Le
interessanti conclusioni di uno studio specialistico sulla
maturazione responsabile degli adolescenti – Lo sviluppo
della corteccia prefrontale, che sovrintende al controllo
dei comportamenti attraverso la valutazione delle loro
conseguenze, è tardivo rispetto all’inizio della vita
di relazione – Di qui la “resa” a modelli imperanti
acquisiti in modo acritico e una consapevolezza inadeguata
dei possibili effetti di esperienze come l’atto sessuale
o l’assunzione di droghe
Nel
numero dello scorso dicembre, Foglio Lapis ha
trattato fra gli altri il tema della responsabilità penale
dei minori (http://www.fogliolapis.it/dicembre2008-4.htm),
sulla base di una notizia giunta dalla Francia, dove in
seguito all’allarme sociale suscitato dalla dilagante
microcriminalità giovanile qualcuno aveva suggerito di
abbassare fino a dodici anni l’età minima per vedersi
infliggere condanne detentive per gravi reati. Il governo di
Parigi ha respinto la proposta, dopo che un animato
dibattito ha tenuto banco per settimane. Ora, dallo studio
di due specialisti italiani, la psicologa Maria Novella
Papini e l’andrologo Alessandro Papini, emergono nuovi
elementi di riflessione sui tempi di sviluppo della capacità
critica nei ragazzi.
Specificamente
dedicato alla sessualità degli adolescenti, la ricerca ne
sottolinea il sostanziale disordine, che rende necessaria
un’educazione all’affettività. Risulta infatti che
potenti influenze esterne, prima fra tutte quella della
televisione, inducono ad avere rapporti sessuali in età
sempre più precoce. Questa attività viene spesso vissuta
come un obbligo, si carica
dunque di ”aspettative, paure, perplessità che
generano ansia, timore e che spesso sfociano
in disfunzioni sessuali”. Il fenomeno si sviluppa
dunque in un contesto di sostanziale insicurezza, per cui
molti ragazzi per darsi coraggio e col proposito di
migliorare le prestazioni erotiche non esitano ad assumere
alcolici o sostanze stupefacenti. Mentre un terzo di loro
evita di usare contraccettivi e soltanto una sparuta
minoranza evita i rapporti occasionali.
Alla
base di questi pericolosi disordini comportamentali c’è
un fondamento biologico. Cediamo la parola agli autori della
ricerca: “Secondo alcuni studi
condotti da Jay Giedd del National Institute of Mental
Health di Bethesda su circa 1800 tra bambini e adolescenti,
appena prima della pubertà la corteccia prefrontale si
trova in fervente attività di crescita. In particolare la
corteccia prefrontale, definita ‘l’area di ripensamento
assennato’, controlla un’altra area del cervello,
l’ippocampo, responsabile dei bisogni primari, tra cui
l’accoppiarsi. Nel cervello di una ragazza di 11 anni e di
un maschio di 12 si è osservato un boom di crescita
neuronale che fa sì che gli adolescenti abbiano meno
risorse disponibili per l’apprendimento e il rispetto
delle regole sociali…
“Solo
quando la corteccia prefrontale matura, l’adolescente è
in grado di controllare gli istinti e di esprimere giudizi.
La maturazione delle fibre prefrontali non è completa prima
della terza decade… Prima di questa maturazione… pur
adottando comportamenti a rischio, i giovani non riscontrano
immediatamente conseguenze negative e per questa ragione
sono portati a negare la natura rischiosa del comportamento
diventando facili prede di svariati tipi di dipendenze:
dalla droga all’alcool, dal gruppo dei pari, dalle
fidanzatine del momento… Da una parte l’adolescente
combatte per conquistare la libertà e l’autonomia dalla
famiglia, ma dall’altro tende a ristabilire legami che
catturano e risucchiano: droghe, gruppi di pari, la
fidanzatina, ecc.”.
Gli
adolescenti, dunque, sono privi di una dimensione critica
nei confronti dei propri comportamenti, sessuali o di altra
natura, preoccupandosi soltanto che siano in linea con le
abitudini consacrate dall’accettazione del gruppo di
appartenenza. Le conseguenze sono pesanti: dall’alcolismo
alla tossicodipendenza, dalle gravidanze e dagli aborti in
giovanissima età fino all’aumento delle malattie a
trasmissione sessuale. Il quadro che emerge da tutto questo
è quello di un drammatico problema sociale, che secondo gli
autori di questo studio andrebbe affrontato in un contesto
molto ampio, che chiami in causa sia gli specialisti (dal
pediatra allo psicologo, dall’andrologo al ginecologo),
sia gli operatori sociali, sia infine i medici in senso
lato, la scuola e le famiglie.
- r.
f. l.
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