Un
editoriale a fumetti è comparso sul Los Angeles
Times. Il tema: il senso d'identità dei giovani
americani di origine asiatica e la loro esperienza scolastica.
La maggior parte degli studenti tende a considerare le
proprie radici indipendentemente dal fattore razziale
Malaka
Gharib è una giovane giornalista americana attiva
nella NPR (National Public Radio), un'emittente privata
finanziata con denaro pubblico con base a Washington. Le
sue radici in parte filippine e in parte egiziane, sono
all'origine di una sua pubblicazione del 2019, I Was Their
American Dream, (ero il loro sogno americano) in cui racconta
la sua esperienza di immigrata che è riuscita a integrarsi,
realizzando appunto il “sogno americano”. Da
tempo Malaka si occupa con particolare sensibilità
dei problemi connessi con l'appartenenza etnica in quel
crogiolo di provenienze che alimenta il melting pot degli
Stati Uniti. Abile disegnatrice, ama esprimersi con una
sofisticata grafica.
Un
suo editoriale a fumetti è comparso nei giorni scorsi
sul Los Angeles Times, in cui prova a delineare il quadro
delle identità etniche così come si manifestano
nell'esperienza scolastica. In particolare parla della sua
esperienza nella scuola che ha frequentato, un istituto
secondario a Cerritos, nella California meridionale, affollato
di alunni di provenienza asiatica. Ebbene, in quella scuola
non si parlava quasi mai di questioni connesse con la diversità
etnica e culturale. Per capire le ragioni di questo silenzio,
Malaka ha interpellato alcuni ex compagni di scuola.
Molti
di loro dicono che non se ne parlava proprio perché
quella scuola era già di per sé molto “diversa”,
visto che era frequentata prevalentemente da allievi delle
più disparate provenienze asiatiche. Ovviamente si
chiedevano a vicenda “chi fossero”, ma la cosa
non andava oltre. Non era che uno scambio di convenevoli:
Sei filippina? Non sembra dal tuo aspetto... Un ex compagno
di scuola di origine indiana spiega questa apparente reticenza
riportando uno scambio di battute fra due pesci. Com'è
l'acqua? chiede uno. E l'altro risponde: l'acqua? Ma cosa
diavolo è l'acqua? Non ho mai sentito il bisogno
di specificare la mia identità: sono indiano ma ho
amici coreani, messicani, filippini. E con questo?
Un
altro, di provenienza coreana, conferma: ero circondato
da tanti compagni con radici in Asia orientale che non mi
sono mai preoccupato delle mie radici familiari. Ho sempre
trovato naturale portarmi kimbap per colazione o levarmi
le scarpe ogni volta che entro in casa o andare fin da piccolo
a lezione di pianoforte, come fan no tutti i bambini coreani.
Una ragazza di origine filippina distingue la sua esperienza,
immigrata di seconda generazione, da quella dei compagni
di prima generazione, ancora permeati della cultura d'origine:eppure
anche per loro non esiste, o almeno non esisteva fra i banchi
della scuola di Cerritos, qualcosa che potesse chiamarsi
Problema razziale.
Un'ex
allieva di origini indiane ricorda che circolava a suo tempo
qualche luogo comune, che la induceva a mostrarsi “non
troppo” indiana. Altrimenti temeva di essere giudicata
come poco cool, insomma una ragazza non proprio alla moda.
Ora sono madre, rivela, e insegnerò a mia figlia
a non preoccuparsi di qualsiasi cosa le dicano. Malaka ha
sentito anche il parere di un docente della scuola di Cerritos,
il quale sostiene che non avrebbe saputo come trattare il
tema.
Non
avevamo a disposizione un lessico razziale: Malaka è
convinta che una corretta integrazione delle comunità
di origine straniera non può prescindere dalla conoscenza
e dalla cura della proprie caratteristiche culturali. Quindi
saluta con soddisfazione il fatto che oggi, a differenza
dagli anni della sua esperienza nella high school californiana,
c'è molto materiale a disposizione i chi voglia approfondire
questi argomenti e imparare a non temere di essere orgoglioso
della propria cultura d'origine. Inoltre a partire dal 2025
le scuola della California dovranno offrire corsi di studi
etnici.
Fredi
Sergent
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