Il
comune di Milano esclude dalle scuole dell’infanzia i
bambini delle famiglie non in regola con i permessi di
soggiorno – Il ministero reagisce revocando la parità,
e i conseguenti finanziamenti – Sullo sfondo lo scontro
fra Letizia Moratti, ex ministro della Pubblica Istruzione
e oggi sindaco di Milano, e il successore Giuseppe Fioroni
– Intanto la magistratura accoglie il ricorso per un
bambino escluso
È
un classico dibattito sui principi, quello innescato da una
controversa delibera del comune di Milano. Nelle 170 scuole
comunali dell’infanzia, frequentate da 21 mila bambini,
non c’è posto per i figli degli stranieri
clandestinamente presenti in città: possono essere ammessi
soltanto se i loro genitori presentano un regolare permesso
di soggiorno. Così la decisione dell’autorità
municipale, firmata dal sindaco Letizia Moratti ex ministro
della Pubblica Istruzione, anzi dell’Istruzione, Università
e Ricerca, secondo la denominazione ministeriale che fu
adottata dal precedente governo. Il successore del ministro
Moratti, Giuseppe Fioroni, ha immediatamente reagito
sospendendo lo status di parità agli esili milanesi. Questo
comporta l’interruzione dei finanziamenti statali, che
vanno agli istituti paritari cui incombe l’obbligo di
rispettare gli ordinamenti scolastici nazionali.
L’argomentazione
del ministero si richiama non soltanto al principio di
eguaglianza sancito dalla Costituzione, ma anche alla
convenzione internazionale sui diritti dell’uomo, a quella
sui diritti del fanciullo, a una risoluzione del Parlamento
europeo, al testo unico della disciplina
sull’immigrazione. In tutti questi documenti è
chiaramente stabilito che ogni bambino ha diritto
all’istruzione, indipendentemente dall’origine etnica o
sociale e dalla situazione giuridica della famiglia. Dunque,
fa sapere il ministero, “costituisce illegittimo atto
discriminatorio e lesivo dell’ordinamento fare riferimento
alla mancanza del permesso di soggiorno per negare la
possibilità di presentare la domanda d’iscrizione”.
La
polemica è immediatamente esplosa, e secondo il costume
italiano si è articolata lungo la discriminante
destra-sinistra. La scuola dell’infanzia, questo
l’argomento della Moratti, non rientra nell’obbligo
scolastico, dunque si tratta di una”pesante
interferenza” ministeriale nelle scelte del comune.
Riccardo De Corato, vicesindaco di Milano, accusa il
ministero di volere “con grida manzoniane, legalizzare la
clandestinità”. Altri parlano di “decisione gravissima
e irresponsabile”, di “buonismo insopportabile”, e
sostengono che in realtà è proprio il ministero a
discriminare: i bambini italiani a vantaggio del
clandestini. Chi difende la scelta di Fioroni fa appello a
principi di umanità, solidarietà e uguaglianza, indicando
i vincoli chiaramente imposti dalla normativa vigente: “la
legge sulla parità parla chiaro: le scuole paritarie,
private o degli enti locali, devono uniformarsi alla
Costituzione”.
La
vicenda si trascina ora, fra ricorsi e tentativi di
mediazione. La posizione ministeriale è stata drasticamente
indebolita dalla crisi di governo, e dalla prospettiva di un
possibile mutamento di rotta da parte dell’esecutivo che
uscirà dalle prossime elezioni. Ma un giudice del tribunale
di Milano ha confermato l’interpretazione del ministero
“uscente”. Accogliendo il ricorso di un’immigrata
marocchina contro l’esclusione del figlio da una scuola
dell’infanzia, il magistrato ha definito
“discriminatoria” la delibera comunale. Il piccolo potrà
dunque sedersi fra i banchi dell’asilo, mentre la polemica
continua.
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s. f.
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