Nel
Paese sudamericano una legge assicura e disciplina l'inclusione
scolastica di chi soffre di svantaggi fisici o psichici.
Ma non sempre il sistema educativo accoglie la cosiddetta
disabilità etnica, che si manifesta per esempio
con paralizzanti difficoltà linguistiche
Ne
parlava qualche tempo fa, in occasione della Giornata del
docente di appoggio all'inclusione, il quotidiano Clarín
di Buenos Aires: il sistema scolastico argentino è
regolato da norme che assicurano la frequenza assistita
a tutti coloro che soffrono di disabilità fisiche
o psichiche. Fin dal 1949, quando era al potere il generale
Juan Domingo Perón e il suo governo varò il
meccanismo dell'istruzione speciale, destinato a entrare
in vigore negli anni Sessanta per gli studenti con disabilità
visiva e dai Settanta per quelli affetti da problemi auditivi
o motori.
Ma
fu soltanto nel 2006, quando alla Casa Rosada, sede della
presidenza argentina, governava Néstor Kirchner,
che l'assistenza scolastica ai disabili divenne una componente
organica del sistema educativo, una vera e propria modalità
didattica attraverso l'approvazione della legge di istruzione
nazionale. Questa norma, molto accurata, regola “l'esercizio
del diritto di insegnare e apprendere consacrato dall'art.
14 della Costituzione nazionale e dai trattati internazionali
che vi sono incorporati”. Infatti l'istruzione e la
conoscenza sono “un bene pubblico e un diritto personale
e sociale garantito dallo Stato”.
Con
un linguaggio evidentemente ispirato dal desiderio di seppellire
per sempre la lunga parentesi autoritaria dei governi militari
che hanno retto l'Argentina per tanti anni, il testo della
legge indica come compito dello Stato l'apprestamento delle
“condizioni necessarie per sviluppare e perseguire
la formazione integrale delle persone lungo la vita intera
e per promuovere in ogni alunno la capacità di definire
il suo progetto di vita basato sui valori della libertà,
della pace, della solidarietà e dell'uguaglianza”.
A
queste indicazioni di carattere generale segue nello specifico
l'impegno della cosiddetta istruzione speciale: si tratta
di garantire l'inclusione educativa a tutti coloro che non
possono trarre il necessario profitto dall'istruzione comune.
Dunque di assicurare ai giovani con difetto di capacità
temporali o permanenti una proposta educativa che permetta
loro di sviluppare ugualmente le potenzialità personali,
l'integrazione sociale e il pieno esercizio dei loro diritti.
In pratica s'intende garantire l'integrazione di tutti gli
alunni disabili a tutti i livelli secondo le possibilità
di ogni singola persona.
Tocca
agli enti locali il compito di tradurre in pratica queste
indicazioni, stabilendo le procedure per identificare le
particolari necessità educative legate alla disabilità,
e affrontarle con un approccio interdisciplinare capace
di garantire l'inclusione. Tutto questo evidentemente costa,
e la legge impegna lo Stato ad assicurare i mezzi necessari
per realizzare una “traiettoria educativa integrale”
che permetta l'accesso alle conoscenze tecniche, artistiche
e culturali. Questo sarà possibile attraverso la
formazione di insegnanti di sostegno da affiancarsi al corpo
docente. Un altro impegno di cui la legge impegna lo Stato
a farsi carico è quello di garantire a tutti l'accesso
fisico alle strutture scolastiche.
Fin
qui la legge di istruzione nazionale del 2006. Ma ai doveri
che questa normativa assegna allo Stato bisognerebbe aggiungerne
un altro. Infatti non deriva soltanto da disabilità
fisiche o psichiche la difficoltà di avere un efficace
rapporto con il sistema educativo: in Argentina esiste anche
quella che si potrebbe chiamare una sorta di disabilità
etnica, dovuta per esempio al fatto che i ragazzi provenienti
dalle minoranze a volte non padroneggiano la lingua spagnola.
Nel numero precedente di questo periodico (http://www.fogliolapis.it/ottobre2021.htm)
abbiamo raccontato la storia di Maximiliano Sanchez, un
ragazzo della comunità wichi che ha realizzato un'applicazione
per tradurre in spagnolo, anzi castellano come viene definita
la lingua nazionale, la parlata della sua gente. Bisognerebbe
che iniziative come questa non fossero limitate a intuizioni
private, ma che lo Stato se ne occupasse direttamente su
scala nazionale.
r.
f. l.
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