Il
confronto internazionale rivela che il nostro sistema
educativo richiede alcune misure essenziali per essere
al passo coi tempi. Dal prolungamento dell'obbligo alla
riforma del calendario, fino a una salutare apertura sul
mondo
Mai
sentito parlare di Neet? É un acronimo inglese, sta
per Not in Education, Employment or Training e identifica
quella massa crescente di giovani che non studiano né
lavorano. Per rallentarne la tendenza all'aumento e avviare
una parabola discendente servirebbe un generale rilancio
dell'economia e quindi dell'occupazione da una parte, dall'altra
una più assidua presenza dei ragazzi sui banchi di
scuola. Si parla dunque non solo di incentivare e rinnovare
il sistema produttivo, ma anche di lottare contro la dispersione
scolastica e al tempo stesso di prolungare la scuola dell'obbligo.
Questo prolungamento dovrebbe applicarsi a entrambe le estremità,
l'obbligo scolastico cioè andrebbe esteso sia alla
prima infanzia sia fino alla soglia della maggiore età.
Ovviamente è più facile dirlo che farlo, soprattutto
in una condizione di stagnante gestione del sistema educativo
e di carenze edilizie come quella italiana.
Eppure
sciogliere questo nodo porterebbe a una serie di contraccolpi
positivi. Prima di tutto si offrirebbe alla scuola il modo
migliore di uscire definitivamente dalle conseguenze dell'emergenza
pandemica, che oltre a creare con la didattica a distanza
un discrimine fra chi poteva disporre di strumenti informatici
e chi non vi aveva accesso, ha aggravato decisamente il
cosiddetto stress scolastico. Una ricerca recente ha confermato
quello che è nella percezione comune: oltre il cinquanta
per cento degli studenti italiani trova la scuola noiosa
e, appunto, stressante. Estendere l'obbligo avrebbe inoltre
ripercussioni abbastanza ovvie sul piano formativo, su quello
culturale e in definitiva sull'assetto sociale.
Per
alleviare un carico didattico che molti considerano eccessivo,
altra criticità della scuola italiana, la soluzione
più ovvia è evidentemente la riformando del
calendario scolastico attraverso la riduzione della lunga
vacanza estiva, che non ha paragoni fra gli altri ordinamenti
scolastici europei, e l'introduzione di brevi vacanze autunnali
invernali e primaverili. In questo modo si potrebbe centrare
l'importante obiettivo della continuità didattica
oltre a quello di salvaguardare meglio nella memoria gli
insegnamenti dei mesi che precedono l'estate.
Un'altra
urgenza di carattere generale della scuola italiana è
la sua necessità di aprirsi al mondo che la circonda,
di interagire con tutto ciò che sta all'esterno della
sede scolastica. Qualcosa è stato fatto con il coinvolgimento
delle famiglie nelle attività scolastiche, ma è
ancora troppo poco. Bisognerebbe creare una sinergia fra
la scuola, le altre istituzioni pubbliche a cominciare dai
comuni e la società civile. Lo sport e il teatro
sono i due ambiti sui quali si potrebbe puntare perché
il mondo della scuola possa proiettare all'esterno la sua
identità e i suoi risultati.
f. s.
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