“L’unica
arte è esistere”, sostiene una poetessa americana che
è solita, armata di ramazza, di spazzar via opere e
pubblico delle manifestazioni culturali – Qualche
divagazione linguistica su un’inedita scala planetaria
– Come può fare un artista a verificare la propria
esistenza in vita? – E come può risolvere il problema
del comunicare, se non trova ascolto nemmeno in se stesso,
e dunque agisce non per dire ma per sentirsi sentito?
Ma
sì, dai, ci sono qua e là sulla Terra anche dei meccanismi
simpatici, per esempio che gli uomini e le donne facciano
all'amore come, di nascosto dal sarto, fanno all'amore gli
automatici…
"L'originalità
del pensiero – scrive Martinet – non si potrà
manifestare che in una disposizione inattesa delle unità di
prima articolazione": con l'esercizio, questa
"disposizione inattesa" viene provocata ad arte.
A
proposito di cosa è l'arte, dice la poetessa americana Anne
Inesistant: "L'unica arte è esistere (resistere).
Tutto il resto non è che la polvere sollevata dall'azione
dell'esistere". Per questa ragione, la signorina
Inesistant si presenta all'inaugurazione di mostre,
presentazioni di libri, performance nelle scuole e gallerie
d'arte con una ramazza in mano e tenta – scacciata – di
scopare via le opere e i presenti.
Su
Plutone, nella lingua arcaica, ARTE
è parola composta da: "art", che è il primo
pronome personale, il nostro "io", ed "è"
accentata in origine, che ha lo stesso identico significato
che ha per noi sulla Terra. Questo non deve stupire: essendo
tutti i corpi celesti impollinati dalla luce delle stelle,
rivelano allo studio consolanti punti di contatto, come
permangono somiglianze fra seppure lontanissimi fratelli.
Tornando a noi, su Plutone, ARTE significa, con semplicissima traduzione: IO E'.
Ovvero,
nell'universo, ARTE
non è che l'oggettivazione di sé, dei propri pensieri, del
proprio sentire, della propria visione del mondo, della
propria sofferenza e gioia. Un'affermazione di esistenza
che, sulla Terra, richiede la presa d'atto dell'altro per via del nostro essere sociali e quindi bisognosi, per
esistere, di essere percepiti. Messa in questi termini, cade
ogni necessità di qualità, di intrinseca validità, di
"bello" e di "brutto": volevi mostrare
la tua esistenza interiore, l'hai fatto, ti abbiamo visto,
ciao. Un po' come partecipare al matrimonio di un amico:
alla sera, ognuno a casa sua. Senza chiedere quanto costa la
gioia degli sposi e se si può comprarne un po' da portare a
casa e appendere in salotto.
Forse
gli artisti sono individui a cui non basta il soliloquio
interiore con cui i non artisti si confermano da soli. Forse
gli artisti sono individui senza pavimento dell'anima e
chiamano!, perché le voci che rispondono da fuori sono
corde a cui ci si può aggrappare e risalire il pozzo. Forse
sono individui a cui per genetico errore, o per ingeneroso
conferimento di amore materno, manca nell'arredo del
cervello la specchiera a larghezza naturale in cui
verificare la propria esistenza in vita. Sono solo ipotesi
necessarie di ulteriori studi, ma da tutte emerge che
l'artista è un imperfetto – un perfetto
imperfetto – infelice comunicatore: che non sapendo
trovare ascolto in se stesso, chiama, bela, scrive, si
trucca, dipinge, si mette in mostra non tanto PER DIRE
qualcosa ma PER SENTIRE che qualcuno ha sentito. Se tutti
restan sordi, duri, come un "sasso", il gioco
riprende da qui…
"Nei
vari giochi della parola sasso
– dice Gianni Rodari – sarà facile riconoscere,
confrontando per esempio con gli Elementi
di linguistica generale di Martinet (Laterza, Bari
1966), esercizi sulla prima articolazione del linguaggio,
nella quale ogni unità ha un senso e una forma fonica, ed
esercizi sulla seconda articolazione, nella quale ogni
parola è analizzabile in una successione di unità di cui
ciascuna contribuisce a distinguerla da altre"…
Non
è con i sassi che si fanno le case? Il maschile di casa è
un "caso". C'è chi vide. E non era cèchi.
Uno ardisse a l'aradio:
"Ma sì, dai, ci sono qua e là sulla Terra anche dei
meccanismi simpatici, per esempio che gli uomini e le donne
facciano all'amore come, di nascosto dal sarto, fanno
all'amore gli automatici"…
Al
numero "sei" di Hudson Street di New York, c/o
Harper & Row in their World, abitava Anne Inesistant
To
the memory of my beloved father
who
lived many adventures of the boy Stacey
and
who was in essence the man David.
- Filippo Nibbi, Giovanna De
Carli
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