FOGLIO LAPIS - DICEMBRE- 2022

 

Un anno dopo la ritirata dei contingenti occidentali e il conseguente ritorno dei Talebani al potere, è in atto a Kabul una guerra contro l'emancipazione femminile. In prima linea il ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, che vieta alle donne persino la frequentazione di parchi e palestre

 

É passato un anno dalla precipitosa fuga dei contingenti militari occidentali dall'Afghanistan, con il conseguente ritorno al potere dei Talebani, e il panorama sociale nel paese asiatico è completamente mutato. A fare le spese del regime nuovamente instaurato sono soprattutto le donne. Uno dei primi decreti emessi dal governo, nel nome di un'interpretazione radicale e integralista delle norme coraniche, ha sancito il bando all'istruzione femminile. In un dettagliato reportage del Los Angeles Times dall'Emirato restituito agli oltranzisti islamici Nabih Bulos, corrispondente dal Medio Oriente per il giornale californiano, ha raccolto la testimonianza di una madre che ricorda i sacrifici sostenuti a suo tempo per fare studiare le figlie (“lavoravamo l'intera giornata e mangiavamo solo pane”, racconta), vanificati dall'inaspettata svolta politica. “Sono così intelligenti, a scuola avevano eccellenti risultati che ripagavano me e mio marito delle ristrettezze in ci dovevamo vivere... E ora tutto finito!”

Del resto non è tutto. Fa parte del governo di Kabul un ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio che ha sede proprio dove fino a un anno fa esercitava le sue funzioni il ministero per gli affari femminili. La sua missione istituzionale consiste non soltanto nel negare alle donne l'istruzione, ma anche nel ridurre la loro stessa presenza nella vita sociale. Per esempio non possono frequentare parchi pubblici, palestre, hammam, le terme pubbliche, nonostante il fatto che già da tempo fosse in vigore una rigorosa separazione dei sessi. E naturalmente, per strada, l'obbligo di nascondere le proprie fattezze dietro il burka.

Eppure il nuovo governo di Kabul aveva dichiarato all'inizio che non intendeva riproporre il regime degli anni Novanta, quando le donne erano escluse da quasi tutte le occupazioni e si arrivava addirittura a infliggere punizioni corporali per il solo fatto di non indossare il burka in pubblico. Nonostante questo, si susseguono da un anno decreti che fissano sempre nuovi limiti al lavoro femminile, o stabiliscono fin dove le donne possano viaggiare senza la compagnia di un guardiano di sesso maschile.

Ma è soprattutto sull'educazione, riferisce Bulos, che si concentra l'attenzione dei devotissimi e misogini governanti di Kabul. Eppure in un primo tempo sembrava che le cose filassero lisce. Erano state aperte le iscrizioni alla scuola primaria e all'università ed era stato preparato l'avvio dell'istruzione secondaria. Ma un giorno dello scorso marzo, proprio mentre anche le ragazze correvano alle aule per l'avvio dell'anno scolastico, giunse inaspettato il ripensamento: inizio delle lezioni rinviato indefinitamente, in vista della preparazione di un piano educativo “conforme alla sharia e alla tradizione culturale afghana”. Unica eccezione, le ragazze che al cambio di regime erano già nella classe terminale della scuola secondaria potevano iscriversi all'università, ma non potevano scegliere corsi di laurea in economia, ingegneria, giornalismo e medicina veterinaria, evidentemente considerati di esclusiva pertinenza maschile.

Secondo i Talebani tutto questo non è che una rigorosa applicazione della legge islamica. Agli osservatori occidentali, sostengono, non interessano affatto i diritti delle donne, che hanno scelto come pretesto per diffamare e punire i vincitori della guerra. Fanno notare che il paese non è mai stato così in pace come ora e questo permette a tutti, donne comprese, di vivere meglio. Infine fanno notare che queste misure sono esattamente quello che la maggior parte degli afghani desidera. Bulos fa notare che questo è certamente vero nelle aree più conservatrici come il Kandahar, ma non certo in zone come quella di Bamian. Qui vive la forte minoranza degli Hazara, musulmani prevalentemente sciiti che non a caso offrono all'universo femminile, bandito dalla scuola pubblica, qualche occasione educativa privatamente gestita.

 

                                                                  r. f. l.

 

 


                                                  

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