FOGLIO LAPIS - DICEMBRE- 2023

 

Uno specialista illustra i problemi connessi con la compresenza di due lingue madri sperimentata dai piccoli in regime di adozione internazionale. A volte l'apprendimento del nuovo linguaggio può generare disagio, soprattutto nel passaggio dalla famiglia alla scuola

 

La lingua italiana è senza ombra di dubbio una delle più belle e ricche del mondo, ma anche una delle più difficili da apprendere per chi non l’ha acquisita fin dalla nascita. E’ questo il caso di molti bambini e ragazzi provenienti da paesi stranieri, con lingue e culture diverse, adottati da famiglie italiane. La crescita psicosociale di questi ragazzi, ed il loro processo di integrazione, sicuramente investe gli aspetti educativi e psicologici, ma poca attenzione è stata rivolta finora agli aspetti comunicativo-linguistici e psico-affettivi dell’esperienza adottiva.

A tal proposito ci sembra interessante segnalare il libro “La crescita linguistica dello studente con adozione internazionale” recentemente pubblicato da Edizioni Magister. L’autore, il professore Egidio Freddi esperto di glottodidattica, ritiene che l’esperienza adottiva si configuri fondamentalmente come un processo linguistico.

Come gli studi di Piaget e soprattutto di Vygotskij hanno dimostrato, pensiero e linguaggio sono due facce della stessa medaglia: la crescita e maturazione del pensiero avvengono tramite il linguaggio e viceversa. E’ nell’incontro dialettico con il mondo esteriore che l’individuo inizia a costruire la sua architettura linguistico-comunicativa. A ciò occorre aggiungere che la condizione di un minore adottato che arriva nel nostro paese, spesso all’età di quattro o cinque anni, è estremamente particolare, causa una precedente alfabetizzazione linguistica.

Ad una lingua madre originaria (L1) è costretto, per cause legate all’adozione prima e alla scolarizzazione dopo, ad affiancare una nuova lingua che all’inizio si configura come LS (lingua straniera) per poi divenire una nuova lingua madre (L2). Processo, questo, che deve avvenire il più rapidamente possibile per permettere al soggetto un’inclusione e un’integrazione di successo e che si inquadra nel fenomeno, definito dall’autore, di attrito linguistico, per il quale una lingua viene sostituita o rimpiazzata da un’altra lingua dominante. Evento che avviene spesso in situazione di urgenza linguistica e senza dare al soggetto il tempo sufficiente per riflettere sul materiale acquisito.

Questi ragazzi sperimentano un’esperienza unica ed irripetibile, ossia la compresenza di due lingue madri. Se da un punto di vista superficiale le due esperienze possono sembrare simili, nella realtà le condizioni linguistiche, mentali e psicologiche sono completamente differenti. In tale contesto lo svantaggio linguistico può facilmente confluire e tramutarsi in svantaggio sociale: lo studente non potendo contare su conferme intersoggettive può convivere con difficoltà linguistiche atte a mettere in discussione la propria sicurezza sociale. E’ per questo che i bambini con adozione spesso a scuola risultano inclusi nella categoria dei BES (Bisogni Educativi Speciali) e necessitanti di attenzioni dedicate e particolari, sia sul piano relazionale che su quello della glottodidattica speciale.

Utile potrebbe essere l’uso delle nuove tecnologie se impiegate dagli insegnanti come mezzi integratori, al fine di abbattere ed aggirare le barriere linguistiche e per produrre materiale didattico specifico e creativo.

Ancora una volta la scuola può rappresentare, dopo la famiglia, il terreno di confronto, di crescita e di strutturazione dell’identità personale, sociale e culturale dello studente.

                                                                  Clemente Porreca

 

 


                                                  

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