Come
partire da un dialogo dei minimi sistemi per padroneggiare
la capacità di descrivere il mondo - Il bambino che
succhia il linguaggio con il latte materno un giorno, se
non gli tappiamo la bocca, parlerà come mangia - In fondo
con le fantasie casalinghe se ne può fare di strada: per
esempio trasformando il pasto in un immaginifico gioco, in
un "recitare la colazione"
Nasce
da "stupendo" e "stipendio". La parola l'ha
fatta un bambino del comune di Castiglion Fiorentino, provincia
di Arezzo, in frazione "Misericordia". Non è
un'infrazione! E' invenzione di lingua... "Misericordia, c'è
Benigni!". In
questa frazione del comune di Castiglion Fiorentino è nato
Roberto. Qui possiamo imparare, siamo costretti a imparare, che
mangiare è "giocare a mangiare". Lo "stupendio"
serve a questo. Lo sviluppo dei processi mentali, la nascita
delle parole, ha inizio con un "dialogo dei minimi
sistemi", fatto di parole e di gesti, tra Roberto e i
genitori. Il pensiero autonomo comincia quando Robertino è per
la prima volta capace di interiorizzare queste conversazioni e
di istituirle dentro di sé non appena la mamma torna a casa e
riporta lo stupendio. Sì, lo "stupendio"! Dopo averne
scartate molte altre, delle parole create da Robertino, ho
scelto questa citazione per inaugurare una serie di osservazioni
di "fantasia casalinga", che prende le mosse dal
discorso materno, perché tutti, dentro le case e fuori, tutti
"oggi", oggitutti, bambini e adultini,
avendo fatto il loro dovere di consumatori, dovrebbero essere
messi in condizione di agire da creatori. Peccato che pochi ci
pensano... Allora, sì, che la vita è bella! Mangiare è
giocare a mangiare. E un doppio arcobaleno come questo, ritratto
dalla mamma di Robertino, riporta la pace nelle famiglie di
Misericordia.
Il
dialogo in casa Benigni è in primo luogo un monologo, materno e
paterno, fatto di suoni carezzevoli, di incoraggiamenti e sorrisi, di
piccoli eventi che eccitano di volta in volta il riconoscimento, la
sorpresa, la risposta globale (e qui voglio, anzi, pretendo,
l'attenzione attentissima, globale, dei NO-GLOBAL) di uno
sgambettamento, la musica prelinguistica di un balbettio. La madre
soprattutto non si stanca mai di parlare a Robertino (lo so, perché
fa così anche la Chiara con Andrea), come per tenerlo avvolto in un
grembo di parole tenere e calde. La Chiara si comporta spontaneamente
con Andrea, come se avesse letto ciò che Maria Montessori dice della
"mente assorbente" del bambino, che "per
assorbimento” del latte materno interiorizza il linguaggio e ogni
sorta di segnali del mondo esterno, come fosse "eterno" il
suo mondo. Infatti, lo è…
-
Non capisce, ma è contento:
dunque qualcosa succede, - obiettava al pediatra razionalista una
madre.
-
Ha sempre capito tutto, - dice la
Chiara di Andrea, - in qualche modo mi ascolta.
Il
discorso della Chiara è spesso immaginoso, poetico, trasforma in un
gioco a due il rituale del bagno, del cambio, della pappa a poppa...
Via, che si naviga!, perché mangiare è "giocare a
mangiare"... Se lo ricorderà la Chiara, quando naviga in
Internet senza Andrea?... Anche vestirsi e spogliarsi diventano più
interessanti quando prendono la forma di un "giocare a
vestirsi", "giocare a spogliarsi"... O la borsa o la
vita! ... Non è "stupendio"?... Vorrei chiedere al
Passator Cortese, re della strada, re della foresta, se anche ad
avvenimenti come questi giochi materni si attaglierebbe, tolta la
taglia sul Passatore, la sua rifinizione di "teatro-gioco-vita",
che sa di cavalli, di finimenti, di cavallini, di cavallucci, di
filastrocche... Una volta le nonne, "le madri più
pazienti", avevano modo di constatare ogni giorno l'efficacia del
"giocare a…", inventando la storia di Bottoncino, così il
bambino, da grande, anche se dovesse entrare della "stanza dei
Bottoni" per rimanerci, non farà mai e poi mai saltare in aria
il mondo premendo un bottone, che è come l'ombelico della mamma.
"L'errore sarà eventualmente di credere che la storia di
Bottoncino possa conservare il suo fascino se viene scritta e
stampata", direbbe Gianni Rodari.
Robertino
quando aveva pochi mesi, si divertiva molto quando la mamma,
nell'imboccarlo, fingeva di ficcarsi il cucchiaio nell'orecchio,
quando poi gli infilava le scarpine sulle mani. Ci rivedrà l'Omino
della "Febbre dell'oro" che è affamato ma fa la danza dei
panini in punta di forchetta aspettando l'amica che non arriva mai...
Ci rivedrà l'Omino della febbre dell'oro? Proprio così!... È
stupendio! Alcuni di questi giochi sono stati istituzionalizzati dalla
traduzione in grandi film. Altri in filastrocche come la
seguente:
- Un
po' per la mamma,
- un
po' per il papà,
- un
po' per l'imàm
- un
po' per Saddàm,
- un
po' per lo zio Sam
- un
po' per la vita,
- un
po' per la zia
- che
sta in Francia,
- fu
così che al bambino
- venne
il mal di pancia.
Ma
l’Omino corrisponde volentieri a quel gioco, perché risveglia la
sua attenzione, popola di personaggi la sua colazione, dà un
significato simbolico all'atto del mangiare, estraendolo dalla catena
delle schiavitù quotidiane, perché la vita dell'Omino è un atto non
una cosa. Mangiare diventa un fatto estetico, un "giocare a
mangiare", un "recitare la colazione"... È stupendio!
E lo stupendio procura alimenti alla sua "fame di stimoli".
Al contrario, la minestra Moratti fa schifo! Ogni bambino e bambana
allevata con quella, verrà chiamata "ministrina". E verrà
surgelata. Essa fa parte, però, di un prezioso "dislessico
famigliare", di un "discorso materno" che mi sembra
oggi più che mai indispensabile per chi si trovi a dover inventare
storie per i piccolissimi, troppo piccoli anche per Pollicino… Se
verrò e mi casca l'accento dalla o, sarò un verro nato da una cinta
di Siena, purché incinta. Misericordia! Se verrò, dove?
E quando mai? O è una bella domanda?
-
Filippo Nibbi
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