Uno
studio rivela che oltre un quinto degli alunni delle superiori
presenta comportamenti problematici nell'uso di Internet.
Dipendenza dalla rete, in particolare dai videogiochi
e dalle scommesse online. Un progetto per affrontare il
problema
La
foto che possiamo offrire del presente è quella di
una società in cui la tecnologia informatica riveste
sempre più un ruolo dominante nel vissuto quotidiano
di ciascuno. E ciò, per il momento, sembra una strada
di non ritorno. Ovviamente non si tratta di demonizzare
il web, in quanto il largo utilizzo denota la bontà
e la preziosità dello strumento, ma di prenderne
coscienza e di rapportarsi nei suoi confronti con un atteggiamento
di consapevolezza critica e di attenzione verso ipotetiche
pericolose deviazioni.
E’
per questo che non è possibile tralasciare assolutamente
i dati allarmanti provenienti da un recente studio condotto
in Italia su quasi mille studenti delle scuole superiori.
Lo studio ha palesato che il 22% di loro presenta comportamenti
problematici nell’utilizzo di internet e quasi il
10% è affetto da una dipendenza dalle scommesse online.
Risultati confermati dall’ultimo rapporto della Entertainment
Software Association secondo il quale il problema più
diffuso tra i giovani è la dipendenza dal web ed
in particolare dai videogiochi e dal gioco d’azzardo,
dove un posto di rilievo è occupato dal poker. Preoccupante
è anche rilevare che il 31% dei giocatori online
ha meno di 18 anni ed il 60% sono maschi.
Il
lungo periodo di pandemia ha sicuramente accentuato tale
tendenza ed ha comportato un vero e proprio sconvolgimento
del tempo e dello spazio giungendo, lentamente, ad una sospensione
del quotidiano. Se è vero che nuovi termini sono
entrati a far parte del nostro vocabolario, sul piano esistenziale
si è assistito all’instaurazione di un nuovo
concetto di tempo, quello del confinamento, scollegato dal
tempo collettivo. Interessante è rilevare che non
si è trattato di un confinamento di tipo appartato
o eremitico, ma che, grazie alla tecnologia, di tipo connesso,
o sarebbe meglio definire iper-connesso.
Ciò
ad alcuni potrebbe far pensare agli hikikomori (termine
giapponese che letteralmente significa “stare in disparte”
e viene utilizzato per identificare giovani adolescenti
che decidono di isolarsi dalla vita sociale per lunghi periodi
che possono variare da alcuni mesi fino a diversi anni)
che originandosi in terra nipponica pian piano sono giunti
anche in Italia dove, al momento attuale, si registrano
circa centomila casi. Tuttavia, la relazione tra internet
ed hikikomori in molti casi può risultare fuorviante
e questo per due motivi: non tutti loro utilizzano internet
e la loro diffusione è avvenuta in un periodo storico
antecedente la nascita del web, infatti il primo caso venne
identificato nel 1978 dallo studioso Yoshimi Kasahara. Quello
che li accomuna, invece, sembra essere il disagio e la perdita
di valore del tempo tradizionalmente inteso, perché
incentrati sulla soddisfazione immediata del tutto e subito.
Ma
è possibile far conciliare le difficoltà di
regolazione delle esperienze negative con comportamenti
di dipendenza causati da un uso problematico e patologico
del web e dei social network, magari utilizzando gli stessi
strumenti, gli stessi principi attivi come direbbe un omeopata?
E’ proprio partendo da quest’idea, che a molti
farebbe storcere il naso e pensare ad un controsenso, che
si basa il progetto finanziato dal Centro nazionale per
la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero
della Salute. Esso verrà realizzato durante il corrente
anno scolastico in venti classi delle scuole media inferiori
(12-14 anni) spalmate su cinque regioni (Provincia Autonoma
di Trento, Lazio, Marche, Lombardia e Molise) ed uno degli
strumenti adottati sarà proprio quello dei “serious
games”, una specie di videogiochi.
L’idea
è quella di prevenire la dipendenza dal web agendo
sul principio di auto-regolamentazione delle emozioni: i
ragazzi, utilizzando le LIM o altri strumenti informatici,
avranno modo di simulare, da soli o in gruppo, alcuni loro
comportamenti in situazioni critiche considerate problematiche
e frustranti. Questo dovrebbe offrir loro la forza di stimolare
un potenziale cambiamento positivo, naturalmente guidati
dagli insegnanti che, opportunamente formati, li guideranno
nelle brevi sessioni di lavoro di 45-60 minuti.
Le
simulazioni sono state concepite e progettate per essere
ripetute a casa in orario extrascolastico. Questo perché
la foto sarebbe sfocata e non realistica senza coinvolgere
attivamente i genitori, anche nel rispetto delle policy
dei social che suggeriscono che prima del 13 o 14 anni i
ragazzi non possono accedervi e che dovrebbero essere educati
all’uso degli strumenti digitali, prima ancora di
utilizzarli.
Clemente
Porreca
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