La
lezione di vita e di civiltà che ci viene da Emanuele
Petri, l'agente di polizia ferroviaria assassinato un anno
fa dai terroristi delle brigate rosse - Un altro esempio
significativo, quello del carabiniere Vincenzo Lauria -
Sarebbe riduttivo chiamarli eroi: si tratta semplicemente
di uomini di legge che hanno capito il grande contenuto
umano del loro lavoro - L'iniziativa Lapis perché
l'immagine delle forze dell'ordine corrisponda il più
fedelmente possibile a quei modelli
"Cari
Poliziotti, ci chiamiamo Federica e Samantha di Torino e
siamo due sorelle di 11 e 8 anni. Volevamo dire che ci
dispiace per la morte di Emanuele Petri che è morto mentre
faceva il suo dovere. Non vogliamo che succeda più una cosa
del genere perché non è giusto ed è brutto morire così.
La mamma dice che il terrorismo è una piaga internazionale
e che leggi poco severe fanno rimanere libere persone
cattive. Noi non vogliamo che sia così e non vogliamo aver
paura di prendere un treno o un aereo per andare magari a
trovare il nonno". La letterina che la signora Alma
Petri ha ricevuto continua e ce ne sono molte altre, fra cui
quella di una giovane collega di Emanuele che fa servizio a
Salerno e dice: "Un cittadino ha scritto che essere
poliziotti non è un lavoro ma una vocazione. Ha ragione,
peccato che i primi a dimenticarlo siamo noi, purtroppo ci
vogliono dei colleghi morti per ricordarcelo. Per fortuna ci
sono degli onesti cittadini che lo capiscono. Grazie
Emanuele, da collega a collega, perché mi hai ricordato
perché faccio questo lavoro e non un altro".
A noi non è
molto chiaro che cosa l'operatrice della Polizia di Stato
intenda riferendosi agli onesti cittadini che
"capiscono". Che cosa? Forse il fatto che lavorare
in una città problematica come Salerno, dove può capitare
che i bambini vengano ammazzati per sbaglio in conflitti a
fuoco come nel Far West, e dimenticarsi perché si fa questo
mestiere non dà molte garanzie alle bimbe Federica e
Samantha che vorrebbero non aver paura di prendere un treno
e sentirsi tutelate dai rappresentanti della legge. Noi
vorremmo consigliare a questa collega di Emanuele e a tutti
quelli che dimenticano perché indossino la divisa di
cambiare mestiere.
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Emanuele
Petri |
Emanuele, ricorda
la gente del suo paese, non smetteva mai di essere in
servizio, tutta la sua vita era dedita a cercare di aiutare
il prossimo, dalle notti in ospedale con l'amico carabiniere
ammalato, ai soldi per mangiare un panino dati al
disgraziato che incontrava alla stazione. Si fa un gran
parlare da anni del "poliziotto di quartiere"
ispirato al famoso Bobby inglese, ma se chiedi a cento
bambini su tutto il territorio italiano se l'hanno mai
incontrato non sanno neanche di che cosa stai parlando.
Emanuele invece lo era già di fatto, operatore di prossimità:
quando la mattina i ragazzi andavano a scuola lo salutavano,
era il compagno sempre disponibile per una parola, un
consiglio, per prendere insieme la colazione al bar.
Forse molti
penseranno che questa situazione era relativamente facile
trattandosi di una realtà di paese, invece a quanto pare
persino a Roma tutto ciò è possibile. Si chiamava Vincenzo
Lauria, era un maresciallo dei carabinieri ed era molto
conosciuto dalla gente comune. Presso la Stazione Trionfale
che dirigeva c'era sempre una fila di persone in attesa di
parlare con lui. E lui ascoltava tutti, persino i matti, e
aiutava come poteva le famiglie povere, i ragazzi sbandati.
La sua generosità e la sua nobiltà d'animo erano famose.
Purtroppo è venuto a mancare e al suo funerale, nel
novembre 2000 erano presenti migliaia di persone, dalle più
umili a magistrati, avvocati, alti funzionari.
Il carabiniere
Vincenzo Lauria e il poliziotto Emanuele Petri sono due
figure bellissime che noi vorremmo additare come esempi
all'inizio della campagna nazionale "I bambini ci
guardano", che la Lapis si propone di lanciare, con
l'aiuto delle prefetture, e che coinvolgerà gli operatori
della legge e le scuole. Sappiamo che sono in servizio, in
giro per l'Italia, altri uomini come Emanuele e Vincenzo.
Noi vogliamo che diventino la norma. Il nostro obiettivo è
quello di rendere i ragazzi più fiduciosi e consapevoli
della presenza di uno Stato che, soprattutto in certe aree
depresse, sembra realmente latitare. Desideriamo che i
ragazzi riconoscano in quelle divise degli esseri umani
pronti all'occorrenza a difenderli. Ma il nostro obiettivo
è anche quello di restituire dignità e fiducia a quegli
operatori che, come la poliziotta di Salerno, hanno bisogno
del collega ucciso per ricordarsi la missione implicita nel
loro delicato lavoro.
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Marilena
Farruggia Venturi
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(Presidente della LAPIS)
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