalle l’intero percorso
educativo, dalla scuola materna all’università. Di
recente alcune decine di candidati hanno partecipato a un
concorso per alcuni posti di vigile urbano: tutti bocciati
per clamorosi errori di ortografia. Notizia tanto più amara
se si pensa che quel concorso si è svolto a Pitigliano, il
comune in provincia di Grosseto che ebbe fra i suoi sindaci
Alberto Manzi, l’indimenticabile maestro televisivo di Non
è mai troppo tardi. La stessa cosa è capitata a
Orbetello: stavolta si trattava di ventiquattro laureati in
lizza per un posto di dirigente. Prove scritte
impresentabili: tutti esclusi. Qualcosa di analogo si è
registrato perfino nei concorsi per accedere alla
magistratura: gli esaminatori si sono trovati di fronte
elaborati incredibili per sostanza e forma, insomma con
errori a volte macroscopici di scienza giuridica illustrati
con un italiano da dimenticare!
È evidente che, al solito, qualcosa non va nella
scuola. Il nostro sistema educativo non è dunque in grado
nemmeno di trasmettere una buona conoscenza della lingua
italiana? Così pare, e la carenza si manifesta attraverso
la scarsa educazione alla lettura. Gli italiani leggono
poco, o non leggono affatto, e dunque la loro frequentazione
della lingua è ridotta a un uso essenziale che finisce con
l’immiserirla. Un’altra parte di responsabilità tocca
alla stampa, che impiega non di rado un italiano grossolano
quando non proprio scorretto. E alla televisione, dove certi
dibattiti fra politici urlanti, che fanno a gara per
coprirsi vicendevolmente la voce, offrono non soltanto un
modello volgare in termini di comportamento, ma anche un
linguaggio approssimativo e spesso altrettanto volgare.
Auguriamoci che le persone maggiormente coinvolte in questa
degenerazione che non è soltanto linguistica, dagli
insegnanti ai giornalisti, si sentano in dovere di correre
ai ripari. Che i politici si rendano conto del pauroso
difetto di stile che mediamente li contraddistingue quando
sono chiamati a dialogare in tv, e sappiano finalmente
alternare ai loro scomposti battibecchi qualche incursione
fra le perle della Crusca. Potranno imparare molte cose: non
soltanto un italiano corretto ma anche l’arte di
argomentare pacatamente le idee.
- Alfredo
Venturi
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