Nato
ottocentocinquanta anni or sono, Fibonacci diffuse in
Europa la numerazione posizionale che gli scienziati arabi
avevano importato dall'India. La sua celebre successione
numerica è alla base del rapporto aureo, della
proporzione divina presente in natura e nelle arti
In
questi giorni “la città alfea” si è
appena apprestata a festeggiare gli 850 anni dalla nascita
di uno dei suoi più illustri cittadini: Leonardo
Pisano Bogollo, meglio conosciuto come Fibonacci, che sta
per figlio di Bonaccio. Leonardo nasce a Pisa nel 1170 e
suo padre Guglielmo è un facoltoso mercante addetto
alla dogana di Bugia (oggi Béjale), in Algeria, dove
la Repubblica di Pisa intratteneva fiorenti traffici commerciali.
Seguendo il padre ebbe modo di trascorrere alcuni anni in
Algeria orientale e di apprendere nozioni aritmetiche, sconosciute
nel mondo occidentale, provenienti dal mondo indo-arabo,
in particolar modo quel sistema di calcolo che basandosi
su solo nove cifre ed uno zero riusciva ad indicare qualsiasi
numero. Il sistema numerico decimale fu una vera rivoluzione
che facilitò notevolmente l’attività
contabile dei mercanti dell’epoca ancora vincolata
all’uso dei numeri romani con relativa facilità
di incappare in errori di interpretazione o di trascrizione.
Fibonacci
è sicuramente da ritenere il più grande matematico
del medioevo ed il maggior genio scientifico del XIII secolo
in Italia. La sua fama era nota già ai suoi tempi
a tal punto da aver trovato in Federico II un mecenate capace
di apprezzare il suo talento e di comprendere la portata
delle sue scoperte scientifiche. Sembra, infatti, che pur
rifiutandosi di trasferirsi alla corte federiciana non è
esclusa una sua certa influenza sulla progettazione di Castel
del Monte. L’imperatore gli concesse un vitalizio
con il quale riuscì a sostenersi continuando a studiare
e a perfezionarsi.
Ma
la sua scoperta più famosa è storicamente
legata alla soluzione di un problema proposto proprio dall’Imperatore
Federico II di Svevia durante un torneo di matematici: in
un anno quante coppie di conigli si saranno ottenute da
una coppia di partenza, supponendo che essa generi ogni
mese, escluso il primo, una nuova coppia che a sua volta
prolifica dal secondo mese? La soluzione è 144 coppie
di conigli e si ottiene se ogni numero è la somma
dei due precedenti per dodici mesi: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8,
13, 21, 34, 55, 89. Per la verità tale sequenza,
che porta il suo nome, all’inizio non ebbe tanto successo,
bisognerà attendere il 1611 quando il matematico
Giovanni Keplero osservò che facendo il rapporto
fra due numeri consecutivi della successione del Fibonacci
esso si avvicina rapidamente per assestarsi a 1,618034.
Ciò implica che nella sequenza ogni numero è
più grande del precedente di un valore preciso. Tale
numero irrazionale denominato phi (?), già scoperto
dai pitagorici e definito da Euclide nel suo scritto gli
Elementi, i greci lo avevano legato ai concetti di armonia
e di bellezza. La sezione aurea o rapporto aureo o numero
aureo o costante di Fidia o proporzione divina, nell’ambito
delle arti figurative e della matematica, indica il rapporto
fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è
medio proporzionale tra l’intero segmento e la parte
restante. Il numero 0,618 sta di fatto ad indicare, per
convenzione, il rapporto aureo 1:1,618.
La
spirale logaritmica, o equiangolare, scoperta da Cartesio
nel 1638, è una figura geometrica ottenuta dalla
traiettoria di un punto che si muove di moto uniformemente
accelerato su una semiretta che ruota uniformemente intorno
alla sua origine. La relazione esistente fra spirale logaritmica
e Fibonacci consiste nel fatto che la spirale logaritmica
si crea mediante l’unione di quadrati con i lati equivalenti
ai numeri della successione di Leonardo, a tal punto da
essere comunemente denominata spirale aurea o spirale di
Fibonacci.
Se
la matematica è il linguaggio della natura, come
affermava Galilei, si scopre che essa è armonica
e simmetrica in molti suoi aspetti. Infatti, partendo dall’osservazione
e dallo studio di alcune spirali che si possono trovare
in natura quali l’ordinamento delle foglie su di un
ramo (fillotassi), il numero di petali di un fiore, la forma
che caratterizza alcune conchiglie, il volo del falco pellegrino,
etc., ci si accorge che hanno molte proprietà che
li accomuna e avvicina alla successione di Fibonacci. Il
rapporto aureo sembra quindi essere un importante anello
di congiunzione, un punto d’incontro, tra la natura
e la matematica.
Anche
il corpo umano non si sottrae, basti pensare a molti punti
del viso o al rapporto esistente fra la lunghezza delle
falangi del dito medio e anulare o alla sezione del DNA.
Nel
corso della storia numerosi sono stati gli artisti che hanno
utilizzato nelle loro opere il rettangolo aureo, la cui
base è la sezione aurea dell’altezza, e le
forme a spirale ricavate da costruzioni geometriche da esso
derivanti. Esse infatti appaiono già nelle pitture
e nelle incisioni rupestri preistoriche: ne sono esempi
quella ritrovata nella grotta di Oued Djerat presso Tassili-n
Ajjer risalente al 6000 a.C., i motivi spiralici ad «¬S»
nel mosaico dei Disegni di Nazca oltre alla costruzione
delle piramidi (soprattutto quella di Cheope), al capitello
ionico dell'Eretteo e in molte opere scultoree e architettoniche
greche quali la facciata del Partenone di Atene.
Altri
esempi si trovano nel Palazzo dell’ONU di New York
e in pittura nelle opere di Vincent Van Gogh "Notte
stellata" e "Autoritratto", nella "Gioconda"
di Da Vinci oltre che nei suoi studi di anatomia tra cui
il celebre "Uomo Vitruviano". Anche a Torino dal
2001 è possibile ammirare sulla facciata della Mole
Antonelliana l’opera d’arte concettuale di Mario
Merz il "Volo dei numeri" che riproduce con neon
rosso i primi termini della successione di Fibonacci.
Sempre restando in campo artistico è interessante
notare che Johan Sebastian Bach, Mozart, Beethoven e Schubert
hanno abbondantemente inserito le proporzioni auree nei
loro componimenti, ma dove si sono toccate le vette più
alte è ne La sagra della Primavera di Strawinskij.
La
riflessione sulla sequenza numerica scoperta da Fibonacci
ci induce a pensare in modo trascendentale sul fatto che
la matematica non sia mera creazione dell’uomo e che
essa si sia evoluta parallelamente alla società umana,
basti pensare ai babilonesi che già impiegavano il
teorema di Pitagora e alla versione dell’abaco a polvere
fenicio, abak, e all’uso inconsapevole del p da parte
degli egizi. Forse ha ragione F. W. August Fröbel quando
afferma che “la matematica si può considerare
come ciò che unisce e si interpone fra l’Uomo
e la Natura, fra il mondo esterno e quello interno, fra
il pensiero e la percezione”.
Clemente
Porreca
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