Uno
specialista illustra i problemi connessi con la compresenza
di due lingue madri sperimentata dai piccoli in regime
di adozione internazionale. A volte l'apprendimento del
nuovo linguaggio può generare disagio, soprattutto
nel passaggio dalla famiglia alla scuola
La
lingua italiana è senza ombra di dubbio una delle
più belle e ricche del mondo, ma anche una delle
più difficili da apprendere per chi non l’ha
acquisita fin dalla nascita. E’ questo il caso di
molti bambini e ragazzi provenienti da paesi stranieri,
con lingue e culture diverse, adottati da famiglie italiane.
La crescita psicosociale di questi ragazzi, ed il loro processo
di integrazione, sicuramente investe gli aspetti educativi
e psicologici, ma poca attenzione è stata rivolta
finora agli aspetti comunicativo-linguistici e psico-affettivi
dell’esperienza adottiva.
A
tal proposito ci sembra interessante segnalare il libro
“La crescita linguistica dello studente con adozione
internazionale” recentemente pubblicato da Edizioni
Magister. L’autore, il professore Egidio Freddi esperto
di glottodidattica, ritiene che l’esperienza adottiva
si configuri fondamentalmente come un processo linguistico.
Come
gli studi di Piaget e soprattutto di Vygotskij hanno dimostrato,
pensiero e linguaggio sono due facce della stessa medaglia:
la crescita e maturazione del pensiero avvengono tramite
il linguaggio e viceversa. E’ nell’incontro
dialettico con il mondo esteriore che l’individuo
inizia a costruire la sua architettura linguistico-comunicativa.
A ciò occorre aggiungere che la condizione di un
minore adottato che arriva nel nostro paese, spesso all’età
di quattro o cinque anni, è estremamente particolare,
causa una precedente alfabetizzazione linguistica.
Ad
una lingua madre originaria (L1) è costretto, per
cause legate all’adozione prima e alla scolarizzazione
dopo, ad affiancare una nuova lingua che all’inizio
si configura come LS (lingua straniera) per poi divenire
una nuova lingua madre (L2). Processo, questo, che deve
avvenire il più rapidamente possibile per permettere
al soggetto un’inclusione e un’integrazione
di successo e che si inquadra nel fenomeno, definito dall’autore,
di attrito linguistico, per il quale una lingua
viene sostituita o rimpiazzata da un’altra lingua
dominante. Evento che avviene spesso in situazione di urgenza
linguistica e senza dare al soggetto il tempo sufficiente
per riflettere sul materiale acquisito.
Questi
ragazzi sperimentano un’esperienza unica ed irripetibile,
ossia la compresenza di due lingue madri. Se da un punto
di vista superficiale le due esperienze possono sembrare
simili, nella realtà le condizioni linguistiche,
mentali e psicologiche sono completamente differenti. In
tale contesto lo svantaggio linguistico può facilmente
confluire e tramutarsi in svantaggio sociale: lo studente
non potendo contare su conferme intersoggettive può
convivere con difficoltà linguistiche atte a mettere
in discussione la propria sicurezza sociale. E’ per
questo che i bambini con adozione spesso a scuola risultano
inclusi nella categoria dei BES (Bisogni Educativi Speciali)
e necessitanti di attenzioni dedicate e particolari, sia
sul piano relazionale che su quello della glottodidattica
speciale.
Utile
potrebbe essere l’uso delle nuove tecnologie se impiegate
dagli insegnanti come mezzi integratori, al fine di abbattere
ed aggirare le barriere linguistiche e per produrre materiale
didattico specifico e creativo.
Ancora
una volta la scuola può rappresentare, dopo la famiglia,
il terreno di confronto, di crescita e di strutturazione
dell’identità personale, sociale e culturale
dello studente.
Clemente Porreca
|