Le
spettacolari rovine inca che sovrastano la valle dell'Urubamba
sono rimaste chiuse al pubblico per quasi otto mesi a
causa della pandemia. La misteriosa vicenda della città
Inca riscoperta poco più di un secolo fa. Il tragico
rapporto fra la conquista dell'America e il dilagare delle
malattie “europee”
Nel
1983 l'UNESCO lo ha classificato fra i patrimoni dell'umanità
ed è, dopo Pompei e Ostia antica, il terzo sito archeologico
mondiale per estensione. Machu Picchu, la misteriosa città-fortezza
edificata dagli Inca nel sedicesimo secolo, è la
più importante e più visitata attrazione turistica
dell'America meridionale. É anche una irrinunciabile
fonte di reddito per il Perù, che è stato
colpito duramente dalla pandemia e dunque oltre ad averne
subito le pesanti conseguenze in termini sanitari ha dovuto
rinunciare a lungo a una fra le sue principali entrate.
Dopo la riapertura, e dopo che è stato eliminato
anche il limite iniziale di un massimo di mille visitatori
al giorno, il flusso turistico a Machu Picchu, soprattutto
di provenienza straniera, è subito ripreso, sia pure
senza raggiungere i vertici del passato, quando fra le affascinanti
rovine incaiche si aggiravano fra i duemila e i tremila
visitatori al giorno, con punte di cinquemila nell'alta
stagione turistica.
Dopo
il declino della civiltà Inca seguito alla colonizzazione
spagnola del Perù, Machu Picchu è rimasto
per secoli un segreto, noto soltanto ai rari abitanti di
quella zona isolata e gelosamente custodito dalle inaccessibili
asperità del paesaggio andino. Il sito si trova a
2400 metri di altitudine, la città fu costruita con
evidenti finalità difensive e l'area comprende anche
una vasta zona agricola. É stato riscoperto fra la
fine del secolo XIX e l'inizio del Novecento, quando lo
storico americano Hiram Bingham, specialista di civiltà
precolombiane, ebbe notizia dei maestosi ruderi nascosti
fra le vette andine, si recò immediatamente sul posto
e incantato da quello che vide promosse un'alleanza fra
istituti di cultura internazionali e governo peruviano per
avviare la sistemazione del sito.
Si
propose così al mondo intero quella che viene considerata
una fra le sette meraviglie del mondo moderno, meta di visitatori
non soltanto dall'America Latina ma anche dagli Stati Uniti
e dall'Europa. Al punto che l'UNESCO ha più volte
lanciato l'allarme: si teme che il calpestio di tanti turisti
possa provocare danni alle antiche strutture. Ovviamente
il governo peruviano, comprensibilmente ansioso di ricavare
il massimo profitto dalla sua miniera d'oro archeologica,
garantisce che la situazione è sotto controllo.
La
vicenda del sito Inca paralizzato dalla pandemia richiama
alla memoria il devastante rapporto fra le culture pre-colombiane
e le malattie portate in America dai colonizzatori europei.
Si calcola che fra i cinquanta e i cento milioni di persone
morirono a causa delle guerre di conquista del continente,
in buona parte uccisi dai batteri e dai virus portati dagli
europei, contro i quali le popolazioni autoctone erano del
tutto prive di difese immunitarie. Naturalmente non si trattò
soltanto di questo, la storia della conquista dell'America
riporta una serie impressionante di stragi, la questione
merita senz'altro l'etichetta di genocidio o di olocausto
americano, come anche è stata chiamata.
r.
f. l.
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