Non
diversamente dalle medie OCSE, gli studenti californiani
hanno crescenti lacune nel padroneggiare la matematica.
Un'editorialista del Los Angeles Times suggerisce un rimedio
un po' provocatorio: premi in denaro, perché no?
Sono
ormai nove anni che il sistema educativo californiano ha
introdotto un nuovo meccanismo di valutazione dei rendimenti
scolastici. La più recente fra queste valutazioni
fa registrare un calo generale nei rendimenti. Abbastanza
contenuto, meno di un punto percentile, nella capacità
di lettura, che rimane comunque insoddisfacente per oltre
il 46 per cento degli studenti della scuola secondaria.
Questo significa che oltre la metà dei ragazzi non
sa leggere in modo corretto.
Ben
peggiore la situazione nell'insegnamento della matematica,
anche se registra un miglioramento marginale: si passa dal
33,4 per cento della rilevazione precedente al 34,6 di oggi.
Il dato è decisamente allarmante. Significa che due
terzi degli studenti californiani non è a proprio
agio con la scienza dei numeri. Il risultato scomposto di
questa valutazione rivela che la situazione è peggiorata
con la recente pandemia, a causa dei download e della didattica
a distanza.
Un'altra
causa dei pessimi risultati medi della matematica risiede,
una volta ancora, nel disagio sociale. Gli alunni provenienti
da famiglie svantaggiate sul piano socio-economico pagano
a scuola uno scotto supplementare. Ci sono in California
5,9 milioni di alunni: fra costoro la quota che ha alle
spalle famiglie svantaggiate è salita nell'ultimo
anno scolastico dal 60 al 63 per cento.
Infine
i ricercatori chiamati in causa dalle autorità scolastiche
dello Stato puntano il dito sul un cronico e crescente assenteismo.
Considerato che statisticamente viene considerata cronico
perdere almeno il 10 per cento del tempo scolastico, circa
diciotto giornate per anno, risulta che la situazione nell'ultimo
anno è migliorata, ma non certo fino al punto di
poter considerare il problema risolto. Infatti la quota
di coloro che possono essere definiti assenteisti cronici
è passata dal 30 al 25 per cento: decisamente troppi.
Tornando
alla questione nella matematica, che allarma particolarmente
i responsabili del sistema educativo californiano, Robi
Abcarian, un'editorialista del Los Angeles Times, propone
una soluzione che è al tempo stesso una provocazione:
perché non stimolare lo studio della scienza dei
numeri con qualche premio in denaro? Insorgono i conservatori
in difesa del buon tempo antico e dei suoi imperativi etici:
dare dollari in cambio di un'equazione risolta o di un'impeccabile
recitazione delle tabelline significa asservire la scienza
al dio denaro! Ma insomma, volete o non volete che i vostri
figli imparino la matematica?, replica la Abcarian ispirandosi
machiavellicamente al fine che giustifica i mezzi.
f. s.
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