Da San Francisco a uno sperduto
angolo del Chiapas, Messico, una spedizione all'insegna della solidarietà
- Allo stesso veicolo che rifornisce di moderni materiali didattici
due scuole nella provincia maya affidato un altro compito: portare i
dirigenti zapatisti, protetti dal clamore dell'iniziativa, ai colloqui
di pace di Città del Messico - Così l'intervento a favore dell'istruzione
si sviluppa fino a diventare operazione di pace
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Il "Camioncito Escolar por la Paz " è un vecchio scuolabus comprato a San Francisco, California, con i soldi di una colletta tra insegnanti, studenti e operatori per la pace. Esso è anche un progetto mobile di educazione che aiuterà a sensibilizzare l'opinione della comunità educativa nazionale e internazionale sul problema politico e sociale degli indigeni del Chiapas. Il primo di febbraio il "Camioncito" parte da San Francisco salutato da una cerimonia sulle scalinate del Palazzo Municipale, da una conferenza stampa e uno spettacolo di marionette giganti. Lo scuolabus affronta un viaggio di più di 8000 miglia, aiutato da volontari che si alternano fino a destinazione. Esso trasporta materiale scolastico per le scuole maya del Chiapas e lettere e disegni di studenti destinate alle scuole indigene come gesto di pace e solidarietà globale. Il "Camioncito", nelle città che attraversa per raccogliere materiale e aiuti, viene accolto da spettacoli, conferenze stampa, cene solidali, programmi culturali. Negli Stati Uniti tocca importanti città della California, Arizona e Texas. Lunedi' 12 febbraio attraversa il confine con il Messico per dirigersi verso il sud-est del Paese: arrivando ad Oventic il 24 febbraio, per scaricarvi un nuovo laboratorio di informatica per la scuola secondaria "Primero de Enero". Questa scuola autonoma è stata costruita e viene gestita dagli indigeni maya con lezioni in lingua tzotzil e spagnolo. I circa 200 ragazzi che la frequentano hanno vacanza fino al 26 febbraio, impegnati fino a quel momento nelle loro comunità d'origine ad aiutare nel raccolto. Al loro rientro trovano tra l'altro almeno tre mesi di alimentazione sicura. La scuola "Francisco Gòmez", seconda scuola autonoma indigena, riceve un laboratorio completo di meccanica, il materiale elettrico e le porte e finestre di metallo con cui sarà terminata la costruzione delle 5 aule di questo istituto tecnico. Nel paesino della foresta solo la chiesa compete in grandezza con l'edificio scolastico, che sarà adibito anche per l'abilitazione dei promotori all'educazione. Perché tutto questo interessamento per due scuole? Il motivo è che non esistono scuole secondarie nelle comunità Maya (l'istruzione primaria è obbligatoria e dura 6 anni, la secondaria, non obbligatoria, dura altri 6 anni- dai 12 ai 18 anni d'età) e poichè gli indigeni non possiedono alcuna risorsa economica per poter mandare i loro ragazzi a studiare nelle città, è molto importante per lo sviluppo sociale che possano accedere ad un livello d'istruzione superiore. Tutto questo è malvisto dal governo messicano, che nel passato ha cercato di impedire a tutti i costi lo sviluppo di questa iniziativa. Il direttore e promotore di queste scuole è Peter Browm, di San Diego, California, che oltre ad altri incarichi ha anche un importante curriculum nell'insegnamento universitario negli Stati Uniti. Nel luglio del 1998 venne arrestato ed espulso dal Messico perchè aveva avuto un ruolo di spicco nella creazione della prima scuola secondaria indigena in Chiapas. In questi giorni ha potuto far visita alla sua scuola, come segno di apertura del governo messicano in vista delle trattative di pace. Il 25 febbraio 1999 fu pubblicata su Internet una lettera indirizzata all'opinione pubblica mondiale, in cui i maestri maya denunciavano minacce alla scuola di Oventic. Venivano denunciate le dichiarazioni minacciose del Segretario per l'Educazione, che voleva lo smantellamento della scuola perchè vi veniva impartita, a suo dire, una educazione sovversiva per creare agenti destabilizzanti contro lo Stato. Le minacce si concretizzarono con elicotteri militari e voli radenti di aerei da guerra, che a volte passavano a gran velocità a soli 15 metri dal tetto della scuola. Oggi le moderne tecnologie permettono a queste persone, che altrimenti non avrebbero nessuna voce, di comunicare con noi, di porsi all'attenzione degli altri per tutelare i loro diritti, per raccontarci un po' della loro vita. Gli studenti di questa scuola stanno anche cercando amici (classi che studiano lo spagnolo) in tutto il mondo per poter corrispondere con loro via e-mail (escuelasparachiapas@ escuelasparachiapas.org). Molti ragazzi, affezionandosi allo studio grazie anche ai metodi di insegnamento alternativi che vengono applicati, sognano di poter andare all'Università. Altri hanno seminato un appezzamento di terreno con verdure, per integrare la dieta degli alunni e sperano di espanderlo per sviluppare dei progetti di agricoltura sperimentale. La scuola può già contare su una vasta biblioteca e il "Camioncito" porta musica e lettori per c.d. e c'e già il progetto per costruire un centro per lo studio delle lingue. Queste scuole sono al momento l'unica speranza che la cultura maya sopravviva e che aprano le porte ad un sistema di educazione pubblico e democratico in Messico. Il Presidente Fox sta negoziando la pace nella zona, ma i bambini indigeni si trovano ad affrontare la mancanza di cibo, di materiale scolastico e di aule adeguate senza nessun appoggio del governo. Il 25 febbraio il "Camioncito" accompagna i 23 dirigenti zapatisti e il sub-comandante Marcos a Città del Messico, dove si recano per tentare gli accordi di pace. Costruendo le scuole si è capito bene quanto sia importante che la guerra in Chiapas abbia fine e tutta questa pubblicità che viene creata attorno al "Camioncito" serve per attirare l'attenzione internazionale sul viaggio degli zapatisti verso la capitale, per fare in modo che non si trovino troppo esposti ad eventuali "incidenti" e che possano far ritorno indenni dopo le trattative di pace che sono racchiuse in questo proposito: affinchè i bambini maya e le loro famiglie in Chiapas, Messico, possano finalmente frequentare le loro scuole, lavorare le loro terre e vivere le loro culture senza la minaccia di morte e sterminio.
Emanuela Levi
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