FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO 2004

 
 

La lezione di vita e di civiltà che ci viene da Emanuele Petri, l'agente di polizia ferroviaria assassinato un anno fa dai terroristi delle brigate rosse - Un altro esempio significativo, quello del carabiniere Vincenzo Lauria - Sarebbe riduttivo chiamarli eroi: si tratta semplicemente di uomini di legge che hanno capito il grande contenuto umano del loro lavoro - L'iniziativa Lapis perché l'immagine delle forze dell'ordine corrisponda il più fedelmente possibile a quei modelli

 

"Cari Poliziotti, ci chiamiamo Federica e Samantha di Torino e siamo due sorelle di 11 e 8 anni. Volevamo dire che ci dispiace per la morte di Emanuele Petri che è morto mentre faceva il suo dovere. Non vogliamo che succeda più una cosa del genere perché non è giusto ed è brutto morire così. La mamma dice che il terrorismo è una piaga internazionale e che leggi poco severe fanno rimanere libere persone cattive. Noi non vogliamo che sia così e non vogliamo aver paura di prendere un treno o un aereo per andare magari a trovare il nonno". La letterina che la signora Alma Petri ha ricevuto continua e ce ne sono molte altre, fra cui quella di una giovane collega di Emanuele che fa servizio a Salerno e dice: "Un cittadino ha scritto che essere poliziotti non è un lavoro ma una vocazione. Ha ragione, peccato che i primi a dimenticarlo siamo noi, purtroppo ci vogliono dei colleghi morti per ricordarcelo. Per fortuna ci sono degli onesti cittadini che lo capiscono. Grazie Emanuele, da collega a collega, perché mi hai ricordato perché faccio questo lavoro e non un altro".

A noi non è molto chiaro che cosa l'operatrice della Polizia di Stato intenda riferendosi agli onesti cittadini che "capiscono". Che cosa? Forse il fatto che lavorare in una città problematica come Salerno, dove può capitare che i bambini vengano ammazzati per sbaglio in conflitti a fuoco come nel Far West, e dimenticarsi perché si fa questo mestiere non dà molte garanzie alle bimbe Federica e Samantha che vorrebbero non aver paura di prendere un treno e sentirsi tutelate dai rappresentanti della legge. Noi vorremmo consigliare a questa collega di Emanuele e a tutti quelli che dimenticano perché indossino la divisa di cambiare mestiere.  

Emanuele Petri

Emanuele, ricorda la gente del suo paese, non smetteva mai di essere in servizio, tutta la sua vita era dedita a cercare di aiutare il prossimo, dalle notti in ospedale con l'amico carabiniere ammalato, ai soldi per mangiare un panino dati al disgraziato che incontrava alla stazione. Si fa un gran parlare da anni del "poliziotto di quartiere" ispirato al famoso Bobby inglese, ma se chiedi a cento bambini su tutto il territorio italiano se l'hanno mai incontrato non sanno neanche di che cosa stai parlando. Emanuele invece lo era già di fatto, operatore di prossimità: quando la mattina i ragazzi andavano a scuola lo salutavano, era il compagno sempre disponibile per una parola, un consiglio, per prendere insieme la colazione al bar.

Forse molti penseranno che questa situazione era relativamente facile trattandosi di una realtà di paese, invece a quanto pare persino a Roma tutto ciò è possibile. Si chiamava Vincenzo Lauria, era un maresciallo dei carabinieri ed era molto conosciuto dalla gente comune. Presso la Stazione Trionfale che dirigeva c'era sempre una fila di persone in attesa di parlare con lui. E lui ascoltava tutti, persino i matti, e aiutava come poteva le famiglie povere, i ragazzi sbandati. La sua generosità e la sua nobiltà d'animo erano famose. Purtroppo è venuto a mancare e al suo funerale, nel novembre 2000 erano presenti migliaia di persone, dalle più umili a magistrati, avvocati, alti funzionari.

Il carabiniere Vincenzo Lauria e il poliziotto Emanuele Petri sono due figure bellissime che noi vorremmo additare come esempi all'inizio della campagna nazionale "I bambini ci guardano", che la Lapis si propone di lanciare, con l'aiuto delle prefetture, e che coinvolgerà gli operatori della legge e le scuole. Sappiamo che sono in servizio, in giro per l'Italia, altri uomini come Emanuele e Vincenzo. Noi vogliamo che diventino la norma. Il nostro obiettivo è quello di rendere i ragazzi più fiduciosi e consapevoli della presenza di uno Stato che, soprattutto in certe aree depresse, sembra realmente latitare. Desideriamo che i ragazzi riconoscano in quelle divise degli esseri umani pronti all'occorrenza a difenderli. Ma il nostro obiettivo è anche quello di restituire dignità e fiducia a quegli operatori che, come la poliziotta di Salerno, hanno bisogno del collega ucciso per ricordarsi la missione implicita nel loro delicato lavoro.

                                           Marilena Farruggia Venturi 
                                          (Presidente della LAPIS)
 

 

                                 

Torna al Foglio Lapis febbraio 2004

 

Mandaci un' E-mail!