FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2009

 
 

Le interessanti conclusioni di uno studio specialistico sulla maturazione responsabile degli adolescenti – Lo sviluppo della corteccia prefrontale, che sovrintende al controllo dei comportamenti attraverso la valutazione delle loro conseguenze, è tardivo rispetto all’inizio della vita di relazione – Di qui la “resa” a modelli imperanti acquisiti in modo acritico e una consapevolezza inadeguata dei possibili effetti di esperienze come l’atto sessuale o l’assunzione di droghe

 

Nel numero dello scorso dicembre, Foglio Lapis ha trattato fra gli altri il tema della responsabilità penale dei minori (http://www.fogliolapis.it/dicembre2008-4.htm), sulla base di una notizia giunta dalla Francia, dove in seguito all’allarme sociale suscitato dalla dilagante microcriminalità giovanile qualcuno aveva suggerito di abbassare fino a dodici anni l’età minima per vedersi infliggere condanne detentive per gravi reati. Il governo di Parigi ha respinto la proposta, dopo che un animato dibattito ha tenuto banco per settimane. Ora, dallo studio di due specialisti italiani, la psicologa Maria Novella Papini e l’andrologo Alessandro Papini, emergono nuovi elementi di riflessione sui tempi di sviluppo della capacità critica nei ragazzi.

Specificamente dedicato alla sessualità degli adolescenti, la ricerca ne sottolinea il sostanziale disordine, che rende necessaria un’educazione all’affettività. Risulta infatti che potenti influenze esterne, prima fra tutte quella della televisione, inducono ad avere rapporti sessuali in età sempre più precoce. Questa attività viene spesso vissuta come un obbligo, si  carica dunque di ”aspettative, paure, perplessità che generano ansia, timore e che spesso sfociano in disfunzioni sessuali”. Il fenomeno si sviluppa dunque in un contesto di sostanziale insicurezza, per cui molti ragazzi per darsi coraggio e col proposito di migliorare le prestazioni erotiche non esitano ad assumere alcolici o sostanze stupefacenti. Mentre un terzo di loro evita di usare contraccettivi e soltanto una sparuta minoranza evita i rapporti occasionali.

Alla base di questi pericolosi disordini comportamentali c’è un fondamento biologico. Cediamo la parola agli autori della ricerca: “Secondo alcuni studi condotti da Jay Giedd del National Institute of Mental Health di Bethesda su circa 1800 tra bambini e adolescenti, appena prima della pubertà la corteccia prefrontale si trova in fervente attività di crescita. In particolare la corteccia prefrontale, definita ‘l’area di ripensamento assennato’, controlla un’altra area del cervello, l’ippocampo, responsabile dei bisogni primari, tra cui l’accoppiarsi. Nel cervello di una ragazza di 11 anni e di un maschio di 12 si è osservato un boom di crescita neuronale che fa sì che gli adolescenti abbiano meno risorse disponibili per l’apprendimento e il rispetto delle regole sociali…

Solo quando la corteccia prefrontale matura, l’adolescente è in grado di controllare gli istinti e di esprimere giudizi. La maturazione delle fibre prefrontali non è completa prima della terza decade… Prima di questa maturazione… pur adottando comportamenti a rischio, i giovani non riscontrano immediatamente conseguenze negative e per questa ragione sono portati a negare la natura rischiosa del comportamento diventando facili prede di svariati tipi di dipendenze: dalla droga all’alcool, dal gruppo dei pari, dalle fidanzatine del momento… Da una parte l’adolescente combatte per conquistare la libertà e l’autonomia dalla famiglia, ma dall’altro tende a ristabilire legami che catturano e risucchiano: droghe, gruppi di pari, la fidanzatina, ecc.”.

Gli adolescenti, dunque, sono privi di una dimensione critica nei confronti dei propri comportamenti, sessuali o di altra natura, preoccupandosi soltanto che siano in linea con le abitudini consacrate dall’accettazione del gruppo di appartenenza. Le conseguenze sono pesanti: dall’alcolismo alla tossicodipendenza, dalle gravidanze e dagli aborti in giovanissima età fino all’aumento delle malattie a trasmissione sessuale. Il quadro che emerge da tutto questo è quello di un drammatico problema sociale, che secondo gli autori di questo studio andrebbe affrontato in un contesto molto ampio, che chiami in causa sia gli specialisti (dal pediatra allo psicologo, dall’andrologo al ginecologo), sia gli operatori sociali, sia infine i medici in senso lato, la scuola e le famiglie.

 

                                                 r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

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